CONDONO FISCALE 2014/ Come funziona? L’imprenditore “confessa” e lo Stato incassa: l’ipotesi del governo Renzi
E’ in programma la prossima settimana alla Camera la discussione sull’eventuale introduzione del condono per i reati fiscali. Ma di cosa si tratta e in che modo verrebbe applicato?

E’ prevista settimana prossima alla Camera la discussione sull’eventuale introduzione del condono per i reati fiscali, una misura che il governo Renzi starebbe valutando e che permetterebbe di riportare in Italia circa 80 miliardi di euro. I dubbi però non mancano: come scrive Nicola Porro su Il Giornale, se il condono fiscale fosse stato applicato al caso di Silvio Berlusconi, oggi l’ex premier non si troverebbe ai servizi sociali. Non solo, dal punto di vista fiscale sarebbe “pulito come un giglio. I giudici non l’avrebbero potuto condannare, la Banca d’Italia non lo avrebbe potuto obbligare a vendere la quota in Mediolanum e nessuno avrebbe toccato il suo seggio al Senato”. L’obiettivo dell’esecutivo è chiaro: far rientrare nelle casse italiane almeno un terzo di quei 250 miliardi di euro che, tramite meccanismi illegali, alcuni imprenditori italiani hanno destinato all’estero ma che derivano da attività presenti all’interno dei confini. Attraverso la procedura del condono, all’imprenditore viene data la possibilità di presentarsi all’Agenzia delle entrate per restituire la cifra contestata, ma in cambio lo Stato italiano cancella il reato fiscale di frode e annulla praticamente tutte le sanzioni e multe che sono previste dall’ordinamento. Come si legge ancora su Il Giornale, l’imprenditore “non va in galera e non viene martellato dalle multe”, ma è una possibilità realizzabile solo se non è già stato “pizzicato” dalla Finanza o dalla stessa Agenzia delle Entrate. In pratica si chiede una sorta di confessione. Ma conviene davvero prevedere una misura del genere? “Per l’imprenditore che ha paura della galera e di essere beccato certamente sì. E anche per il Tesoro che non è detto che riesca a mettere le mani sul maltolto”, scrive Nicola Porro. Per la Finanza infatti non è facile scovare queste somme, quindi il modo migliore per farlo “è garantire l’impunità penale e ridurre le sanzioni”. Solo così si può sperare di riportare indietro almeno un terzo dell’intera somma scomparsa, quindi circa 80 miliardi di euro.
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