MANOVRE/ Berlusconi vs Tremonti: a chi tocca la “bugia” sul taglio delle tasse?
In molti pensano che questa potrà essere la settimana decisiva per il taglio delle tasse in Italia. MICHELE ARNESE ci spiega perché è molto difficile che ciò accada

Sarà la settimana decisiva per il taglio delle imposte? In molti ci credono, visto che a breve saranno consegnati i rapporti finali delle quattro commissioni di tecnici istituite dal ministero dell’Economia per studiare le innovazioni tributarie. Ma chi si fa illusioni sulla riduzione delle tasse resterà di sicuro deluso.
Infatti, nessuna delle quattro commissioni ha avuto il compito di studiare, anche soltanto dal punto di vista tecnico, una diminuzione della pressione fiscale. I quattro comitati si sono concentrati nel mappare l’economia sommersa, l’evasione fiscale, il reticolo di agevolazioni e deduzioni, infine la spesa pubblica.
Insomma, la vera, presunta o sedicente riduzione delle imposte sarà appannaggio di decisioni politiche, se e quando ci saranno. Ma senza trasformarsi in veggenti anche in questo caso è bene non farsi illusioni. Certo, il premier Silvio Berlusconi con dichiarazioni e retroscena giornalistici fa sapere da anni che lui vuole, fortissimamente vuole, la riforma del fisco con il taglio delle imposte, ma il titolare dell’Economia, Giulio Tremonti, frena.
Sarà vero? Forse è bene leggere, o almeno sfogliare, qualche rapporto pubblico del governo, invece di leggere o scrivere retroscena. Ebbene, se si ha tempo e voglia di spulciare il Def (Documento di economia e finanza), che l’esecutivo ha inviato a Bruxelles come gli altri stati dell’Ue nell’ambito della nuova sessione europea di bilancio, si troverà quasi una notizia sensazionale: il governo non ha alcuna intenzione di diminuire la pressione fiscale complessiva.
Il realismo tremontiano, controfirmato da Berlusconi, ha invece delineato un percorso per un riequilibrio della tassazione: dalle persone alle cose, secondo la sintesi di Tremonti che risale al suo Libro bianco del ’94. Ovvero: meno tasse sui redditi delle persone fisiche e giuridiche, e più imposte sui consumi, che ormai più dei redditi indicano anche il tenore di vita dei cittadini. È questa infatti l’impostazione che l’esecutivo seguirà con la prossima approvazione in Consiglio dei ministri della legge delega per la riforma fiscale, che potrà essere pronta entro la fine naturale della legislatura.
Siamo alle ennesime calende greche? Può darsi. Quello che è certo è che, con la crisi persistente dei debiti pubblici, la crescita asfittica in Europa e i conti pubblici da tenere sotto osservazione, è bene non azzardarsi ad annunciare riduzioni monstre di tasse. Un annuncio secco del genere indurrebbe a perplessità sulla tenuta della nostra finanza pubblica, il costo del debito pubblico salirebbe, gli interessi che lo Stato pagherebbe sarebbero più alti e pure le banche ne risentirebbero, visto che in pancia una tale mole di titoli di stato che è bene non fare dichiarazioni avventate.
Beninteso, tutti vorremmo che le tasse calassero, e di un bel po’. E si può anche sostenere che il centrodestra ha tradito una delle sue principali promesse. Vero, ma sarebbe da irresponsabili intaccare il livello attuale delle entrate fiscali mettendo a rischio gli equilibri della finanza pubblica. Anche perché il governo si è impegnato con Bruxelles – e le opposizioni non hanno contestato, anzi – a raggiungere un tendenziale pareggio di bilancio entro il 2014.
Un obiettivo che comporterà una manovra spalmata sugli anni 2013 e 2014 pari al 2,3% del Pil (Prodotto interno lordo) che sarà approntata in uno dei prossimi consigli dei ministri. Quindi, chi volesse azzardare un robusto taglio fiscale è pregato di indicare anche quali spese pubbliche sono da tranciare per recuperare più dei 40 miliardi di euro circa che devono essere individuati per la manovra da 2,3 punti di Pil.
Per questo è più ragionevole concentrarsi – come sta facendo l’Economia – nel porre le basi, teoriche, tecniche e politiche, per disboscare il sistema fiscale da troppe agevolazioni e troppi sgravi che negli anni hanno solo favorito questa o quella categoria di contribuenti, questa o quella categoria di imprese, con il risultato di avere una delle più alte pressioni fiscali nominali ma molteplici scappatoie elusive mascherate da agevolazioni e deduzioni per erodere le basi imponibili.
E a chi pensa che le ultime elezioni amministrative siano state perse dal centrodestra per l’irrisolta questione fiscale, sarebbe utile considerare che forse, più che sulle aliquote delle imposte, occorre concentrarsi su tempi e modi di riscossione dei tributi che sono diventate vere e proprie “vessazioni”. I virgolettati non sono anonimi, ma di una persona che della materia s’intende: Giulio Tremonti.
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