Alla notizia che l’agenzia di rating Standard & Poor’s aveva declassato l’Italia, dal valore di A+ a quello di A, le reazioni si sono fatte quasi immediatamente politiche. Così almeno si è espresso il premier Silvio Berlusconi, dando la colpa di tale decisione ai media che avrebbero attaccato quanto sta cercando di fare il Governo italiano per reagire la crisi. La decisione dell’agenzia è stata motivata con la debolezza crescente della crescita economica dell’Italia, debolezza accompagnata da incertezza sul piano politico che ostacolerebbe la ripresa. Di fatto, un giudizio sul governo italiano, quello di Standard & Poor’s. Il commento di Berlusconi: “Valutazioni influenzate dai giornali”. Qualcuno però non ricorda forse che quando successe la stessa cosa agli Stati Uniti, cioè quando S&P tolsero la tripla A a quel Paese, si arrabbiò anche il presidente Obama. In entrambi i casi S&P ha replicato di esprimersi solo con calcoli economici, non politici. Il downgrade dell’Italia nei fatti può avere qualche influenza sui tassi di interesse su Bot, Cct e Btp. Il rating di un Paese è calcolato sulle probabilità che il debito pubblico venga rimborsato, quindi se scendono queste probabilità, scende anche il rating. E’ vero però che se S&P può non essere influenzata dai media nei suoi giudizi, ci siano forti interessi politici all’interno. E’ un discorso che riguarda le cosiddette “tre sorelle”, le tre agenzie che danno voti e il loro modo di rilasciare questi voti con intenti che a volte sembrano proprio palesi. Nel 2007-08 ad esempio avevano rilasciato un sacco di triple A che poi hanno avuto come conseguenza il crollo di Lehman. I loro proprietari poi sono fortissimi gruppi economici americani e anche francesi, che hanno interessi di mercato. Non si può poi ignorare che queste agenzie operano in evidente conflitto di interessi: per i loro giudizi, si paga, quindi quando esprimono un rating, lo fanno con qualche ovvia motivazione dietro. La domanda che è giusto porsi allora è perché le agenzie hanno interesse a degradare l’Italia. Si tratterebbe di una battaglia attualmente in corso sul valore delle varie valute, tra yen, franco svizzero dollaro, yuan in modo da tenerne basso il valore e guadagnare sule esportazioni.
In mezzo c’è l’euro e un default di un paese come l’Italia che porterebbe portare alla fine stessa della moneta unica europea, e a essere colpito sarebbe anche la Germania, che ha fortissimi interessi sule esportazioni e non riuscirebbe più a vendere quasi niente.