PREVISIONI 2016/ Le due incognite che raffreddano la ripresa

- int. Mario Deaglio

Per MARIO DEAGLIO, un’economia globale dominata dai servizi è per definizione difficilmente prevedibile. Non a caso per il Fmi  il settore che nel 2016 sarà più deludente è il commercio

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«Un’economia globale dominata dai servizi è per definizione liquida e difficilmente prevedibile. Non a caso per il Fmi il settore che nel 2016 sarà più deludente è il commercio, ma anche il turismo risentirà pesantemente dell’attuale situazione geopolitica». A evidenziarlo è Mario Deaglio, professore di Economia internazionale all’Università degli Studi di Torino. In un articolo pubblicato su Il Sole-24 Ore, il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, ha sottolineato che “la crescita globale nel 2016 sarà deludente e incostante. Anche le prospettive di crescita a medio termine dell’economia globale si sono indebolite”.

Professore, che cosa si attende per l’economia italiana e globale per il 2016?

Non mi aspetto niente. I miei strumenti di analisi non sono in grado di esaminare una tendenza, se escludiamo una probabilità di un peggioramento non molto forte, sia pure con punte in alcuni Paesi. Sull’analisi economica si intrecciano una serie di fattori non economici, soprattutto di tipo politico, strategico, militare e religioso, che rendono difficile dire qualcosa di sensato.

Sarà un 2016 di stagnazione o di ripresa?

Non si possono quindi fare previsioni, se si esclude una generica tendenza al ribasso del tasso di crescita, che è stata peraltro ampiamente segnalata dal Fondo monetario internazionale e dall’Ocse nelle loro ultime analisi. Il Fmi in particolare ha previsto che la crescita globale del Pil nel 2016 sarà pari al 3,6%, con una correzione al ribasso dello 0,2% rispetto alle stime di luglio.

Come si spiega questa prudenza nelle stime del Fmi?

Secondo il Fondo monetario internazionale, e anch’io concordo, nel 2016 assisteremo a una maggiore difficoltà dei Paesi emergenti nel loro complesso, causata anche dal fatto che i prezzi delle materie prime sono in calo. Un fattore subito in modo molto pesante dai Paesi emergenti, in quanto la loro industrializzazione non è sufficiente a resistere alle ripercussioni dei prezzi delle materie prime. Le economie avanzate dovrebbero invece subirne un po’ meno gli effetti, che tradotti in termini di reddito per abitante dovrebbero equivalere a una crescita del +1-1,5%. Gli Stati Uniti possono crescere anche del 2-2,2%, ma la loro popolazione aumenta dell’1,6% annuo, mentre quella dell’Italia è ferma al +0,1-0,2%.

La Lagarde ha detto che la crescita globale nel 2016 sarà deludente. È d’accordo con lei?

La Lagarde ha così riassunto le analisi dei suoi uffici. Uno dei settori che il Fmi indica come particolarmente deludente è il commercio. Possiamo aggiungere anche il grande turismo europeo e mondiale, in conseguenza dell’attuale clima politico.

Quali effetti possono avere a livello globale il calo del prezzo del petrolio e l’aumento dei tassi da parte della Fed?

Con precisione non lo sa nessuno. Ci troviamo in un’economia abbastanza nuova in cui i servizi rappresentano il 70% della produzione complessiva. È facile prevedere la domanda di auto, perché c’è tutta una filiera il cui funzionamento è ben noto, mentre i servizi sono piuttosto instabili. Se, per esempio, un cliente acquista un biglietto per la Scala su Internet, la domanda e l’offerta si incontrano in quel click o non si incontreranno mai più. Per i servizi infatti come è noto non c’è magazzino. Mentre un’auto resta comunque dal concessionario, e dopo un mese trova un altro acquirente. Prevedere l’andamento dei servizi significa conoscere in anticipo la capacità di spesa e gli umori della gente.

 

Quali fattori politici a livello globale possono incidere di più sulla crescita economica?

In primo luogo il ritorno a situazioni di scontro ideologico tra Paesi o gruppi di Paesi come Russia e Occidente. L’inasprirsi del confronto tra questi due gruppi ha portato alla creazione di reciproci embargo che impediscono alla produzione di trovare il suo sbocco naturale. Ciò ha delle conseguenze negative abbastanza forti: l’Italia e la Germania ne sanno qualcosa.

 

Eppure gli anni ’80, in cui è culminata la Guerra fredda, erano stati segnati da una crescita rampante. L’economia ha davvero bisogno della pace?

Negli anni ’80 l’economia era diversa, i servizi contavano per il 50-52% e il resto era industria. Adesso l’industria è tra il 20 e il 25% in quasi tutti i Paesi, e quindi la pace è indispensabile allo sviluppo di commercio e turismo.

 

(Pietro Vernizzi)





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