TASSE/ Pelanda: col condono fiscale ci guadagnamo tutti
CARLO PELANDA torna a parlare della sua proposta di condono fiscale tombale oneroso, spiegando perché sarebbe una soluzione conveniente da un punto di vista economico ed etico

Un numero inusuale di lettori mi ha chiesto di argomentare meglio la proposta di condono fiscale tombale oneroso, fino al 2010, fatta un paio di settimane fa. In particolare: (a) l’ipotesi di maggiore convenienza di cassa dello Stato a prendere questa misura; (b) il motivo di etica pubblica della sanatoria. Cominciamo dal secondo punto, che implica un’analisi storica scomoda e per questo non molto divulgata.
Negli anni ‘70 bisognava dare soddisfazione alle rivendicazioni di sinistra e sindacali affinché le sue componenti moderate potessero mantenere la leadership contro quelle estremiste. La Dc fece questa scelta di stabilizzazione, consapevole che l’Italia fosse un fronte nella Guerra fredda e che tenere la nazione coesa entro la coalizione occidentale era una priorità, probabile motivo per cui Aldo Moro fu rapito dalle Br. Ma ciò portò a un grave sbilanciamento del modello interno: si formarono un popolo di lavoratori dipendenti superprotetto e uno che viveva di mercato senza protezioni e riconoscimento via sconto fiscale del rischio di impresa.
Il primo popolo votava per lo più a sinistra, il secondo per lo più Dc e dintorni. Per non perdere troppi voti, e anche per evitare i precursori di una guerra civile, la Dc decise di bilanciare le cose in un modo molto anomalo: permettere al popolo del mercato di non pagare tutte le tasse. Questa forma di contratto fiscale di fatto ebbe poi l’effetto positivo di permettere a una nazione con modello socialista di poter fare crescita grazie alla quantità di capitale che restava nel mercato. Il permesso di evasione parziale bilanciava l’effetto depressivo della rigidità del mercato del lavoro e dell’alta tassazione formale.
Ovviamente era un modello sbagliato. Ma fu mantenuto in vigore, pur con tentativi di correggerlo a partire dai primi anni del 2000, fino alla fine del 2009. Poi scoppiò la crisi del debito, in combinazione con la recessione e la crisi bancaria, e il governo Berlusconi-Tremonti dovette cercare cassa per ridurre il deficit pubblico forzando la repressione fiscale, poi inasprita dal governo Monti, contro il popolo del mercato. Questo si sente innocente, con parecchie ragioni. Per esempio, la formulazione degli studi di settore è stata percepita come uno scambio: si paga quello che i parametri indicano e in cambio si evita l’indagine fiscale. Ben 4 milioni di soggetti l’hanno capita così, confermata per anni dai fatti. Poi, improvvisamente, tutti questi sono diventati evasori.
Certamente lo sono, pur parziali. Ma lo sono in base a un contratto fiscale di fatto tra Stato e popolo del mercato, per giunta confermato dalle elezioni del 2008. Cosa è etico? Massacrarli, come sta facendo il fisco, tra l’altro con procedure incostituzionali, oppure riconoscere la realtà mettendo un confine netto tra passato e futuro? Secondo me, è etico, e serve anche a evitare una rivolta fiscale, chiudere il vecchio contratto fiscale e riaprirne un altro, da dettagliare in vista delle elezioni 2013 dove la questione fiscale sarà centrale.
Ma prima delle elezioni bisognerebbe chiudere il passato, appunto, con un condono totale, fino al 2010. Cioè permettere a 4 milioni di persone di comprarsi l’innocenza. Quanto dovrebbero pagare? Nel complesso, e in base a dati di eventi comparabili precedenti, dovrebbero e potrebbero cumulare una cifra vicino agli 80/90 miliardi, entro il 2012. Il fisco ha iniziato gli accertamenti per il 2007 e potrà recuperare, per le annualità fino al 2010, circa 40 miliardi, in base ai dati correnti. Pertanto il condono oneroso darebbe più soldi allo Stato in un 2012 in cui questi servono di più.
Le sinistre sarebbero contro? Mi sembra che i rappresentanti del popolo del mercato siano ancora in maggioranza al Senato e alla Camera. Dove siete?
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