E così il mitico Cottarelli, colui che per diverse puntate in prima serata ci ha ammaliato con le sue perle di saggezza economica, ha concluso l’annata (e l’impegno televisivo) con una bella intervista, nella quale riepiloga il meglio del suo contorto pensiero. Però prima di affrontare i contenuti di questa intervista occorre avere un po’ di memoria e ricordare che Cottarelli è diventato politicamente famoso perché chiamato dal governo Renzi a svolgere il ruolo di commissario alla Spendig Review, ruolo con il quale doveva indicare al Governo stesso i tagli da apportare per far risparmiare i costi della macchina statale. E occorre ricordare che il nostro stimatissimo ex consulente del Fondo monetario internazionale, dopo un anno di intenso lavoro, produsse un documento (una presentazione stile PowerPoint) di appena 72 pagine (praticamente 6 pagine al mese). E comunque perché lamentarsi: per l’incarico di Commissario lo Stato lo ha pagato circa 250mila euro, mica sciocchezze. E la spending review riguarda noi cittadini, mica il suo stipendio, cosa credevate!?
L’intervista a Cottarelli ridimostra tutta la sua logica ferrea e la sua coerenza. Dirompente fin dall’inizio: “A questo punto me ne vado in America tre settimane, tanto non è cambiato molto. Esagero, ma se guardo i saldi della manovra, questo governo mi sembra un po’ la prosecuzione dei precedenti: simile avanzo primario, solite clausole di salvaguardia dell’Iva, che poi verranno disattivate, rituali promesse che il debito scenderà anche se tutti sanno che non scenderà”. Quindi anche lui sa bene che il debito non scende perché non può scendere, soprattutto quando non si ha la sovranità monetaria.
Domanda: Se fosse stato lei il premier che manovra avrebbe fatto? “Primo, il taglio della burocrazia e la velocizzazione della giustizia civile. Con l’eccessiva pressione fiscale costituiscono i tre elementi che frenano lo sviluppo del Paese”. Ah, con la crisi galoppante in corso, con il gravissimo problema dell’alto tasso di disoccupazione, lui invece penserebbe al taglio della burocrazia.
Domanda: Quindi avrebbe tagliato le tasse? “L’Italia deve crescere e per farlo ci sono solo due modi: fare investimenti pubblici, come dice la sinistra, oppure tagliare le tasse, opzione che viene classificata di destra. Io, non per ragioni ideologiche, avrei abbassato le tasse. In Italia la spesa pubblica ha una qualità troppo bassa, non siamo in grado di gestirla, di sapere dove finiscono i soldi, che vanno in troppa parte sprecati. Se tagli le tasse, sai cosa fai; se investi, non sai dove vanno i quattrini. Certo il livello di investimenti pubblici ora è troppo basso e va alzato. Ma conta la qualità e non solo la quantità”. Quindi pensa al taglio delle tasse, anche se lui stesso ammette che gli investimenti sono troppo bassi. Si conosce il problema, ma non si fa nulla. E soprattutto, come pensa di sopperire alla mancanza di entrate dovuta al taglio delle tasse?
Come avrebbe finanziato il taglio? “Risparmi sono possibili in tutte le aree, tranne quelle per l’istruzione che è fondamentale per dare a tutti una possibilità di migliorare le proprie condizioni economiche e sociali nella vita. Il problema dell’arretratezza del Sud non è solo legato alla criminalità organizzata, che ormai c’è anche al Nord, ma è dovuto in gran parte alla debolezza della scuola pubblica meridionale e alla sua difficoltà a rafforzare il capitale umano. Se i ragazzi crescono senza educazione non sarà il reddito di cittadinanza a immetterli nel mercato. Dovrebbero dirottare sulla scuola i soldi per il salario grillino”.
Questa risposta sul fatto che il vero problema del Sud è l’istruzione mi ha fatto venire in mente il film Johnny Stecchino (interpretato magistralmente da Roberto Benigni) e in particolare la scena nella quale a Benigni viene detto che la piaga più grave di Palermo è “… il traffico!”. Il problema del Sud è la scuola? No, la scuola ha dei (gravissimi) problemi in tutta Italia, non al Sud. Questa del legame tra problemi della scuola (al Sud) e problemi del Sud mi sembra una stupidaggine colossale: vorrei sapere da quali dati è supportata, anche perché non l’ho mai sentita. Per quanto ne so io, molti (ottimi) insegnanti sono del Sud, ma sono diffusi in tutta Italia e quindi non c’è un problema della scuola “al Sud” che non sia della scuola intera.
Andiamo avanti. Domanda: Austerità o no, tutti i governi hanno aumentato il debito. Sorge il sospetto che sia impossibile abbassarlo… “Si abbassa in cinque modi: una patrimoniale gigantesca, la vendita di beni dello Stato, l’uscita dall’euro con il ritorno a stampare moneta, la sua ristrutturazione, ovverosia la cancellazione concordata con i creditori di una parte di esso, oppure un aggiustamento graduale. Se avessimo cominciato con quest’ultima ricetta dal 2015 oggi avremmo il pareggio di bilancio senza aver rinunciato a molto in termine di crescita”.
Oh, finalmente viene detto chiaro e tondo che uno dei modi per abbassare il debito è l’uscita dall’euro. Quanto al resto, la storia e i dati hanno mostrato il fallimento di queste soluzioni: la “patrimoniale pazzesca” non può servire perché un immobile “vale” tot denaro, ma non è denaro e quindi la “patrimoniale pazzesca” (oltre a ridurre sul lastrico diversi settori) non raggiungerà mai lo scopo; la vendita di beni dello Stato sottrae pure profitti allo Stato (e se si tratta di attività non profittevoli, ovviamente non le comprerà nessuno), quindi alla fine si risolve in un danno perché vengono a mancare importanti entrate per il futuro; la cancellazione del debito è una soluzione che prima o poi andrà presa in considerazione, valutando se un debito è iniquo, ma è una soluzione giuridica e non economica; l’aggiustamento graduale è quello valutato positivamente da Cottarelli, il quale come tanti altri suoi colleghi evita di mettere i numeretti per mostrare la fattibilità di una manovra che non appare possibile.
Siamo alle solite: si propone un fantomatico taglio delle tasse, ma non a deficit: si vorrebbe comunque tenere il bilancio in pareggio e quindi si pensa a tagli e “ottimizzazioni”, le quali sono briciole e non possono avere alcun serio impatto sull’economia. Su questo punto pure Cottarelli ha ragione: questo Governo in fondo si mantiene sulla linea dei precedenti, facendo poco meno deficit. Quello che invece ci vorrebbe è un deficit pesante (4% e oltre) per rilanciare gli investimenti, l’occupazione e i consumi. Senza un intervento radicale e di peso finanziario importante, non avremo mai un cambiamento vero. E se la Francia (tanto per citare un esempio) ha potuto fare un deficit pari o superiore al 4% per dieci anni, non si capisce perché noi non possiamo fare altrettanto.
O forse si capisce: noi dobbiamo rimanere politicamente ed economicamente sottomessi. Altrimenti gli avanzi commerciali di altri paesi e i profitti di certi speculatori svaniscono nel nulla. O noi o loro, questa è la reale posta in gioco. E per questo da dieci anni ripeto: siamo in guerra.