FISCO/ Mingardi: tra spese e nuovo Tax freedom day gli italiani diventano “impiegati” dello Stato
Una coppia di lavoratori dipendenti con due figli ha iniziato a risparmiare nel 2011 dal 7 dicembre, mentre il Tax Freedom Day è slittato di una settimana. Il commento di ALBERTO MINGARDI

Il “Calendario 2011 della spesa familiare”, ricerca realizzata dal Sole24Ore/CentroStudiSintesi utilizzando le medie Istat, ha rivelato che nell’anno appena concluso una coppia di lavoratori dipendenti con due figli ha iniziato a risparmiare solamente dopo il 7 dicembre, mentre prima di questo giorno tutto il reddito è stato destinato alle spese della famiglia e per pagare tasse e contributi: venti giorni di lavoro al mese sono andati per le spese, che riguardano l’abbigliamento, l’alimentare, i trasporti e così via, mentre altri 8,6 giorni di lavoro sono stati utilizzati per imposte e contributi. Cambia poco per una coppia di dipendenti con un solo figlio, che ha potuto cominciare a risparmiare dal 3 dicembre, quindi appena qualche giorno prima, e resta il fatto che il 2012 in cui siamo appena entrati non lascia presagire niente di buono, con nuovi rincari e una pressione fiscale ancora più alta.
Come se non bastasse, a causa dell’Imu, dell’Iva e dell’accise sui carburanti, nel 2012 saremo costretti a lavorare una settimana esatta in più per pagare tasse e contributi: il Tax Freedom Day, infatti, il giorno fino al quale sarebbe necessario lavorare solo per pagare le tasse, è stato spostato in avanti di sette giorni dalle varie pesanti manovre del 201: così potremo cominciare a mettere qualche risparmio da parte solo dal 20 giugno prossimo e non più dal 14 dello scorso anno. «Questi dati parlano chiaro: fino al 20 giugno prossimo siamo di fatto, volenti o nolenti, impiegati dello Stato», commenta Alberto Mingardi, Direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni, intervistato da ilsussidiario.net. «L’Italia è un Paese ad alta tassazione non certo da oggi e credo che principalmente sia cambiata la percezione da parte degli italiani del fatto che un aumento della fiscalità debba essere un destino sostanzialmente ineludibile. Si tratta in realtà di un cambiamento che era già tale da due o tre anni: in Italia paghiamo troppe tasse ed è chiaro ormai da tanti anni, eppure tutte le varie riforme che si sono succedute negli anni non sono state sufficienti a decidere davvero sulla dimensione dello Stato italiano e quindi anche sul carico fiscale che grava sulle spalle dei cittadini. Naturalmente il fatto che tutti questi tentativi che si sono succeduti negli anni abbiano sostanzialmente fallito ha un effetto di compressione delle speranze per il futuro».
Secondo Mingardi, «in queste settimane sono state pubblicate numerose stime e riflessioni su come l’aumento fiscale colpirà principalmente questo gruppo piuttosto che un altro, ma il fatto è che soffriamo e soffriremo tutti, e andare a cercare la vittima dell’inasprimento è sostanzialmente come giocare a illuderci da soli. La contrazione delle disponibilità economiche degli italiani è negativa per tutti e l’effetto è certamente depressivo. Le ultime due manovre hanno portato un inasprimento fiscale fortissimo su diversi fronti, e tutto questo si è reso necessario dal fatto che ci troviamo in una forte emergenza. Il problema è che solamente aumentando le tasse non sarà possibile uscirne, e quello che serve davvero, oltre a un nuovo patto fiscale tra gli stati europei, è soprattutto un nuovo patto sociale tra istituzioni e cittadini: abbiamo bisogno di una leadership coraggiosa che spieghi queste cose alla gente, perché se non c’è una presa di coscienza da parte della collettività, qualsiasi altro intervento è necessariamente destinato a non cambiare in alcun modo le cose».
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