Il Fondo monetario internazionale ci redarguisce sulla nostra politica economica. Kenneth Kang, assistant director european department dell’organismo ha spiegato al governo Letta che l’Imu sulla prima casa va mantenuta. Fortunatamente, il premier Letta sembra aver praticamente ignorato il suggerimento, dicendo che intende andare avanti sulla riforma della tassa sugli immobili. «Riconfermo – ha dichiarato – che quella è l’indicazione: ci muoveremo nei prossimi giorni di conseguenza e la discussione sarà collegiale tra chi sostiene il Governo e coinvolgerà il Parlamento». Nel frattempo, il governo, dopo che la Corte costituzionale ha bocciato la parte del decreto Salva-Italia che riordinava le Province, ha messo a punto un disegno di legge per abolirle. Abbiamo fatto il punto sulla situazione con Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze.
Cosa ne pensa del fatto che il Fmi effettui interventi di questo genere nei confronti dell’Italia?
Quello del Fmi è un ricettacolo completo di tutte le misure che l’Italia dovrebbe adottare. Un’impostazione curiosa, dato che non siamo sotto la sua giurisdizione, non avendo finora avanzato alcuna richiesta di aiuti. Non si capisce, quindi, perché un soggetto esterno si permetta di fare rassegne di questo genere. Che, oltretutto, non riguardano solo l’Imu.
Cos’altro riguardano?
Una congerie di banalità e contraddizioni. Tra le prime, a titolo di esempio, viene sottolineato come in Italia il costo dell’energia sia mediamente più alto del 50% rispetto agli altri paesi. Al di là del fatto che il calcolo sia del tutto approssimativo, dato che andrebbe analizzato settore per settore, è ovvio che da noi l’energia costa di più: la Germania ha il carbone, la Francia il nucleare, mentre altri Paesi, magari più vicini al Nord, hanno condizioni di accesso al gas più favorevoli; tra le seconde, va registrata una raccomandazione del tutto insensata sul mercato del lavoro: si suggerisce un unico contratto di lavoro nazionale più flessibile, ma contestualmente, si sottolinea l’importanza della contrattazione aziendale decentrata. Due suggerimenti inconciliabili.
Lei come se lo spiega?
Chi ha fatto queste considerazioni, probabilmente, non conosce né l’Italia, né l’italiano.
Eppure, il Fmi è considerato un’istituzione piuttosto autorevole.
Lo era. Siccome in Europa non conta più quasi nulla, considerando il potere della Bce, cerca di conquistarsi un nuovo spazio.
Come valuta nel merito la raccomandazione di mantenere invariata l’Imu?
È evidente a chiunque che abbiamo una pressione fiscale tra le più alte al mondo, mentre rimuovere l’Imu sulla prima casa lascerebbe comunque un’elevata imposizione tributaria sugli altri immobili. Oltretutto, il Fmi suggerisce di abbassare la tasse sul lavoro, senza considerare che il 90% delle prime case appartiene proprio a lavoratori dipendenti.
A proposito, cosa ne pensa dell’indicazione di usare i proventi dell’Imu per abbassare il cuneo fiscale?
Se il Fondo monetario facesse realmente il proprio lavoro, consiglierebbe di abbassare le tasse riducendo le spese, e non di spostare le imposte da un settore all’altro. Tassare il risparmio per avere più crescita è un’altra ipotesi contradditoria.
Nell’ambito del taglio delle spese, come giudica l’abolizione delle Province?
L’unica competenza attribuita loro che abbia senso è la gestione delle strade provinciali. Nulla vieta, tuttavia, che se ne occupi un consorzio tra Comuni o, addirittura, lo Stato. Tutto il resto, può essere facilmente ridistribuito. Inoltre, considerando l’esistenza dei Comuni, della Città metropolitane, e delle Regioni, non hanno più ragione di esistere in qualità di organo intermedio di rappresentanza politica, mentre la funzione di decentramento statale viene già espletata dalle Prefetture e dalle Questure.
Quanto potremmo risparmiare?
In due o tre anni, circa lo 0,2% del Pil, ovvero circa 3 miliardi di euro. Non è molto, ma è pur sempre quasi l’ammontare dell’Imu sulla prima casa. Il vero beneficio, tuttavia, consisterebbe in un decisivo snellimento burocratico.
(Paolo Nessi)