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Home » Economia e Finanza » BANCHE/ Tarantini: non copiare dall’estero per le “nuove Popolari”

  • Economia e Finanza

BANCHE/ Tarantini: non copiare dall’estero per le “nuove Popolari”

La riforma per decreto delle Popolari poteva essere evitata, sostiene Graziano Tarantini (Banca Akros), che ora sostiene aggregazioni "industriali e cda capaci èper le nuove Spa 

La Redazione
Pubblicato 31 Marzo 2015
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Graziano Tarantini

Il decreto popolari “non è stata la strada migliore” per riformare il settore, ma l’autocritica da parte del mondo bancario “è doverosa”, a partire dal numero degli istituto presenti – “in Italia abbiamo davvero troppe banche che fanno lo stesso mestiere” – fino al numero di componenti dei cda: “la scelta del board va fatta guardando al merito, basta situazioni baronali, anche i banchieri possono andare i casa. Non è necessario restare attaccati alle poltrone”.


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Così Graziano Tarantini, presidente di Banca Akros banca d’investimento e private banking del gruppo Banca Popolare di Milano, intervistato dall’Adnkronos. “Le popolari – spiega – hanno per troppo tempo parlato molto e fatto poco senza rendersi conto che il mondo stava cambiando e che accumulavano ritardo. Io non avrei seguito la strada del decreto perché non è una riformina, è una riforma strutturale e il decreto rischia di essere stato troppo precipitoso, ma una discussione all’interno del Parlamento (con tempi stabili) sarebbe stato un passaggio più utile, con una maggiore possibilità di ponderare i rischi”. Il decisionismo rischia di far dimenticare che le banche “sono l’infrastruttura del Paese, se una banca viene scalata vuol dire che comprano il tessuto imprenditoriale. Io spero – evidenzia Tarantini – che comunque al di la del passaggio ‘tecnico’ ci sia il tempo necessario per fare fusioni e mi auguro che seguano valutazione di tipo industriale e non di poltrone”.


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A guidare l’idea di aggregazione è che “nel progetto industriale ci siano capacità di mobilitare ricchezza da parte degli imprenditori che partecipano all’idea di sviluppo, una sorta di ‘nocciolo duro’ all’interno del gruppo che renda più difficile la contendibilità di queste banche” Il mercato guarda al breve periodo e la trasformazione delle popolari in spa non sfuggirà a questa regola, ma l’auspicio è che le popolari “in particolare Bpm – visto il legame tra Tarantini e l’istituto – seguano questo processo di trasformazione che le rendono forti, non facilmente aggredibili”. L’idea che le spa saranno più ‘aperte’ a dare credito, viene smentito dal presidente di Banca Akros: “non daranno più credito, per quello occorre che l’economia riparta”. Tarantini non nega alcuni errori di valutazioni da parte delle banche in tema di finanziamenti – “l’errore è stato ‘scopiazzare’ modelli stranieri che nulla hanno a che fare con noi” – ricorda però che le banche “sono intermediari finanziari, sono capitale di debito non di rischio”, in questo senso “convertire crediti in partecipazione è una cosa anomala che le banche non devono fare”, senza dimenticare “il peso che la burocrazia ha assunto” e “le normative stringenti” in campo europeo. Se in tema di capitalizzazione le banche italiane hanno fatto “passi avanti” e sul capitolo delle sofferenze “talvolta è più una buona o cattiva normativa” a determinare lo stato di un istituto, le critiche del numero uno della Bce Mario Draghi sul numero di istituti e rispettivi cda presenti in Italia trova d’accordo Tarantini. “Auspico una riduzione del numero delle banche perché ce ne sono troppe che fanno lo stesso mestiere”.


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Banca Akros “fin dalle sue origini avrebbe potuto fare di tutto, ma per opportunità ci siamo concentrati sull’investment banking, pensando che come banca piccola avremmo salvaguardato il nostro futuro avendo una forte specializzazione, puntando su capitale umano e tecnologia”. Una sfida vinta: “Akros è diventata un modello. Non abbiamo mai avuto grossi problemi, abbiamo mantenuto livello di redditività importante per l’azionista. Mi auguro – sottolinea Tarantini – che le banche diminuiscano e che si possano ridefinire aree di specializzazione, perché il mercato non ha bisogno di tutto far tutto”. Come per il decreto delle popolari – il sistema non è stato in grado di auto regolarsi – anche la diminuzione del numero dei componenti del consiglio di amministrazione è stata ‘dettata’ da una norma: “un’occasione persa”, sentenzia.

Se la mossa del Qe “sta ridando respiro ai mercati” questa “spinta non ha carattere duraturo senza riforme vere”, aggiunge Tarantini. “Passi avanti si stanno in parte facendo, penso al Jobs Act, ma deve ripartire la fiducia, le imprese devono tornare a investire, devono innovarsi, devono tornare a lavorare all’estero. Occorre far ripartire il mercato finanziario efficiente, è vero che la dimensione non è un dogma ma sono le medie aziende quelle che crescono meglio, che puntano su innovazione e valorizzazione dei talenti”. In questo senso “bisogna aprirsi al mercato, bisogna snellire la burocrazia. Un’azienda che si apre al mercato – conclude – ha criteri maggiori di trasparenza” per fare del mercato un’opportunità.


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