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Home » Economia e Finanza » Economia UE » Economia Francia » FINANZA E POLITICA/ Spagna, Italia e Francia: le “mine” per l’euro dopo la Grecia

  • Economia Francia
  • Economia UE
  • Economia e Finanza

FINANZA E POLITICA/ Spagna, Italia e Francia: le “mine” per l’euro dopo la Grecia

Carlo Pelanda
Pubblicato 8 Luglio 2015
euro-sos

Infophoto

Le nazioni euromeridionali sono a rischio di destabilizzazione politica e per questo sono una mina dell’Eurozona. CARLO PELANDA ci spiega come evitare il peggio

Nelle democrazie gli impoveriti votano e se la loro massa supera i benestanti, o quelli che sperano di diventarlo, tali sistemi divengono vulnerabili a offerte politiche irrazionali che le portano al fallimento economico. Pertanto il requisito di stabilità di una democrazia implica una classe media ottimista maggioritaria.


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Dal 2011 le nazioni meridionali dell’Eurozona soffrono di un impoverimento di massa accelerato. Ciò ha aumentato il consenso per offerte politiche populiste, in numeri correlati con la massa colpita dall’impoverimento e dalla paura di subirlo in Grecia, Spagna, Italia e Francia.

Perché in queste nazioni più di altre? Perché furono, e sono, strutturalmente più vulnerabili a due gravi errori di gestione da parte dell’eurosistema: l’applicazione del rigore in una fase di crisi che avrebbe richiesto politiche economiche espansive e il mantenimento di un cambio decompetitivo dell’euro. La contrazione della classe media ottimista è dovuto alla combinazione tra inefficienza e/o disordine nazionali e un eurosistema che non ha saputo adattare le sue regole in base alle contingenze.


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Ora è evidente che le nazioni euromeridionali sono a rischio di destabilizzazione politica e che per questo sono una mina dell’Eurozona. Quindi, come lezione dal caso greco, bisogna riflettere su come risolvere il problema prima che la mina scoppi. Il tempo è un fattore perché vi saranno elezioni in Spagna entro l’anno e, decisive per l’euro, in Francia nel 2017. In poco tempo le nazioni inefficienti non riusciranno a cambiare modello per renderlo espansivo e rigeneratore dell’ottimismo di massa. Né è probabile che l’eurosistema cambi sostanzialmente la sua rigidità, a parte un programma per la Grecia fattibile per la sua piccola scala.


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Quindi l’unica leva possibile di crescita è quella del cambio, cioè una svalutazione dell’euro che favorisca export e importazione di investimenti e turismo nelle nazioni deboli, cosa che implica la prosecuzione del programma di allentamento monetario e di garanzia degli eurodebiti (Qe) della Bce oltre il settembre del 2016.

Non è una soluzione sana, ma può funzionare. I dati, infatti, mostrano che buona parte dell’impoverimento dal 2011 in poi nelle nazioni deboli è stato causato dal cambio de-competitivo e, soprattutto, che la loro ripresa, pur poca, è spinta dalla svalutazione e dall’effetto Bce. Probabilmente l’America vorrà evitare un dollaro troppo alto e la Germania si metterà di traverso, ma non ci sono altre opzioni nel breve termine per mantenere stabili le democrazie euromeridionali e l’eurosistema.


SCENARIO UE/ Il "problema Italia" che decide le sorti dell'euro


 

www.carlopelanda.com

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