Roberta Bruzzone è intervenuta a Ore 14, trasmissione di Milo Infante su Rai 2, per un parere sul duplice omicidio che si è consumato poche ore fa a Sant’Antimo, in provincia di Napoli. Le vittime sono due giovani cognati di 29 e 24 anni, Luigi Cammisa e Maria Brigida Pesacane, sposati a due fratelli il cui padre, Raffaele Caiazzo, 44 anni, si sarebbe poi costituito. Secondo quanto ricostruito nelle prime fasi dell’indagine, riporta Ansa, sarebbero stati uccisi dal suocero per una presunta relazione. Sarebbe questo il movente dietro i delitti avvenuti in rapida successione: stando a quanto appreso dall’agenzia di stampa, Caiazzo avrebbe colpito prima il genero in strada e poi si sarebbe diretto a casa della nuora per ucciderla. Le vittime sarebbero state colpite con un’arma da fuoco illegalmente detenuta.
Dopo il duplice omicidio, Raffaele Caiazzo si sarebbe consegnato ai Carabinieri di Gricignano di Aversa. I militari sarebbero intervenuti a seguito della segnalazione di alcuni spari in una piazzetta, trovando il corpo di Luigi Cammisa a terra. Pochi istanti più tardi, la richiesta di intervento in un appartamento dove poi sarebbe stato scoperto il cadavere della seconda vittima, Maria Brigida Pesacane. I due giovani sarebbero stati raggiunti da diversi proiettili e le indagini hanno puntato velocemente sulla pista familiare, concentrandosi sull’ipotesi che il suocero abbia agito per “lavare con il sangue” il disonore della presunta storia tra i due cognati uccisi.
Roberta Bruzzone sul duplice omicidio di Sant’Antimo: “Patriarcato tossico”
Nel corso del consueto appuntamento pomeridiano con la trasmissione Ore 14, Roberta Bruzzone ha espresso il suo punto di vista sul duplice omicidio di Sant’Antimo, comunità già fortemente scossa per la morte della giovane Giulia Tramontano, originaria del Comune in provincia di Napoli in cui sono stati uccisi i cognati Luigi Cammisa e Maria Brigida Pesacane. Secondo la criminologa, il contesto entro cui sarebbe maturata l’azione di Raffaele Caiazzo contro genero e nuora, sposati con i suoi figli e forse da lui ritenuti coinvolti in una relazione extraconiugale, sarebbe quello di un “patriarcato tossico“.
“Nel suo personale codice, chiaramente distorto e probabilmente anche patologico, questo era uno scenario intollerabile – ha commentato Bruzzone –. La colpa doveva essere lavata nel sangue, come unico modo per il sé, per affrontare il resto della vita. Per questo tipo di soggetti, la prigione non è un deterrente. Dobbiamo comprendere questo, questi soggetti sono improntati e organizzati a sanare qualunque tipo di onta perché il problema principale è ‘quello che penseranno gli altri se non cancello l’offesa al mio onore’. Qui siamo nel patriarcato tossico della peggior risma. Lavare l’onta dell’offesa alla famiglia, alla reputazione, è l’elemento che domina le scelte di questo soggetto. Il patriarcato è una mentalità ancora largamente diffusa, trasversale, almeno nel 30% dell’attuale popolazione italiana, comprese anche generazioni giovani. È tutt’altro che in una fase di remissione“.