Dopo un lungo stallo i soci e il consiglio di UniCredit designano un nuovo amministratore delegato: il francese Jean Pierre Mustier, su cui giunge il benestare-lampo della Bce (presidente: Mario Draghi, italiano; capo della vigilanza: Danièle Nouy, francese), ma sul quale si coagula un gradimento di massima delle Fondazioni italiane e dei grandi investitori istituzionali (il sovrano emiratino al Aabar, Blackrock e alcuni fondi californiani capitanati da Dodge & Cox).
Nelle stesse ore si apprende che la Commissione Ue ha deciso già domenica scorsa (48 ore dopo l’esito di Brexit) di rispondere positivamente alla richiesta dell’Italia di un “semestre bianco” in cui poter “fornir liquidità d’emergenza alle banche solventi”: nei fatti un via libera a piani di bad bank per lo smaltimento delle sofferenze bancarie (gli “Npl”). Il mercato ne viene informato da Oltre Atlantico: dal sito del Wall Street Journal. Il quale è ancora fresco di un altro titolo bancario: il ruvido allarme del Fondo monetario internazionale sulle banche tedesche, denunciate come fonte di rischio sistemico a cominciare dall’ammiraglia Deutsche Bank.
Una partita di scacchi e poker iniziata all’alba di venerdì, quando si è conclusa in modo più grottesco che tragicomico la partita ingaggiata dai britannici con se stessi. Che Brexit fosse un trauma ricco di opportunità l’ha capito – per una volta – il governo italiano che ha immediatamente rimesso il suo dossier banche sui tavoli brussellesi di eurocrati resi molto più timorosi dallo strappo populistico britannico.
Cosa sia poi davvero accaduto nelle ultime 150 ore – e cosa possa ragionevolmente accadere nei prossimi giorni e settimane – non è ancora del tutto chiaro. Renzi si è diligentemente recato a Berlino lunedì sera, affiancando il presidente francese François Hollande nel delegare ufficialmente il cancelliere tedesco Angela Merkel a negoziare Brexit con Londra per conto dell’Europa. A margine del summit ha accennato al “piano salvabanche” italiano (forse dicendo troppo rispetto agli accordi politici? O forse per cautelarsi da sorprese sulla contropartita ottenuta?). Resta il fatto che nelle stesse ore Draghi è stato perentorio nell’indicare la fase straordinaria post-Brexit come obbligatoria per “risolvere i problemi delle banche in Europa”. Già martedì mattina, in un’intervista alla Cnn, il premier italiano ha corretto il tiro: l’Italia non chiede la possibilità di salvare le sue banche in crisi facendo entrare lo Stato nel capitale, ma principalmente la possibilità di costruire una bad bank con garanzia pubblica.
Qualche equivoco ulteriore sorge – quasi sicuramente – sul profilo della fase transitoria: “sospensione del bail-in” o semplice flessibilità sull’uso di aiuti pubblici alle banche? È qui che – premuta dal falco Wolfgang Schauble – Merkel pizzica Renzi – che risponde a tono – sul “cambio delle regole ogni due anni”. Ma a Bruxelles la decisione è presa: lo stesso Valdis Dombrovskis, vice del (pericolante) Jean-Claude Juncker, conferma già martedè mattina che le carte sono sul tavolo.
Da ieri sera è chiaro che di ciò che è scritto su quelle carte Bruxelles non si assumerà mai responsabilità piena e l’Italia dovrà fare uso accorto in un clima di “silenzio assenso” che sarà spesso rotto da sussurri e grida critici. Né è detto che la flessibilità duri davvero fino a fine 2016. Nei fatti è probabile duri fino a quando i cieli europei saranno coperti di grigio-Brexit:: fino a quando, cioè, un nuovo premier britannico attiverà i negoziati di una prevedibile “gestione politico-diplomatica di Brexit”.
Renzi, Padoan, Visco e le banche italiane possono certamente contare su tre-quattro mesi: anzitutto per smaltire fino a 150 miliardi di Npl (cifra ufficiosa ma credibile). Come? Con nuovi veicoli stile Atlante, ma finanziati in modo più massiccio da Tesoro e Cassa depositi e prestiti rispetto ad “Atlante 1”. Che poi lo Stato possa anche ottenere qualche ulteriore concessione ad hoc (il rinvio della vendita delle quattro banche risolte oppure un intervento singolo nel capitale di Mps, già partecipato dal Tesoro) dipenderà dagli eventi, oltreché dalla capacità negoziale del governo.
Anche se nessuno lo vorrà mai confermare, Mustier nuovo Ceo di UniCredit – dopo una sorta di appello personale dello stesso Renzi a “far presto” – è stata una prima mossa su questa scacchiera: l’alternativa -in Piazza Gae Aulenti – avrebbe potuto essere un banchiere italiano gradito ai tedeschi (UniCredit è una banca italo-tedesca). Invece l’ha spuntata un francese certamente non sgradito alla Bce e ai grandi investitori anglosassoni.
Nel dopo Brexit l’eurozona vive ormai così, ora per ora. Arrivederci all’autunno: quando è in programma il referendum istituzionale italiano. La posta finale della scommessa di Renzi. Che non vuol certo fare la fine di Cameron.