CASO MPS/ Bone (The Times): se è Draghi il bersaglio, anche l’Europa rischia
Se Mario Draghi perderà credibilità a causa dello scandalo Mps, le conseguenze si avvertirebbero su tutto il fronte del sistema bancario europeo che si sta delineando. A dirlo è JAMES BONE

Era una notte del novembre 2007 quando, al telefono, il presidente del Monte dei Paschi Giuseppe Mussari acquistava Antonveneta da Emilio Botín-Sanz de Sautola y Garcia de los Rios, fondatore e capo esecutivo del Banco Santander Central Hispano. Proprio il Banco Santander, un mese prima, aveva annunciato di aver chiuso positivamente (insieme a Fortis e Royal Bank of Scotland) l’Opa sull’olandese Abn-Amro che, a sua volta, aveva acquisito Antonveneta nel 2006. I conti vennero truccati e la plusvalenza di due miliardi di euro andò in porto: questo è quanto ipotizzano i pm che hanno recentemente formulato l’accusa di associazione a delinquere, all’interno dunque di un unico disegno criminoso, nei confronti di Mussari, dell’ex direttore generale Antonio Vigni, dell’ex capo dell’Area finanza Gianluca Baldassarri e del suo vice Alessandro Toccafondi. Ma lo scandalo rischia di allargarsi e di coinvolgere anche importanti istituzioni come il ministero dell’Economia e la Banca d’Italia (all’epoca presieduta da Mario Draghi, ora alla guida della Bce). James Bone, corrispondente dall’Italia per il quotidiano britannico The Times, spiega a ilsussidiario.net come si sta vivendo l’intero caso Mps nel Regno Unito, Paese che ha vissuto la nazionalizzazione di alcuni importanti istituti di credito nel 2008 (tra cui Royal Bank of Scotland) – senza dimenticare il caso della corsa agli sportelli dei correntisti di Northern Rock l’anno precedente -, prima dello scandalo del Libor, che l’anno scorso, oltre a Barclays, ha travolto anche i vertici della Banca d’Inghilterra.
Come giudica l’evolversi della vicenda Monte dei Paschi?
Dopo l’inizio della crisi economica, tutte le grandi banche mondiali hanno dovuto fare i conti con problemi, più o meni gravi, di cui si è scoperta l’esistenza solo dopo un certo periodo di tempo. Quello del Monte dei Paschi è solo l’ultimo di questi casi, ma ancora non conosciamo con esattezza tutti i dettagli, se la situazione è realmente grave o se si tratta soltanto di transazioni di derivati andate male. Certo i sospetti non mancano.
Quali sono i maggiori rischi dal punto di vista inglese?
A mio giudizio, l’aspetto più importante di questa intricata vicenda riguarda il ruolo giocato da Mario Draghi.
Come mai?
Perché Draghi sta per diventare il vero e proprio “regulator” a livello europeo ed è quindi di estrema importanza il suo ruolo in Italia. Se a causa del caso Mps Draghi dovesse perdere credibilità, ciò creerebbe numerosi problemi sull’intero fronte del sistema bancario europeo che si sta delineando.
Com’era considerato dall’Inghilterra il sistema bancario italiano prima dello scandalo Mps?
Finora è sempre esistita una forte stima nei confronti della Banca d’Italia, ma è ovvio che adesso il caso Monte dei Paschi genera inevitabilmente qualche dubbio. Dobbiamo però ricordarci che anche le banche inglesi hanno dovuto affrontare in passato molti problemi: basti pensare allo scandalo Libor. Come dicevo, quindi, ogni Paese ha avuto in qualche modo i suoi “scandali” da dover risolvere.
Crede che la nazionalizzazione sia la soluzione migliore per il Monte dei Paschi?
E’ certamente un’ipotesi a cui si potrebbe presto giungere, ma al momento credo che vi sia troppa poca chiarezza nell’intera vicenda per capire se effettivamente sarà necessario ricorrere a questa opzione. Non si sa quanto grande sia il buco lasciato o quanto fosse effettivamente scorretto il comportamento tenuto dai vertici dell’istituto, quindi è complicato immaginare soluzioni che possano essere definitive.
Di cosa c’è bisogno in questo momento?
Sicuramente di un ruolo molto più forte del Governo. Lo abbiamo già visto intervenire con l’emissione dei Monti bond, ma si tratta solamente di un inizio. Dopo il crollo in Borsa dei titoli Mps e con il rischio di perdere gran parte della credibilità, in una situazione che è stata già definita “esplosiva”, dovranno necessariamente essere immaginate altre misure. Difficilmente quanto fatto finora potrà bastare.
Quando bufere simili coinvolsero le banche inglesi si optò immediatamente per la nazionalizzazione. Com’è oggi la situazione?
Probabilmente non è migliorata, ma certamente si è stabilizzata. Allora, per le banche inglesi, la nazionalizzazione non rappresentava un’opzione possibile, ma l’unica immaginabile. Non si poteva agire diversamente e così è stato fatto.
(Claudio Perlini)
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