ALTA VELOCITA’/ Ma quanto ci costano i treni veloci?

- Marco Ponti

I costi dell’alta velocità sono stati astronomici e non ovunque era necessario spendere i soldi dei contribuenti. Ecco alcuni esempi

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Presto si andrà in tre ore da Milano a Roma. Benissimo per gli utenti: la linea è la “spina dorsale del paese”, e comunque si è finita un’opera di cui un pezzo era già fatto, la tratta Bologna-Roma. Il traffico non mancherà certo (anche se probabilmente meno di quanto si possa credere: l’alta velocità per una buona parte di quell’utenza, cioè quella che ha molta fretta, c’era già, e si chiamava aereo, senza costar nulla allo stato).

 

I costi di costruzione però sono stati astronomici, tre volte quelli di linee analoghe negli altri paesi europei. Bastava per esempio ridurre un po’ il diametro delle gallerie sulla Bologna-Firenze (previste per merci che non ci passeranno mai), per ridurne nettamente i costi. Ma si sono sempre e comunque fatte le scelte più costose, tanto lo stato paga tutto, e non tutti hanno pianto per questi extracosti (si ricorda che i costi dell’opera non verranno pagati dagli utenti, ma da tutti i cittadini attraverso le tasse). Che poi la mano pubblica debba pagare i costi all’utenza che ha fretta (i redditi medio-alti che potevano pagarsi l’aereo), non è del tutto convincente sul piano distributivo.

Come si è detto, le merci non viaggeranno mai sulle linee AV, sia perché le merci che viaggiano in ferrovia non hanno fretta (in Francia, patria dell’AV, le linee non ne consentono neppure il passaggio), sia perché il transito costa più caro, sia perché la capacità sulle linee storiche è esuberante.

Ma il problema vero sono le altre linee: la Roma-Napoli era la meno urgente di tutte, la linea esistente era recente e veloce, e lontanissima dalla saturazione. Infatti i risultati di traffico sono deludenti, dopo tre anni di esercizio. Pochi treni in più al giorno, su una capacità aggiuntiva di trecentotrenta treni al giorno, con i relativi costi. Si potevano portare quei passeggeri in elicottero, probabilmente, e lo stato spendeva meno….

Gli attraversamenti di Bologna e Firenze sono un altro esempio di totale irresponsabilità dell’uso dei soldi pubblici (nostri): Bologna ha richiesto l’attraversamento in galleria per ragioni acustiche. Si potevano con un decimo di quei costi fare barriere antirumore in argento, e foderate di leopardo (vero, non sintetico). Firenze ha immediatamente osservato che se Bologna aveva il tunnel, loro non potevano essere da meno. Il costo decuplicherà, ma paga qualcun altro.

La questione dei costi ha un forte contenuto etico, spesso non a caso dimenticato. E non parliamo di furti, o di extraprofitti, si badi, che pure forse ci sono stati. Ogni euro pubblico sprecato significa servizi pubblici essenziali in meno, ma chi non li avrà non è certo in grado di protestare.

Quindi, costi altissimi per la Milano-Roma, ma almeno servirà. E le altre linee in progetto? I costi saranno del tutto analoghi, ma le previsioni di traffico sono nettamente inferiori. Di nuovo, costi pubblici enormi per pochi utenti di reddito medio-alto che hanno molta fretta.

Tra Milano e Torino oggi ci sono sette coppie di treni al giorno di lunga distanza. Mettendoci la metà del tempo, forse diventeranno il doppio, cioè 30 treni/giorno, su una capacità aggiuntiva di 330 treni/giorno, costata ai contribuenti 7 miliardi di Euro. E sulla Milano-Genova, la Salerno-Bari, la Milano-Venezia, la Torino-Lione, le prospettive non sono molto migliori.

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Sulla stampa è apparso che il presidente Obama era entusiasta dell’Alta Velocità europea. Ma il suo piano (cui lo scrivente ha dato un minuscolo contributo) parla un linguaggio diverso: su 785 miliardi di dollari di sostegno federale alla ripresa economica, solo 13 sono per le ferrovie, comprese quelle esistenti. La motivazione? “Le analisi costi-benefici non sono soddisfacenti”. Da noi nemmeno si fanno.

 

La questione dei costi merita una breve analisi sulle cause di tali costi: l’assenza di competizione. Gli affidamenti (molto “chiacchierati”) sono stati dati a trattativa privata due giorni prima che scattassero gli obblighi europei di fare gare internazionali. “Errare umanum, sed perseverare diabolicum”: le ferrovie alcuni anni fa, per le tratte Milano-Venezia e Milano-Genova, avevano dichiarato che conveniva nettamente pagare le penali e rimettere in gara gli affidamenti.

 

Il governo di allora si dichiarò d’accordo. Il governo successivo, di centrodestra, cioè in teoria favorevole alla competizione, riaffidò gli appalti agli stessi soggetti. Questo balletto continuò nei cambi di governo successivi, e oggi di gare ovviamente non si parla più.

 

Che cosa si dovrebbe fare? Innanzitutto spostare le risorse pubbliche dove davvero servono, cioè dove c’è il 75% della domanda di trasporto (con relativi costi per imprese e famiglie, congestione e inquinamento): nelle aree metropolitane, con opere “di grana fine” e di manutenzione, che tra l’altro creano molta più occupazione e molto più in fretta.

 

In secondo luogo aumentare da subito la competizione nei servizi di trasporto, ferroviari e non: rimettere in gara i trasporti regionali su ferro (esclusi da questo obbligo da una recentissima legge, sempre fatta da un governo pro-concorrenza), privatizzare l’inefficientissimo trasporto merci, e, per le infrastrutture ferroviarie, potenziare e velocizzare le linee esistenti con massicce iniezioni di tecnologia, che, oltre a costare molto meno, hanno impatti sullo sviluppo industriale e sull’ambiente certamente più favorevoli del cemento.







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