CONFINDUSTRIA/ Squinzi al governo: servono soluzioni, non c’è più tempo
Quest’anno soffriremo più del previsto, saremo ancora in recessione: per l’intero 2013 sarà difficile fare meglio di un calo dell’1,5% del prodotto interno lordo. Questa l’analisi di Squinzi

“Quest’anno soffriremo più del previsto, saremo ancora in recessione: per l’intero 2013 sarà difficile fare meglio di un calo dell’1,5% del prodotto interno lordo, sempre che nella seconda parte dell’anno ci sia il miglioramento atteso”. A dirlo è il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, tornato a ribadire che le misure da attuare sono tante ma che il tempo a disposizione è sempre di meno. Il governo dovrà necessariamente pensare innanzitutto al pagamento dei debiti della Pa alle imprese, per poi occuparsi della riduzione del costo del lavoro. Solo dopo, ha chiarito Squinzi, si potrà immaginare lo stop all’aumento dell’Iva. “Non c’è tempo da perdere, ora servono soluzioni”, ha detto il leader di viale dell’Astronomia, “ci sono ancora tante cose da fare”. “Letta ha attuato una strategia giusta nell’analisi e nel fare l’inventario dei problemi: ora servono soluzioni, il tempo è poco”, ha quindi ribadito. Tra poco l’Italia uscirà definitivamente dalla procedura di inflazione per debito eccessivo, “ma non vorrei che ci mettessero in qualche condizione di contorno per essere sotto una sorveglianza indiretta, anche se non lo saremmo ufficialmente”. Proprio per questo motivo, spiega Squinzi, “il governo italiano dovrebbe programmare un po’ meglio la propria azione”. Il numero uno degli industriali è tornato a parlare anche di export: “I 30 milioni per l’Ice (Istituto nazionale per il Commercio Estero, ndr) sono una dotazione minima, se non ridicola: continuo a chiedere ad alta voce un incremento forte, almeno il raddoppio, se non un aumento di 3-4 volte per allinearsi agli altri paesi. Da imprenditore globalizzato – ha poi concluso – ritengo che l’Ice sia fondamentale per lo sviluppo delle imprese sui mercati globali: il problema è la scarsità di fondi e che in Italia c’è una struttura pletorica”.
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