Due cose, importanti. Primo, qualcuno mi deve 3,60 euro. Non mi importa chi, ma visto che ieri il Financial Times non l’ho potuto solo leggere a scrocco in maniera veloce, ma ho dovuto comprarlo, esigo il trattamento da nota spese, visto che sto per parlarvene. Secondo, appello ai colleghi della stampa autorevole: il Financial Times si compone di due parti (nel weekend addirittura quattro), il giornale vero e proprio e la sezione più tecnica, denominata Companies and Markets. Bene, cari amici, vi offro una notizia e lo faccio gratis: sarebbe buona norma leggere il quotidiano della City per intero, entrambe le parti. E, vi assicuro, la salute – anche degli occhi – non ci rimetterebbe.
Perché dico questo? Semplice, perché ieri tutti i giornali e telegiornali del nostro amato Paese hanno dato conto dell’editoriale del Financial Times dedicato alle trattative di governo fra Lega e M5S, sobriamente titolato Roma apre i suoi cancelli ai moderni barbari. Quando si dice lo stile del giornalismo britannico. Ma, al netto della scelta un po’ sopra le righe nell’uso dei sostantivi, il quotidiano britannico non ha tutti i torti, nel senso che mette sotto la lente d’ingrandimento la sostenibilità del programma economico-sociale dell’esecutivo giallo-verde e trae l’ovvia conclusione: dove trovano le coperture, al netto di un debito pubblico monstre che proprio ieri ha superato di nuovo quota 2.300 miliardi? Insomma, un po’ ciò che dico anch’io da qualche giorno, in punta di realismo. Ma, trattandosi del Financial Times, anche un po’ un esercizio di stile, uno sparare sulla Croce Rossa, un voler ottenere il facile applauso dalle scimmiette ammaestrate della nostra stampa, gente che se arriva un peto da Oltremanica lo applaudono quasi fosse la Nona di Beethoven.
C’è però il problema che evidenziavo nel secondo punto della mia premessa: perché fermarsi a pagina 8 e non andare oltre, addentrandosi fino a pagina 12, la seconda di Companies and Markets? Perché sapete cosa avrebbero trovato i miei pigri colleghi? Il punto di Patrick Jenkins nella rubrica Inside Business dedicato sapete a cosa? Al nostro sistema bancario! E sapete con quale titolo? L’ottimismo delle banche italiane non può mascherare i continui problemi del settore. Evviva! Strano vero? Come mai questo attacco a freddo, proprio mentre Mps pare riprendersi, visto che ha segnato un +20% complessivo e solo lunedì è passato di mano l’1%? Casuale? Non è che a qualcuno, magari Oltralpe, fa comodo questo carico da novanta, questo fare di tutta l’erba un fascio del prestigioso Financial Times? Perché sarà anche un abbinamento che si crea da sé, ma non ricordo attacchi così puntuti verso altri istituti continentali che versano in condizioni ben peggiori delle nostre: forse perché in ossequio ai diktat della Vigilanza Bce qualche hedge fund amico del quotidiano della City sta facendo shopping di Npl a 20 centesimi sull’euro? E, magari, non solo hedge fund.
Stranamente poi, Mario Draghi la scorsa settimana ha parlato chiaramente di unione bancaria e lo stesso ha fatto la Merkel nel suo meeting ad Aquisgrana con Emmanuel Macron: di colpo, nello stesso numero dedicato ai moderni barbari che stanno per impossessarsi di Palazzo Chigi, ecco che le banche italiane vanno debitamente prese a schiaffi ancora un po’. Tu guarda, a volte, le coincidenze. E non stupisce che nessuno faccia notare questa “stranezza”, perché basta fermarsi un secondo a ragionare a mente fredda e immediatamente spunta una domanda: che fine hanno fatto le conclusioni cui sarebbe giunta la famosa Commissione d’inchiesta sul sistema bancario, quella che per settimane ha fornito argomenti ai giornali, più che altro attorno alla disputa fra Maria Elena Boschi, Federico Ghizzoni e Ferruccio De Bortoli? Silenzio totale. Ok, è terminata la legislatura e la campagna elettorale ha coperto tutto, ma ci avevano spacciato quell’organismo parlamentare come una pietra miliare per ricominciare da zero, per ripulire da sospetti e colpevoli un comparto strutturale e sistemico per il Paese: possibile che non si sappia nemmeno se le relazioni finali sono state due, tre o una sola?
