FIAT/ Marchionne, Renzi e il “rebus” su lavoro e investimenti
Si è tenuta ieri, al Lingotto di Torino, l’ultima assemblea ordinaria degli azionisti Fiat per deliberare sul bilancio 2013. GIUSEPPE SABELLA commenta le parole di Sergio Marchionne

Si è tenuta ieri, al Lingotto di Torino, l’ultima assemblea ordinaria degli azionisti Fiat per deliberare sul bilancio 2013. La prossima infatti sarà in Olanda, dove il nuovo gruppo Fiat Chrysler Automobiles ha scelto di avere sede legale. All’assemblea hanno partecipato 1.019 azionisti, nessun cambiamento nella compagine azionaria: Exor detiene il 30,06%, Baillie Gifford il 2,64% e Vanguard International Growth Fund il 2,26%. Altri investitori istituzionali Ue hanno il 17,1%, mentre quelli extra Ue il 21,80%. Fiat Spa detiene azioni proprie pari al 2,76% (erano il 3,226%).
John Elkann ha ricordato in apertura l’anno ricco di soddisfazioni e che il 6 maggio sarà presentato a Detroit il nuovo piano industriale in relazione al quale Sergio Marchionne ha dichiarato che nell’anno 2014 Fiat-Chrysler prevede di consegnare 4,5-4,6 milioni di vetture (escluse le joint venture) a fronte dei 4,35 milioni nel 2013, e che entro il 2018 la produzione supererà il 6 milioni di vetture.
Marchionne è poi passato a parlare della produzione in Italia: “Confermiamo che non ci sono eccedenze negli stabilimenti italiani. A Grugliasco abbiamo riassunto tutti gli addetti più mille unità di Mirafiori dove con i nuovi investimenti saranno riassorbiti tutti. Termini Imerese è un capitolo chiuso”.
A proposito di nuovi investimenti, si è parlato a suo tempo – in occasione del cda di fine gennaio – di 9 miliardi che certamente possono significare una crescita della produzione e quindi un riassorbimento dell’occupazione. Certo è che al di là di Termini Imerese capitolo chiuso (non c’erano dubbi, a giugno scade la cassa integrazione delle 1.100 tute blu e l’azienda entro 65 giorni dal termine della Cig potrà cessare il rapporto di lavoro), oltre a Grugliasco e Mirafiori vanno considerati gli stabilimenti di Melfi, Cassino e Pomigliano: a Mirafiori sono 4.300 a lavorare 3 giorni al mese, a Melfi 5.500 operai lavorano la metà delle ore, a Cassino 3.860 sono impiegati 6/7 giorni su 30, e a Pomigliano 1.200 sono in cassa integrazione a rotazione. Quindi qualche eccedenza di fatto c’è…
Difficile tuttavia capire, prima di conoscere il piano industriale 2014-2017, come Marchionne intenda mandare a regime il personale che al momento è molto sotto-impiegato; l’operazione è naturalmente molto complessa. È vero che il rilancio della produzione – di Maserati e di Alfa Romeo in particolare – è condizione per riassorbire il personale e saturare gli stabilimenti, ma non si tratta di una conseguenza immediata e, soprattutto, bisognerà capire realmente come si comporterà il mercato: a un aumento della produzione non corrisponde necessariamente una crescita delle vendite.
Il piano industriale atteso per il 6 di maggio farà dunque chiarezza sulle strategie continentali. Tutto fa comunque pensare che Marchionne questa volta faccia sul serio circa il rilancio di Alfa Romeo: l’intenzione del manager italo-canadese trova conferme negli ambienti sindacali. Vero è che, se l’obiettivo dichiarato è la fascia premium del mercato, Alfa Romeo è sicuramente tra i prodotti interessanti in questo senso, insieme a Ferrari e Maserati. Lo stabilimento di Cassino, nell’ottica di uno sviluppo della produzione di Alfa, è quello che può essere totalmente rilanciato: attualmente si producono Delta, Giulietta e Bravo. Negli ultimi tre anni il volume della produzione si è dimezzato, passando da 130.000 a 65.000 auto.
Da una parte quindi il lusso Ferrari, Maserati e Alfa; dall’altra il marchio Fiat alle prese con una trasformazione: prodotti a valore aggiunto derivati da Panda e Cinquecento. Le antenne di Fiat-Chrysler sul mercato globale sono anche particolarmente attente all’espansione sul mercato cinese -dove il marchio Fiat sconta una storica debolezza – e a una crescita delle vendite in Europa.
Ricordiamo anche che è in atto la negoziazione del nuovo contratto di gruppo: è chiaro quindi che le parti sociali – per lo meno quelle che hanno firmato l’accordo precedente e che di conseguenza ne stanno discutendo il rinnovo – sono a conoscenza delle intenzioni di Fiat-Chrysler per quel che concerne la produzione 2014-2017 in Italia. Il contratto tuttavia sarà chiuso prima della presentazione del piano industriale.
Come abbiamo visto, le eccedenze non mancano negli stabilimenti italiani. È chiaro che non è colpa di Marchionne, in primis per gli anni difficili del mercato, in secondo luogo perché la Fiat è forse stata l’unica impresa a investire in Italia in modo serio negli ultimi anni. Marchionne non sarà simpatico agli italiani, ma l’azienda automobilistica che lui guida ha fatto la sua parte…
Piuttosto, nessuna notizia per le soluzioni di aiuto alle esportazioni promesse al mondo metalmeccanico nel 2012 da Monti. Sono però aumentate continuamente le tasse e gli interventi che hanno bloccato il mercato italiano, il più fermo d’Europa (è quello che perde di più). Questo grazie alle imposizioni fiscali adottate dai diversi governi che hanno colpito il settore dell’auto, vedi accise sulla benzina e tassazioni sull’acquisto delle auto. Per non parlare dei costi delle assicurazioni: rispetto all’Europa, l’Italia è mediamente al doppio (media italiana di 1.300 euro/anno per RCA contro i 650/anno della media europea).
Ora che si presenta una seria possibilità di investimento, Renzi considererà di fare qualche intervento che possa quantomeno facilitare le esportazioni?
In collaborazione con www.think-in.it
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