Nuova tegola per Matteo Renzi, alle prese con un altro buco nei conti pubblici italiani. Dopo la sentenza della Corte costituzionale sulle pensioni, stavolta è la Commissione europea a bocciare la “reverse charge” sull’Iva introdotta con la legge di stabilità 2015. Come scrive in una nota Vanessa Mock, portavoce della Commissione Ue per i servizi finanziari, è stata rigettata “la richiesta italiana di una deroga (alla normativa Ue sull’Iva) per introdurre il reverse charge per le forniture alla grande distribuzione”. La decisione provoca un ammanco di 728 milioni di euro che dovrebbero però essere recuperati con un nuovo aumento delle accise sulla benzina a partire da giugno. Insomma, si rischia una nuova stangata. Bocciando la “reverse charge”, la Commissione Ue spiega che “non ci sono prove sufficienti che la misura richiesta contribuirebbe a contrastare le frodi. La Commissione ritiene anzi che questa misura implicherebbe seri rischi di frode a scapito del settore delle vendite al dettaglio e a scapito di altri Stati membri”. Ma che cos’è la reverse charge? Si tratta di quel meccanismo di inversione contabile (“reverse”, per l’appunto) che regola l’applicazione dell’Iva ed elimina la detrazione dell’Iva sugli acquisti. Chi beneficia di una cessione di beni o di una qualsiasi prestazione di servizi, se soggetto passivo nel territorio dello Stato, deve assolvere l’imposta in vece del cedente o prestatore.