GAVIO-ECORODOVIAS/ Così le autostrade italiane diventano “multinazionali”
Il Gruppo Gavio ha acquisito Ecorodovias, colosso delle autostrade brasiliane. SERGIO LUCIANO ci spiega l’importanza di questa operazione che non è solo finanza

“Il mercato degli appalti pubblici in Italia non lascia intravedere segnali di ripresa, considerata la difficile situazione finanziaria dei committenti, Stato ed enti pubblici, e il confuso quadro normativo e istituzionale del comparto”: è in questa frase-chiave, scritta nel bilancio di Itinera, che si cela il senso dell’acquisizione di Ecorodovias, colosso delle autostrade brasiliane, da parte del gruppo Gavio, di cui Itinera è il “braccio” edilizio specializzato nelle grandi opere. Gavio, investendo 529 milioni di euro nell’acquisto di Ecorodovias, si porta a casa 1860 chilometri di autostrade frequentatissime e redditizie, ma soprattutto il “passaporto” per un poderoso programma di sviluppo infrastrutturale che il Brasile ha deciso di seguire, e che seguirà chiunque governi, se vuole – come tutti i partiti vogliono, sia pure con sfumature differenti – sostenere la crescita e l’occupazione del grande Paese sudamericano.
Questa decisa diversificazione all’estero che Beniamino Gavio, capo del gruppo e figlio di Marcello, scomparso pochi anni fa, ha fortemente voluto non significa abbandonare l’Italia, dove anzi la rete autostradale in concessione è accudita e presidiata senza alcuna intenzione di mollare, così come il business della logistica, che è leader di mercato, e le stesse attività di costruzioni, per non parlare del cantiere nautico Baglietto, che poteva sembrare un hobby ma sta diventando una bella azienda profittevole.
Andare all’estero significa bilanciare il rischio ed emanciparsi da quella soggezione inevitabile verso gli enti pubblici, o in qualità di committenti o di concedenti, che tante polemiche e anche tante turbolenze causò al gruppo nei primi anni Novanta, con il coinvolgimento in alcune inchieste di Tangentopoli dell’allora capo-azienda Bruno Binasco, sei arresti per numerose indagini, un’unica condanna definitiva (per la quale è stato formalmente riabilitato, secondo la procedura di legge) e un’assoluzione fresca-fresca nel processo che ha prosciolto anche l’ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati: ma pur sempre turbolenze furono, con buona pace delle tardive assoluzioni…
Beniamino Gavio non ha mai rinnegato né la visione strategica di suo padre, che anzi ha saputo ereditare, rinnovare e sviluppare, né la storia del gruppo, che è comunque scandita da successi di mercato immuni da qualunque ombra. Quel che però andava fatto, e che Beniamino ha saputo fare, era una cambio di cultura, di management e di orizzonti, capace di trasformare una grande azienda nazionale in un gruppo multinazionale, incamerare nuove competenze, ridurre l’età media, innovare tecnologicamente in tutte le aree: dalle concessioni all’edilizia, alle grandi opere.
Andare all’estero, “anche” all’estero, si spiega in parte proprio con la determinazione a diversificare il “rischio mercato” e andarsi a prendere la ripresa là dove c’è. Perché in Italia – si legge sempre nella relazione di bilancio di Itinera – è fatale ridurre il fatturato, vista la “composizione dell’attuale portafoglio lavori, interamente riconducibile a commesse da eseguire sul territorio nazionale, che, seppur di importo ragguardevole, comprende diverse opere, afferenti in particolare a iniziative in project finance (il sistema di finanziamento delle infrastrutture pubbliche con risorse sia statali che private, ndr), i cui tempi di realizzazione purtroppo a oggi si stanno prolungando a causa delle difficoltà finanziarie e della lentezza degli iter amministrativi delle iniziative”.
Intendiamoci: non che in Brasile sia facile lavorare o che la burocrazia carioca sia un modello di efficienza. Ma c’è voglia di fare, prospettive, dinamismo e investimenti internazionali. E comunque il Brasile non è tutto il mondo, e non è l’unico mercato dove il gruppo Gavio conta di crescere. L’attuale piano industriale di Itinera vuole sviluppare nel 2018 una produzione all’estero di circa 400-500 milioni, più che in Italia. «Puntiamo soprattutto all’area del Golfo e nello specifico a Oman, Qatar e Arabia Saudita». E sul fronte delle concessioni, la mossa di Ecorodovias; un’acquisizione pagata poco, se si considera che i venditori avevano speso tre anni fa un miliardo per il 20% e oggi vendono il 41% per 529 milioni.
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