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Home » Economia e Finanza » FINANZA/ Le notizie da “brividi” su Deutsche Bank

  • Economia e Finanza

FINANZA/ Le notizie da “brividi” su Deutsche Bank

Giovanni Passali
Pubblicato 28 Settembre 2015
deutschebank_francoforteR439

Infophoto

Per GIOVANNI PASSALI ci aspetta un autunno che non porterà belle sorprese nel mondo finanziario. Visto anche quel che è capitato a Deutsche Bank prima dell’estate

Non si contano più le volte che Renzi, come ha fatto nei giorni scorsi, ha usato i social media per comunicare una pseudo ripresa che non ci può essere. Come ho già ribadito numerose volte, la ripresa non ci può essere perché la matematica non è un’opinione. Se infatti uno Stato punta al pareggio di bilancio, questo vuol dire che l’economia reale, che non può creare denaro dal nulla, non può guadagnare denaro. In un’architettura finanziaria dove solo una banca centrale può creare moneta addebitandola, l’unica possibilità di crescita (dando per scontato ciò che scontato non è, cioè una maggiore produzione) può verificarsi solo se il debito cresce in maniera significativa. Ma se questo non accade, l’eventuale maggiore produzione non potrà essere acquistata semplicemente perché manca la moneta sufficiente per tale aumento produttivo.


FAMILY INDEX/ Se anche le imprese possono fare la loro parte contro la denatalità


Quindi non è colpa di Renzi se l’economia non cresce. La sua responsabilità è “solo” quella di raccontare balle. Sta provando a vantarsi dell’ennesimo zerovirgola di aumento; questa volta si tratta dell’aumento delle vendite al dettaglio, in aumento dello 0,4% rispetto a luglio. Ma quello che non ha detto è che è aumentato il ricorso al credito al consumo: di fatto gli italiani hanno fatto la spesa indebitandosi. Un grave campanello d’allarme.


DALLA GERMANIA I segnali di ripresa economica in attesa degli investimenti promessi da Merz


Ci sarebbe, come già detto altre volte, un’altra possibilità: quella di un robusto aumento delle esportazioni. E le esportazioni italiane nel complesso vanno benone, nonostante la crisi internazionale. Per questo la nostra bilancia dei pagamenti continua a registrare dei robusti saldi attivi; in questo senso siamo uno dei paesi più virtuosi in Europa. Ma tenendo conto del pagamento degli interessi sul debito, il bilancio torna in rosso. Insomma, l’esportazione va forte, ma non tanto da poter sperare in una diminuzione effettiva del debito. Così il debito aumenta e progressivamente aumentano gli interessi, rendendo la situazione sempre meno sostenibile.


RIARMO UE/ "Più armamenti meno welfare, così Bruxelles ci renderà più poveri"


C’è un altro aspetto che rende chiaro come questa architettura finanziaria non sia sostenibile. Se l’esportazione è l’unica via possibile, allora per avere una ripresa a livello mondiale tutti dovrebbero esportare. Ma gli esportatori hanno bisogno di importatori. E se tutti esportano, dove andiamo a esportare, sulla Luna? In concreto, quello che accade è che alcuni riescono a esportare (magari truccando il mercato, vero Volkswagen?) e gli altri, quelli che importano, si indebiteranno.

Questo è il film che abbiamo visto in questi anni. E per i prossimi anni? La crisi, lo sappiamo bene, non sta finendo. Nonostante i proclami di Monti sulla luce alla fine del tunnel, siamo ancora nel pieno della tempesta finanziaria. Le istituzioni sovranazionali non hanno fatto nulla di concreto per arginarla. Anzi, l’hanno amplificata, continuando a fornire immense quantità di liquidità a un mercato finanziario mai sazio di nuovi mirabolanti profitti.

E proprio questa ricerca spasmodica di profitti ha prodotto tutti i guasti che abbiamo sotto gli occhi. La corruzione tedesca è solo l’ultimo di una serie di malfunzionamenti che non smettono di inquinare il “libero mercato”, quella sorta di paradiso terrestre in cui tutti dovevano stare meglio. Invece si è trasformato in un vero e proprio incubo, dal quale non riusciamo a svegliarci. E probabilmente quando ci sveglieremo sarà troppo tardi; già oggi è troppo tardi.

C’è una notizia in particolare che mi ha fatto rabbrividire. Non è una notizia nuova, ma mi era sfuggita e l’ho scoperta solo nei giorni scorsi. Si tratta del licenziamento del Ceo di Deutsche Bank, l’indiano Anshu Jain, avvenuta prima dell’estate. Eppure poco prima gli erano stati assegnati poteri straordinari, in virtù della sua particolare esperienza negli investimenti a rischio. Un’attività di cui il colosso bancario tedesco aveva evidentemente bisogno, vista la sua pazzesca esposizione in derivati.

Occorre infatti ricordare che la banca tedesca detiene derivati per oltre 70 mila miliardi di dollari. Per fare un paragone, il Pil della Germania è intorno ai 4 mila miliardi. Il crollo della banca tedesca di fatto spazzerebbe via l’intera finanza mondiale. E non tanto per il danno finanziario diretto, ma per la sfiducia indotta. Se infatti può crollare un tale colosso bancario, quale altra banca potrà dirsi al sicuro?

Tutti abbiamo presente il crollo e il fallimento della Lehman Brothers. Un evento che ci venne spacciato come improvviso. Ma in realtà non fu così. Mesi prima uscirono articoli di giornali autorevoli che parlavano delle gravi difficoltà finanziare della Lehman. E poi uscì la notizia che la banca avrebbe licenziato migliaia di dipendenti “per ottimizzare i costi e migliorare i servizi”, dissero. E abbiamo visto com’è finita.

Ora abbiamo la notizia, dopo il licenziamento del Ceo indiano, che la Deutsche Bank licenzierà 23 mila dipendenti, un quarto della forza lavoro. E questo avviene dopo importanti perdite sui derivati e dopo che, negli ultimi due anni, la banca tedesca ha pagato circa 9 miliardi in multe varie per le proprie attività truffaldine, tra le quali ricordiamo la gigantesca truffa sulla manipolazione del tasso Euribor. E non è finita, altre indagini sono in corso e chissà cos’altro verrà fuori.

Mettiamoci pure le difficoltà palesi dell’economia cinese, certificata non tanto dalla minore crescita del Pil (chissà quanto truccato), ma dal crollo degli acquisti delle materie prime. Ci aspetta un autunno davvero imprevedibile, e non per il meglio.


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