Il “pasticcio” dei redditi on line tra trasparenza e privacy
Dopo averli pubblicati per trasparenza, l’agenzia delle entrate ha dovuto sospendere la disponibilità degli elenchi delle dichiarazioni dei redditi dei cittadini italiani per motivi di privacy. Leggi l’approfondimento dell’esperto di diritto tributario STEFANO MORRI

È bastata una giornata e il tam tam mediatico di internet per far scoppiare una polemica che – almeno in materia fiscale – ha fatto passare in secondo piano ogni altra notizia, compreso lo stop allo sconto sui carburanti che, scaduto ieri, non potrà essere rinnovato, ben che vada, prima di almeno una quindicina di giorni. Le dichiarazioni dei redditi di tutti i contribuenti sono infatti stati pubblicate in internet sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Immediato lo stop del garante della privacy con divieto di pubblicazione dei nomi per gli organi di stampa. Il clamore è stato tale da indurre il viceministro Visco a inoltrare una richiesta di spiegazioni ufficiale all’Agenzia delle entrate che, dal canto suo, ha risposto con tanto di riferimenti normativi che pubblicazione degli elenchi non è una novità, ma è prevista dalla legge e la stessa autorità per la tutela della privacy ha in passato affermato che «non vi è incompatibilità tra la protezione dei dati personali e determinate forme di pubblicità di dati previste per finalità di interesse pubblico».
Eppure, appena si diffonde la voce degli elenchi il sito viene preso d’assalto, da giornalisti a “caccia” dei soliti noti ma soprattutto dai curiosi, e va in tilt. Quando riprende a funzionare parzialmente i link dei comuni dai quali consultare gli elenchi non sono più consultabili. E l’Agenzia delle Entrate dopo qualche ora conferma: «A causa dell’elevato numero di accessi al sito ed al fine di fornire ulteriori delucidazioni al Garante per la protezione dei dati personali, è sospesa la disponibilità degli elenchi». La stessa Agenzia delle Entrate spiegava nel provvedimento di pubblicazione firmato dal direttore, Massimo Romano, che la diffusione degli elenchi con le imposte pagate nel 2005 era «a norma di legge».
Insomma, l’obiettivo era la trasparenza e c’era anche l’ok del Garante per la privacy. Ma lo stesso garante si smarca («non ne sapevamo nulla») e nel pomeriggio decide: stop alla diffusione dei nomi. Questo perché «per tale forma di diffusione sussistono allo stato evidenti e rilevanti problemi di conformità con il quadro normativo in materia», inoltre si invitano i «mezzi di informazione a non divulgare i dati estratti dagli elenchi resi disponibili in Internet». Così, mentre infuria il dibattito sul diritto/dovere alla trasparenza in materia fiscale, i commercialisti parlano di “voyerismo” e mettono in guardia sui rischi per la sicurezza, i tributaristi invocano il buon senso che sembra “dimenticato” e già spunta chi ipotizza di chiedere i danni alle Entrate.
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