FINANZA/ L’esperto: vi spiego che fine hanno fatto i prestiti della Bce alle banche italiane

- int. Gianni Dragoni

Secondo GIANNI DRAGONI, i 116 miliardi di euro che la Bce ha erogato alle banche italiane potrebbero esser stati utilizzati per acquistare titoli di Stato e per salvare se stesse

BceR400_4ott10 Foto Imagoeconomica

116 miliardi di euro non si nascondono sotto il materasso. E, allora, che fine hanno fatto? Lo scorso 21 dicembre, la Bce, in un’asta di rifinanziamento straordinaria, aveva erogato liquidità agli istituti europei per circa 500 miliardi, a un tasso dell’1%. 116 miliardi è la cifra incassata dagli istituti italiani. Sarebbero serviti, in teoria, per agevolare il credito di famiglie e imprese. E invece? «Parte dei soldi, sicuramente, sono ancora parcheggiati presso la Bce», spiega, interpellato da ilSussidiario.net Gianni Dragoni, inviato de Il Sole 24 Ore. E il resto? «Dal momento che si stima che, a livello europeo, almeno 210 miliardi siano stati usati dalle banche per comprare titoli di Stato, è ragionevole pensare che anche le banche italiane possano aver fatto altrettanto». L’operazione, in Italia, potrebbe contribuire a diminuire l’esposizione del nostro debito pubblico verso l’estero. «Virtualmente, può darsi. Tuttavia, utilizzare del denaro ricevuto in prestito all’1% per comprare titoli che rendono molto di più, rappresenta una mera speculazione. Quel denaro, del resto, è stato erogato con la motivazione formale di finanziare lo sviluppo, sostenendo imprese e famiglie». Ma non c’è alcun vincolo sostanziale, né alcuna destinazione d’uso obbligatoria. «Certo, anche perché, se così non fosse, le banche non avrebbero potuto fare altrimenti. L’impressione, quindi, è che dal momento che la Bce non può acquistare direttamente titoli di Stato, abbia escogitato questo modo malsano per farli acquistare alle banche. Facendo, al contempo, ottenere loro lauti guadagni».

L’erogazione all’1%, un tasso estremamente basso, sarebbe dovuta servire per calmierare i tassi applicati, per l’appunto, a imprese e famiglie. «Può darsi che non sia stato fatto, anzitutto, per la crisi di fiducia; ma è probabile che gli istituti di credito abbiano enormi problemi che non si sono ancora manifestati pienamente. Il sospetto è che questo denaro sia stato conferito per salvare le banche». Su queste pagine, Marco di Antonio sosteneva che «le banche hanno grandi problemi di liquidità, e potrebbero usarli sostituendo le obbligazioni in scadenza – ammontanti, più o meno, a quella cifra, – se il mercato non dovesse rinnovarle». 

Secondo Dragoni, «effettivamente, potrebbero aver fatto questa valutazione». Resta da capire a chi spetta il compito di far chiarezza. «Di sicuro, gli istituti di credito faranno di tutto per continuare a essere il meno chiare possibile. È compito, quindi, anzitutto della Bce. Draghi deve spiegare con maggior trasparenza, per lo meno, se esistano regole, vincoli e destinazioni d’uso. Il governo, dal canto suo, ha gli strumenti, di concerto con la Banca d’Italia, per fare le opportune verifiche». 





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