Ma alla fine che cosa e dove porta questa Legge di stabilità, che ha avuto un percorso tanto tortuoso? In fondo, si tratta della vecchia finanziaria, che non riesce a risolvere i problemi che sono stati affrontati in questo anno di “Governo dei tecnici”. La legge è stata riscritta, rivista, ripensata e alla fine, se così si può dire, in parte migliorata. Probabilmente perché una nuova crescita della pressione fiscale avrebbe ancor più esasperato una situazione sociale che si fa sempre più complessa. Tutto questo non muta affatto i numeri dell’anno durissimo dell’economia italiana finita in recessione, con i dati negativi sul Pil, sul debito, sulla disoccupazione, sulla mancata crescita (sempre promessa come seconda fase) che fanno da sfondo alla linea di questo Governo. Non si può sfuggire, malgrado tutte le drammatizzazioni, reali e presunte, al giudizio che questa Legge di stabilità chiude un’esperienza che molti definiscono mediocre. Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze, spiega: «Almeno si sono evitati alcuni aumenti fiscali. Una parte di questa Legge di stabilità è stata messa a posto dal Parlamento e più volte cambiata in Commissione».
Vede in questa “legge di stabilità” alcuni fatti positivi?
Si può dire che due aspetti possono essere considerati positivi. Innanzitutto, come primo punto, il contributo per i patti di produttività. Anche se poi occorrerà vedere quello che ha realmente intenzione di fare Confindustria, con tutti i problemi legati all’azione e all’accordo precedente con la Cgil. Diciamo comunque che è stata fatta una dichiarazione d’intenti che ha degli aspetti positivi. Poi mi sembra di aver capito che c’è la costituzione di un Fondo di perequazione a favore delle imprese. Anche con questi correttivi, si può comunque parlare di una modesta Legge di stabilità.
Alla fine non sono molti questi aspetti positivi.
Insomma, per tutto un anno sono state varate una serie di leggi che sono risultate solo nominali. Liberalizzazioni e semplificazioni sono rimaste sulla carta. La riforma del mercato del lavoro è quella che è ed è ormai inutile ritornarci sopra. Ma, soprattutto, non si è fatto nulla per la crescita, non si è messo in moto nulla, non si è predisposto nulla. Eppure, una legge si chiamava addirittura “CrescItalia”. Dove sta la crescita in tutti questi interventi del “Governo dei tecnici”? Io ho visto in tutto questo una scarsa visione da parte dell’esecutivo, non parliamo di “colpi d’ala”. Alla fine il risultato si può definire solamente mediocre.
Eppure i sacrifici, in questo anno, gli italiani li hanno fatti.
Mi chiedo se fosse proprio necessario fare questi sacrifici, con questa politica di austerità per avere dei simili risultati. Mi domando se era proprio necessario creare questo clima di sfiducia e anche di paura. Era proprio necessario sacrificare tanto per avere un deficit, che chiamano “strutturale”, dello 0,5% e perdere due punti e mezzo di Pil? Io credo che questo non sia affatto un buon risultato. Anche il continuo ripetere che fanno alcuni, come Pier Ferdinando Casini ad esempio, che l’Italia è stata salvata dal baratro mi sembra forzato. C’era il rischio che la situazione sfuggisse di mano e per questo il centrodestra ha fatto un passo indietro. Ma giustificare questi risultati con dichiarazioni di questo tipo è veramente esagerato e sbagliato. Oggi paghiamo con la recessione, mentre si potevano ottenere altri risultati senza queste misure di assoluto rigore, tra l’altro non compensate da alcuna manovra per la crescita.
Probabilmente è nella filosofia di questo Governo usare questo tipo di linea.
Questo non è un “Governo dei tecnici”, questo è un Governo ideologico, con un’antica vocazione di carattere azionista, che alla fine si è messo sulla linea dei vecchi governi di “solidarietà nazionale”. Il problema diventa difficile adesso, perché la sinistra, che ha sponsorizzato questo Governo per mettere all’angolo Berlusconi, non può reggere ancora a lungo questa politica del rigore.
Lei pensa che si ritornerà a un Governo politico?
Io credo che sarà necessario ritornare a un Governo politico e spero che gli italiani sappiano scegliere che cosa è necessario in questo momento, senza rimanere su posizioni astensionistiche e senza affidarsi a un nuovo giustizialismo, come quello del movimento di Beppe Grillo.
(Gianluigi Da Rold)