RIFORMA EUROZONA/ Il piano autoritario per impoverirci tutti
La Commissione europea ha presentato ieri la proposta di riforma dell’Eurozona. Una pericolosa camicia di forza pronta a far scoppiare una crisi, spiega GIULIO SAPELLI

È stato presentato il piano di riforma dell’Eurozona. La proposta è solo apparentemente complessa, perché se si supera l’ossimoro di formulazioni come le seguenti: “si perseguirà l’integrazione della ‘sostanza’ del trattato fiscale”, ma “tenendo conto della flessibilità del patto di bilancio”, che sono una vera e propria sfida al senso comune, non si può non rimanere sconcertati dinanzi alla mancanza di consapevolezza dei problemi europei reso manifesto dal presidente Juncker e dai suoi colleghi commissari.
La proposta più vaga ma più inquietante è quella di inserire il Fiscal compact che, non dimentichiamolo, è un trattato internazionale vero e proprio, nelle leggi europee, dimenticando che il Fiscal compact stesso è oggetto di critiche feroci da parte di una ristrettissima ma qualificata élite di economisti internazionali e da una parte sempre più crescente dell’opinione pubblica, che si dibatte nella ricerca di una quota crescente di flessibilità rispetto alle bronzee leggi dell’Unione Europea. Nessuna di queste critiche è mai giunta ai soloni della tecnocrazia europea? Evidentemente no, se si prosegue nella linea di continuare nell’ambita entropia europea giungendo addirittura a preconizzare la creazione di un Fondo monetario europeo di cui non si sente assolutamente il bisogno. L’esistenza del Fondo monetario internazionale, oltre a essere un elemento essenziale dell’interrelazione economica globale, consente all’Europa di non dipendere unicamente dalle ricette teutoniche dell’austerità che stanno sradicando il welfare europeo e aumentando i livelli di disuguaglianza tra sistemi economici nazionali e classi e ceti nelle aree più deboli dell’Europa, come sfortunatamente dimostrano i recenti dati dell’Istat e del Censis in Italia.
Ma vi è di più: Juncker sollecita la creazione di quell’unico ministro delle Finanze che significherebbe porre una pietra tombale sulle speranze di modificare la parte meno positiva dell’incastellatura tecnocratica europea, ossia quella che assicurerebbe, se ciò si realizzasse, una sorta di soluzione finale in merito alle politiche economiche europee e alla sottrazione di costituzionalità che l’Ue sta via via realizzando senza che un nuovo ordine costituzionale europeo sia stato legittimamente creato. È pazzesco, inoltre, porre così le basi di un ordinamento bancario ancora più rigido e non rispettoso, salvo che per la Germania, delle diversità istituzionali e proprietarie degli intermediari finanziari.
Insomma, la camicia di forza europea la si vorrebbe far indossare al più presto ai popoli europei. Sarebbe l’inizio di una crisi economica e sociale drammatica stravolgendo forse per sempre ciò che rimane della democrazia in Europa.
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