Che sia stato raggiunto il picco del debito, lo grida lo spread e lo sussurrano quelle agenzie che affibbiano rating. Tu, tra l’aumento del costo e la diminuzione del grado di affidabilità nel rimborsarlo, magari imprechi. Per ridurlo, invece, occorre aumentare la crescita economica. Nel rapporto debito/Pil sta la formula.
Orbene, questo Governo prova a farlo con una manovra, fatta prevalentemente in deficit, per aumentare quel Pil. Già quel Pil che misura la ricchezza generata dal sistema economico, la misura così: spesa delle imprese per gli investimenti fissi lordi + spesa pubblica + spesa al consumo = reddito. Quelli che criticano la manovra dicono di un troppo delle risorse impiegate per spesa corrente, di un troppo poco per investimenti. Diamo un’occhiata.
Beh, il Ministro Savona dice: “Attualmente nella manovra c’è un incremento degli investimenti pubblici dello 0,2% nel 2019, 0,3% nel 2020 e dello 0,4% nel 2021. Praticamente nulla”. Poi, per rincuorare/rincuorarsi, aggiunge: “Ma ho ancora fiducia che riusciremo a farli. Possiamo crescere benissimo al 2-3% se riusciamo ad attivare gli investimenti agendo su norme che non sono state fatte da questo Governo (indi da quelli passati, ndr), ma che vanno modificate”. Rincuorati?
Troppa, invece, la spesa corrente? A lume di naso questo tipo di spesa corrisponde ai costi sostenuti dalla Pubblica amministrazione per erogare servizi di pubblica utilità: costi per l’approvvigionamento, per la costituzione, quelli relativi all’erogazione; costi per gli interessi passivi sul debito pregresso. Beh, c’è spazio pure per le “prestazioni sociali”, quelle dove i governanti vorranno caricare la spesa a deficit per il sussidio di cittadinanza ai bisognosi e la riduzione del prelievo fiscale per i non bisognosi.
Già, ma qual è, allora, la soglia del “troppo” per la spesa pubblica corrente? Pontifico: nel fare pure quella spesa che toccherebbe fare ad altri per il vantaggio che ne possono ricavare! Se un reddito dato all’esser cittadino manca di ragione economica la si trova invece quando si spende. Sì perché se la crescita viene generata dalla spesa, non con la produzione né con il lavoro, proprio quella spesa poi genera lavoro e lo remunera. No, non vaneggio: con il fare la spesa pago e smaltisco così faccio nuovamente produrre; mi toccherà ri-lavorare e all’impresa pagarmi con il guadagno di quel che ho speso e, con il capitale che gli resta, investire per ancor meglio ri-produrre dentro un ciclo reso attivo.
Lo scorge l’impresa il vantaggio della mia spesa? Ben altro che investire approfittando di flat tax, all’uopo ordite, o far pagare a Pantalone un sussidio “cittadino” pur avendo già altro da dover sussidiare. Già, un Pantalone liberato può, magari, spendersi nell’attrezzare un ambiente normativo che incentivi la nascita di imprese che siano in grado di fare affari se e quando i consumatori con la spesa rifocillano il potere d’acquisto? Ci sono, nel mondo, grandi imprese che già lo fanno: rende!
Per il Governo, l’occasione di incamerare il vantaggio di poter percorrere la strada della disciplina fiscale senza affanni ed evitare quel dannato rating junk che spezzerebbe la schiena pure a quella spesa corrente indifferibile che fa ancora del nostro un Paese civile!