In compenso, chi non si scorda del nostro sistema bancario sono la Vigilanza Bce (ringraziate san Antonio Tajani ogni mattina al risveglio e ogni sera prima di coricarvi) e il Financial Times. Non importa che Deutsche Bank abbia dovuto ribaltare i vertici e dar vita a un piano draconiano di tagli, al netto di un desk di investment banking da far impallidire il più spregiudicato ed esposto degli hedge fund: quella è notizia di cronaca, non argomento da puntuto corsivo. Era solo un argomento come un altro o un segnale nemmeno troppo in codice ai naviganti? Perché al netto del deleverage sulle detenzioni di debito pubblico, i nostri istituti sono ancora parecchio esposti alla carta del Tesoro: metti che qualcosa vada fuori giri con il Qe della Bce, come ha fatto notare non più tardi di lunedì il governatore della Banque de France e membro del board dell’Eurotower, Villaroy, predicendo addirittura tassi in rialzo entro trimestri e non anni e allora i guai potrebbero tornare a farsi sentire. Magari non come nel 2011, ma basta poco per creare il panico, si sa com’è il mercato: se poi a palazzo Chigi c’è chi non capisce quando è il momento di attaccare in solitaria e quando, come ora, occorre invece abbozzare e cercare di sfruttare la debolezza e la divisione di interessi fra Germania e Francia, allora si facilita il lavoro a chi ha tutto l’interesse a una bella versione 2.0 del 1992, in modo da poter completare lo shopping a prezzo di saldo dei pochi gioielli di famiglia che ci sono rimasti.
Perché io sarò anche complottista e dietrologo, ma mi pare davvero un eccesso di coincidenze quello che lunedì ha visto Matteo Salvini dire in maniera chiara che il tema immigrazione vede Lega e M5S lontani e che ieri, invece, ha registrato l’ennesima intromissione dell’Ue nella politica italiana, guarda caso ponendo l’accento proprio sulle politiche di accoglienza che non vanno riviste o indebolite. Capite che per quanto io voglia essere raziocinante in questo momento storico, così facendo i populismi non è che li si alimenta, li si tira proprio su come Obelix, gettandoli nel pentolone della pozione magica. Per carità, l’Europa è un club e come tale ha delle regole: se vuoi farne parte, le rispetti, altrimenti ciao. Il problema è che funziona così solo sulla carta. Perché chi ha deciso di dire “ciao” c’è, si chiama Gran Bretagna, ma continua a porre condizioni, veti e diktat sulla politica estera, oltre che inventarsi avvelenamenti di ex spie e finanziare il Circle du Soleil di Al-Nusra, al secolo gli “Elmetti bianchi”.
E poi, perché la Francia può sforare allegramente e noi no? Perché noi abbiamo il debito alto. Vero, ma siamo anche contributore netto, oltretutto con avanzo primario. E poi, scusate, ma occorrerebbe che l’Ue facesse anche pace con il cervello: perché se le ricette di Salvini in fatto di immigrazione possono non piacere, come dobbiamo definire l’aver risolto il problema della rotta balcanica – sgradita alla Germania – coprendo di soldi quello stesso Erdogan che sempre l’Europa attacca per le incarcerazioni sommarie di giornalisti e giudici? E poi, non è stato lo stesso Jean-Claude Juncker a dire che l’Italia ha salvato l’onore dell’Europa nel Mediterraneo, aggiungendo che insieme alla Grecia sono state lasciate sole dall’Ue nella gestione della crisi?
Prima di rompere l’anima alle politiche che forse verranno attuate dal nuovo governo, non è il caso di porre rimedio ai danni e alle incongruenze denunciate in merito dallo stesso capo della Commissione (immagino in uno dei pochi momenti di sobrietà)? E la Francia, lo stesso Paese che utilizza i gendarmi per dare la caccia alle donne incinta a Bardonecchia o che sigilla la frontiera di Ventimiglia, non merita nemmeno un rimbrotto da Bruxelles? Nemmeno un buffetto piccolo, piccolo?
Attenzione, perché per quanto le ricette del governo giallo-verde in fieri siano nel complesso ingestibili e la stessa procedura di consultazione e trattativa quantomeno ormai ridicola, così facendo Europa ed élites (di cui il Financial Times è autorevole e azzimato megafono) non fanno altro che campagna elettorale h24 a Lega e M5S, alimentando sentimenti populisti e anti-europei come legittima reazione a intromissioni, ingiustizie, discrepanze di denuncia e trattamento. Chi è causa del suo male, pianga se stesso. E chi non sa leggere fino in fondo il Financial Times, faccia il favore di imparare. Detto questo, i 3,60 euro del giornale, li voglio.