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Home » Economia e Finanza » FINANZA & POLITICA/ Per paura dei rimborsi Etruria Renzi “nasconde” Bcc e bad bank

  • Economia e Finanza

FINANZA & POLITICA/ Per paura dei rimborsi Etruria Renzi “nasconde” Bcc e bad bank

Un Cdm notturno, dopo molti rinvii, passa alle cronache per l'ennesimo alt sui rimborso ai risparmiatori di Banca Etruria & C e mette in ombra Bcc e bad bank. Di GIANNI CREDIT

Gianni Credit
Pubblicato 11 Febbraio 2016
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Il premier Renzi con il ministro Padoan

Fra ieri sera e stamattina i titoli sul “decreto contenente misure urgenti per il credito” hanno finito per essere in negativo, “per sottrazione”. Dal Consiglio dei ministri NON è uscito il provvedimento sui rimborsi ai risparmiatori “traditi” di Banca Etruria & C: il passaggio più socialmente pop e politicamente esposto, ma di gran lunga il meno rilevante guardando ai paurosi ondeggiamenti del sistema bancario nazionale in questi giorni, fra Borse e bracci di ferro Ue. Molto più strutturali erano – nell’ordine del giorno di Palazzo Chigi – la riforma del Credito cooperativo, il varo della bad bank e di modifiche delle normative fallimentari sempre finalizzate allo smaltimento dei crediti deteriorati delle banche italiane. Che hanno preso forma (anche se non del tutto, soprattutto per le “nuove Bcc”), ma che hanno fatto molta meno notizia: benché riguardassero milioni di italiani, grandi gruppi con centinaia di miliardi in gioco, non poche migliaia di obbligazionisti di quattro piccole banche in dissesto. Ma tant’è stato: al di là della conferenza stampa notturna del premier. Che pure aveva rinviato due volte il Consiglio dei ministri purché risultasse “affermativo”: di contrasto alle pressioni dei mercati e dell’Europa.


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Renzi, all’ultimo, non si è fidato a mettere sulla tavola rotonda di Palazzo Chigi un provvedimento di costo finanziario quasi simbolico, ma il cui beneficio politico sembra ormai quasi azzerato, mentre le insidie d’immagine sono enormemente cresciute. Se all’indomani delle quattro risoluzioni bancarie del 22 novembre, annunciare i rimborsi era sembrato al premier un atto di sano populismo, utile anche all’esibizione del dissenso contro la Ue rigorista, oggi Banca Etruria è sinonimo di pasticciaccio politico-finanziario, di fine virtuale della carriera politica della super-ministra Maria Elena Boschi. E se prima di Natale l’attivismo pro-risparmiatori poteva chiamare naturalmente in campo il super-commissario anticorruzione Raffaele Cantone, oggi il magistrato sotto i riflettori è il Procuratore di Arezzo, Raffaele Rossi: che ha chiesto l’insolvenza dell’Etruria, pro-dromica a una raffica di avvisi di garanzia. E se poi le “poche migliaia di morti” fra Arezzo e Macerata dovessero diventare molti di più nella vicina Siena? Meglio rinviare ancora, anzi: meglio declassare il provvedimento a decreto ministeriale del Tesoro con il visto del Consiglio di Stato. Non dovrà dunque passare per il Parlamento, cioè attraverso nuove forche caudine, come i faticosi voti di fiducia che il governo già ha dovuto affrontare.


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L’ennesimo infortunio politico-mediatico sul fronte bancario (a conferma che il caso Etruria ha tolto lucidità e serenità al premier pronto a festeggiare il secondo compleanno a Palazzo Chigi) ha lasciato in ombra il rush finale del riassetto del Credito cooperativo: che a dispetto di alcuni patemi finali, dovrebbe veder rispettato nel decreto il grosso dell’autoriforma presehtato ancora sei mesi fa da Federcasse. È stato Renzi personalmente a rassicurare sulla preferenza dell’Esecutivo per il gruppo unico: l’opzione forte su cui la Federcasse presieduta da Alessandro Azzi aveva costruito un laborioso consenso interno, vincendo le cautele della forte Unione trentina. 


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Non è mancato – nel decreto – un compromesso nei confronti spinte centrifughe di alcune componenti del Credito cooperativo (principalmente un piccolo “giglio” di Bcc toscane): la scelta di non aderire al nuovo Gruppo Cooperativo Nazionale non sarà penalizzata come inizialmente immaginato. Le Bcc con più di 200 milioni di patrimonio potranno trasformarsi in Popolari o Spa trattenendo le proprie riserve pagando un affrancamento del 20%: senza cioé la devoluzione in quanto risorse indivisibili della cooperazione. La reale portata della misura – che alcuni temono ancora una via di fuga potenzialmente larga – potrà essere verificata solo nei prossimi giorni, con la lettura del decreto, e quindi nei prossimi 18 mesi, quando la rfiforma entrerà in fase operativa con la costruzione del gruppo.

Di più non può essere detto neppure dei provvedimenti sul Gacs (la bad bank italiana finalmente vistata dalla Ue) e sulle nuove procedure veloci di recupero crediti. Sulla carta sono anch’esse molto importanti come la riforma Bcc e potrebbero aiutare il sistema creditizio dentro l’Azienda-Paese assai più di risarcimenti di piccolo importo ma di grande problematicità politico-legale.


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