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Home » Economia e Finanza » SPY FINANZA/ Draghi prepara un altro 2008 per l’Europa

  • Economia e Finanza

SPY FINANZA/ Draghi prepara un altro 2008 per l’Europa

Mauro Bottarelli
Pubblicato 22 Aprile 2015
draghi_luciR439

Mario Draghi (Infophoto)

Al di là della questione greca, l'Europa si trova ad affrontare un altro problema finanziario che rischia di non vedere nemmeno. Ce ne parla MAURO BOTTARELLI

Oggi parliamo un po’ di Europa. Come vanno le cose? Ancora alle prese con il caos greco, dopo che la minaccia della Bce di tagliare i fondi di emergenza Ela alle banche ha spedito il rendimento del bond ellenico a 2 anni al 30%? Mi prenderete per pazzo, ma oggi non vi parlerò affatto di Atene e dei suoi guai (tanto più che l’ineffabile Jean-Claude Juncker ieri ha escluso il default, quindi quest’ultimo è da ritenersi ormai sicuro), bensì di un dato diffuso ieri, quello del calo a sorpresa, nel mese di aprile, dell’indice sulla fiducia delle imprese tedesche, la prima battuta d’arresto dall’ottobre 2014. Il dato elaborato dalla società di ricerche Zew, da cui prende il nome, ha registrato un calo a 53,3 punti, dai 54,8 di marzo, laddove in media gli economisti prevedevano un rafforzamento a 55,3 punti. Si tratta della prima flessione dall’ottobre del 2014, per questo indicatore che prende in esame le aspettative degli esperti di finanza nel settore imprenditoriale tedesco. Sempre ad aprile, l’indice riferito alle attuali condizioni economiche in Germania è salito a 70,2 punti dai 55,1 di marzo. 


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Stando al presidente dello Zew, Clemens Fuest, hanno pesato fattori esterni, in particolare «la debolezza dell’economia globale che mina le prospettive dell’export tedesco». Perché altrimenti l’economia teutonica mostra un quadro positivo, «con un mercato del lavoro stabile e retribuzioni in crescita». Anche per Jennifer McKeown il calo inaspettato della componente prospettica dello Zew, per la prima volta dallo scorso ottobre, dimostra che «i timori relativi alla Grecia iniziano a scalfire la fiducia sulla ripresa dell’economia della Germania». Un peggioramento della situazione di Atene, che comprenda il default o addirittura la Grexit, «è una seria minaccia per il sentiment delle imprese e per l’attività della Germania». 


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Vero. In parte. Ciò che non vi dicono, però, è altro. Ovvero, che Mario Draghi sta preparando il terreno a un altro 2008, con mezzo Europa che lo applaude beota – i miei più stimati e noti colleghi, addirittura si spellano le mani – e l’altra che non capisce ma si adegua. Non so se lo sapete, ma da ieri le banche europee vengono pagate per conservare il denaro delle loro colleghe per tre mesi, poiché proprio grazie al diluvio di liquidità innescato dal Qe – e che non sta arrivando minimamente all’economia reale – per la prima volta dal 1998, ovvero da quando Bloomberg traccia il dato, il tasso Euribor a tre mesi è andato in negativo a -0,001%, come mostra il grafico a fondo pagina. Insomma, i tassi cosiddetti money-market nell’eurozona sono ormai ai minimi, con la Bce che in settembre ha spostato a -0,20% quello di deposito e con il Qe lanciato a marzo che già oggi ha spedito il tasso interbancario a 90 giorni in territorio negativo. 


