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Home » Economia e Finanza » FINANZA E POLITICA/ Renzi cerca il “patto” con l’Ue per rottamare Letta

  • Economia e Finanza

FINANZA E POLITICA/ Renzi cerca il “patto” con l’Ue per rottamare Letta

Per OSCAR GIANNINO, una posizione chiara una volta per tutte come quella di Matteo Renzi è preferibile rispetto alla linea del governo Letta che continua a fare il pesce in barile

Int. Oscar Giannino
Pubblicato 4 Gennaio 2014
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Enrico Letta

«Meglio una posizione chiara una volta per tutte come quella di Renzi, rispetto alla linea del governo Letta che continua a fare il pesce in barile». Lo afferma Oscar Giannino, giornalista economico, dopo la proposta di Matteo Renzi di sforare il tetto del 3% nel rapporto deficit/Pil. Per il segretario del Pd, “è evidente che si può sforare” il tetto del rapporto deficit/Pil al 3%, in quanto “si tratta di un vincolo anacronistico che risale a 20 anni fa”. In un’intervista a Il Fatto Quotidiano, Renzi ha spiegato che “se all’Europa proponi un deciso cambio delle regole del gioco, a partire dalle riforme costituzionali, con un risparmio sui costi della politica da un miliardo di euro che non è solo simbolico”, a quel punto è possibile rinegoziare anche le regole sul deficit.


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Giannino, perché l’uscita di Renzi è stata accolta dal gelo del governo?

Quello che l’opinione pubblica italiana dovrebbe sapere, ma che evidentemente non sa perché non è stata informata, è quanto è avvenuto al Consiglio Ue che si è appena tenuto a fine dicembre. A essere in cima alla scaletta c’era la discussione sui cosiddetti “contractual arrangements”, gli strumenti che venivano proposti per formalizzare più riforme in cambio di allentamenti e sgravi a paesi euro-deboli come l’Italia.


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Che cosa è emerso in occasione di quel vertice?

Una vasta maggioranza del Consiglio Ue composta da Italia, Spagna, Francia e Paesi Bassi ha opposto un no molto fermo. La Germania è andata in minoranza, tanto è vero che nel deliberato del Consiglio europeo si è deciso di posporre l’esame di questi strumenti addirittura al novembre 2014. C’è dunque un contrasto tra la richiesta di Renzi e quanto formalmente il governo Letta ha fatto al Consiglio, in quanto l’Italia ha respinto la formula dei “contractual arrangements” come se fosse una limitazione della sua sovranità.

Quale delle due posizioni ritiene preferibile, quella di Letta o quella di Renzi?


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Ritengo preferibile una posizione chiara come quella di Renzi, piuttosto che fare finta di niente e “cadere dal pero” nel momento in cui arriveranno nuove osservazioni da parte dell’Europa. Per il momento stiamo semplicemente a un punto politico, in quanto Renzi finora non ha spiegato nel dettaglio tutto ciò che vuole fare. In linee molto generali la sua ipotesi è però quella di impegnarsi a compiere un intervento sul mercato del lavoro e altre riforme decisive. In cambio di questo, dichiarerebbe esplicitamente che l’Italia ha bisogno di più tempo, non per tornare al di sopra del 3%, ma rispetto al percorso pluriennale di discesa dal 3% verso lo zero.

Insomma, lei è d’accordo con il segretario del Pd?

Diciamo che apprezzo la sua posizione perché quantomeno è esplicita. Con il governo Letta abbiamo prima gioito inutilmente per l’uscita dalla procedura d’infrazione Ue, e poi abbiamo fatto finta di scoprire all’ultimo secondo che in realtà, a causa del problema dell’Imu, c’era il rischio di fare più del 3% nel 2013 e nel 2014.

 

Quale strada ritiene che vada seguita nel riaprire la discussione con l’Ue?

Ritengo molto difficile una convergenza con l’Ue, tanto più che adesso siamo in vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento di Bruxelles e il clima anti-europeista è molto forte. Meglio quindi una via di chiarezza come quella indicata da Renzi piuttosto che la finzione di dire: “Tanto la cosa non ci riguarda perché noi siamo virtuosi”. Anche perché i nostri conti dicono che siamo perennemente a rischio di superare la linea del 3%.

 

Intanto il fabbisogno dello Stato è salito da 49,5 a 79,7 miliardi. Il fatto che ciò sia avvenuto per delle operazioni straordinarie è una valida giustificazione?

Questo dato ci conferma un andamento tendenziale dei conti pubblici sempre molto a rischio. L’Italia fino a questo momento non ha posto nella legislazione dei freni veri e considerevoli. Lo abbiamo fatto a dicembre 2011 per una grande voce, quella cioè previdenziale, attraverso la riforma Fornero. Lo abbiamo fatto in termini pluriennali, anche se nel frattempo lo Stato deve farsi carico della spesa per gli esodati. Resta il fatto che per tutto il resto delle altre grandi voci, a legislazione vigente tendenziale, noi continuiamo ad andare per correzioni spot. Ci limitiamo cioè a interventi anno per anno, stando sempre molto attenti a dare l’idea che l’anno successivo si possa tornare al ripristino delle dotazioni.

 

(Pietro Vernizzi)


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