TOBIN TAX/ Cutrufo (Pdl): è una tassa giusta, ma attenzione a non far scappare gli investitori
La commissione Bilancio del Senato ha approvato la versione definitiva della Tobin Tax, l’imposta sulle transazioni finanziarie in vigore da marzo 2013. Ne parliamo con MAURO CUTRUFO

La commissione Bilancio del Senato ha approvato la versione definitiva della cosiddetta Tobin Tax, l’imposta sulle transazioni finanziarie che dal prossimo anno (marzo 2013) entrerà in vigore in Italia. Alle operazioni finanziarie verrà dunque applicata un aliquota dello 0,2% sui mercati non regolamentati (over the counter) e dello 0,1% su quelli regolamentati, sul loro valore di transazione. Per quanto riguarda invece i titoli derivati, la Tobin Tax entrerà in vigore in Italia a partire dal primo luglio 2013 in misura fissa, determinata con riferimento alla tipologia di strumento e al valore del contratto. Inizialmente concordata in sede europea al Vertice Ue di Bruxelles di fine giugno, oggi la Tobin Tax viene di fatto messa in campo solo dall’Italia. Proprio l’assenza di un’attuazione globale, a detta di molti, rischia di non portare a conseguimento gli obiettivi legati all’imposta originariamente stabiliti, vale a dire porre un deciso argine allo strapotere della speculazione internazionale, stabilizzare i mercati e utilizzare il gettito ricavato per obiettivi di sviluppo globale. Ne abbiamo parlato con il senatore del Pdl, Mauro Cutrufo.
Senatore, la Tobin Tax potrà effettivamente penalizzare la Borsa italiana?
Questo è possibile, ma solo nel caso in cui la presenza della nuova imposta spingerà gli investitori ad allontanarsi dal mercato italiano. Esperti economisti hanno infatti chiaramente avvertito che, nel momento in cui ci si rivolge ai più abbienti, non è consigliabile attuare penalizzazioni troppo forti: proprio perché abbienti, infatti, potrebbero decidere di spostarsi verso altri mercati più convenienti.
Ma lei è favorevole alla Tobin Tax?
Nonostante i rischi, sono comunque favorevole. Credo che queste transazioni libere, capaci di generare redditi enormi, debbano essere in qualche modo “appesantite”, anche se bisogna fare molta attenzione a mettere in pratica un’imposta del genere da soli, senza un condiviso impegno europeo.
Cosa si rischia?
Come dicevamo, in un mercato mediamente ricco, chi ha le possibilità ovviamente decide di spostarsi verso un luogo dove il fisco è più leggero. Gli inglesi, per esempio, si sono detti sempre contrari alla Tobin Tax e adesso sperano di poter attirare molti più investitori. Certo, qualcuno doveva pur rompere il ghiaccio: lo abbiamo fatto noi, adesso vediamo che succede.
C’è chi dice che l’imposta andrà a colpire in particolare i piccoli risparmiatori. Cosa può dirci in proposito?
La Tobin Tax non è un’imposta pesante, ad esempio come l’Iva. E’ una richiesta minima che gioca più sul numero delle transazioni che sulla loro qualità: infatti, se per esempio abbiamo un miliardo di transazioni, applicando una tassa di un solo centesimo già andiamo a produrre un miliardo di euro. Certo, la tassa non è più così piccola quando viene moltiplicata per miliardi o se va ad aggiungersi a tante altre imposte, ma certamente dal gettito futuro si potrà stabilire che cos’è più vantaggioso.
E’ stato anche deciso di escludere la tassa sull’operatività intraday, quindi sulla possibilità di comprare e vendere lo stesso titolo nel medesimo giorno, generalmente facente parte dell’attività speculativa. Non le sembra che in questo modo si vada dunque a favorire la speculazione?
In effetti, non riesco a capire la motivazione tecnica che possa aver portato a una decisione del genere. Il vero speculatore è infatti colui che, osservando ciò che sta accadendo sui mercati, acquista e rivende la stessa azione nello stesso giorno sapendo già che a breve perderà valore. E questo ovviamente non viene fatto dai cittadini comuni o piccoli risparmiatori, ma da operatori ed esperti del settore.
Come mai in molti credono che la Tobin Tax rappresenti solamente l’ennesimo favore alle banche?
Perché le banche solitamente mediano le operazioni finanziare e, proprio perché offrono un servizio che dovrà essere pagato, ne otterranno un ricavo. Quindi da una parte questa affermazione è vera, ma credo sia decisamente riduttivo negare la Tobin Tax solo perché indirettamente favorisce le banche tramite un servizio che a oggi non è pagato.
(Claudio Perlini)
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