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La verità è che la liquidità in eccesso sta inondato il sistema settimana dopo settimana a causa del Qe e le stesse banche si trovano strapiene di depositi che postati alla Bce nell’overnight imporrebbero un costo e quindi vengono immessi nell’interbancario: peccato che il diluvio è tale da aver spedito i tassi in negativo anche lì. E qual è il problema? Ora provo a spiegarvelo in maniera semplice. Il Qe sta influenzando il prestito sia sul breve che sul lungo termine, due componenti fondamentali per il buon funzionamento dei mercati finanziari. Attraverso i suoi acquisiti monstre, la Bce sta bloccando e togliendo dal mercato securities che potrebbero essere utilizzate come collaterale nel cosiddetto mercato repo e questo pone i presupposti di rischio per una reazione a catena che prosciughi liquidità nel mercato cash-bond, visto che che i cosiddetti repurchase agreement sono utilizzati per il finanziamento a breve utilizzando le securities come collaterale per i prestiti. 

Il problema è che, come ci mostra i primo grafico a fondo pagina, attualmente i tassi per le transazioni repo sono anch’essi negativi o ai minimi record, sintomo che i traders stanno pagando loro stessi per prestare bonds invece che ricevere prestiti in contanti in cambio delle securities. Capite intuitivamente che il rischio è quello di sconnettere il principio di intermediazione dei mercati attraverso rendimenti obbligazionari negativi, provocando un mancato contatto tra mercati e contraenti di prestiti, prestatori o risparmiatori. Insomma, il Qe sta innescando una seconda ondata di disperazione alla ricerca di rendimento: chi riceve è felice, chi presta molto meno. 

Certo, l’idea di Draghi di principio è positiva, ovvero obbligare le banche a prendersi qualche rischio prestando il denaro che ricevono invece che tenerlo nell’Euribor, peccato che a oggi non solo non stia succedendo ma stia creando non pochi problemi al mercato repo e al concetto stesso di Gc, ovvero “general collateral”, quegli assets ritenuti talmente sicuri da essere accettati automaticamente come collaterale eligibili nelle transazioni, vedi il Bund tedesco. A fare paura deve essere il fatto che durante l’ultima conferenza stampa seguita al board della Bce, Mario Draghi abbia pronunciato le seguenti parole: «I timori rispetto alla scarsità di bond sono un po’ esagerate e premature, visto che questa variabile a oggi non è supportata da prove». 

Ora, capite da soli che sono concetti abbastanza ridicoli: come si fa a non vedere prove della scarsità di collaterale quando il Gc tedesco, il Bund, sta viaggiando a tassi minimi record, con un’inversione della curva a livelli estremi visto che la repo rate a un anno è vicina a -32 punti base? Attenzione, perché un’inversione nella curve del Gc quasi sempre segnala che una larga parte di securities con facilità tratterà in maniera “speciale” nel breve tempo. Insomma, la scarsità di collaterale non ha bisogno di prove: è già presente sul mercato ai tassi attuali! 

E c’è un altro piccolo effetto collaterale, che forse potrebbe spiegare il calo dell’indice Zew: se i rendimenti continueranno a crollare, sarà impossibile per la Bundesbank comprare tutta la sua quota parte programmata di bonds all’interno del Qe, come ci mostra il secondo grafico. Questa non è forse una prova della scarsità di collaterale? 

Per Godfried De Vidts, capo dello European Repo Committee dell’International Capital Market Association, «gli investitori potrebbero diventare riluttanti nell’investire nel debito dell’eurozona. Siamo spaventati dal fatto che il sistema non permette il prestito dei bond abbastanza a lungo, c’è il rischio di un congelamento del mercato repo». E tanto per dimostrarvi quanto Draghi abbia sotto controllo la situazione, due settimane fa la scarsità di Bund decennali era tale che alcuni operatori di mercato hanno pagato fino al 2,5% per prestare denaro in cambio di un’obbligazione tedesca! Per de Vidts, «stiamo guidando al buio e con i fari spenti. Ormai lo scenario che abbiamo di fronte – un vero incubo per il mercato repo – è quello di una rinazionalizzazione di un mercato che era stato sviluppato per diventare europeo». 

 

 

E quale rischia di essere il passo successivo di questa follia? O si trasformerà in eligibile anche una securities con rendimento negativo per oltre il -0,20% del tasso di deposito Bce oppure il fatto che il contagio in negativo dei rendimenti innescato dall’Eurotower potrebbe presto portare a yield negativi anche nell’area corporate. 

Peccato che nessuno, almeno sano di mente, voglia prestare soldi a un’azienda che prezza un tasso di interesse negativo per finanziarsi sul mercato obbligazionario, quindi a lungo andare – ma nemmeno troppo in là – questa pressione negativa cambierà direzione e potrebbe veder esplodere gli yield corporate europei in netta divergenza da quelli benchmark sovrani come tedeschi e francesi. Non è escluso, quindi, che per tamponare questa situazione potenzialmente esplosiva per l’economia reale europea – alti tassi di finanziamento sull’obbligazionario più banche che non prestano denaro se non tra di loro spedendo l’Euribor sotto zero – la Bce decida di estendere il piano di Qe acquistando anche bond corporate, di fatto ponendo rimedio alla scarsità di collaterale di cui Draghi non vede le prove, ma rischiando di schiantare tutte le dinamiche dei mercati finanziari nel tentativo di abbassare gli spread del credito di alta qualità, ovvero aziende con rating alto. In che mondo finiremmo? In uno dove dopo i bond governativi e i covered bond, anche le obbligazioni corporate prezzeranno rendimenti negativi. Un vero capolavoro, non vi pare? 

E guardate che la prospettiva è tutt’altro che peregrina, visto che qualcuno comincia già a prezzare anche l’ipotesi di un Draghi in versione giapponese che si lancia sul mercato azionario, di fatto trasformando il bilancio della Bce in una barzelletta e innescando l’opposizione senza frontiere della Bundesbank. Guardate i due grafici di Bloomberg (i primi due a fondo pagina), ci mostrano come i mercati equity meno sovra-valutati sono quelli di Austria, Finlandia e Olanda, sia per la ratio utile per azione bilanciata ciclicamente, sia per il cosiddetta “modello Fed” di ratio, entrambi sotto la media delle 13 nazioni dell’eurozona che hanno fornito i dati. 

E per il mercato obbligazionario corporate? I più attraenti appaiono Finlandia, Irlanda, Lussemburgo e Portogallo, con i rischi di premio – la differenza tra lo yield composite a 10 anni con rating da A a B e il tasso swap a 10 anni – che sono i più alti tra i vari Paesi. Paradossalmente, c’è da pregare il Signore che faccia deragliare in maniera disordinata il caso greco, obbligando Draghi a rivedere i suoi piani operativi: altrimenti potremmo ritrovarci in un mondo inondato di liquidità a tal punto da dover pagare perché qualcuno ce la tenga. Peccato che quel qualcuno non sono cittadini e imprese, solo banche e società assicuratrici. Ma tranquilli, segretamente mezzo mondo è convinto che una panacea in grado di mantenere a galla i mercati arriverà a breve dal Giappone e le performance di ieri, al netto dei timori sulla Grecia, lo confermano indirettamente. 

Guardate l’ultimo grafico, non so se lo sapete ma la Bank of Japan è una delle poche banche centrali a mondo a tradare sui mercati azionari globali, con il ministero delle Finanza azionista al 55%. E cosa ci dice questo grafico? Che negli ultimi giorni la BoJ è salita del 30% con volumi di scambio altissimi e le quattro volte precedenti che si è registrata questa dinamica, a breve le autorità nipponiche hanno lanciato ulteriori misure di stimolo per l’economia. Insomma, si prezza più Abenomics ancora, metadone per tutti, banche sempre più zombie e fondamentali macro sempre più ai minimi storici. 

Non chiedetemi come andrà a finire, questa volta davvero la mia immaginazione non è sufficiente e non arriva a tanto. Ma temo male.

 

 

 


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