DIETRO LA RECESSIONE/ Sapelli: ecco le forze che affondano nostra economia

- Giulio Sapelli

L'Italia è entrata in recessione. La crisi arriva da lontano e di certo è aggravata da alcune condizioni della nostra economia

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Son giunte le cifre dell’Istat ed eccoci dunque convinti che l’Italia sia entrata in recessione. Strano costrutto economico la nostra Italia. La signora Gina non comprende per qual ragione si possa essere in recessione e nel contempo udire e vedere, perché ormai tutto “si vede” con grafici power point e altre diavolerie on line, che la disoccupazione cala! Sono percentuali medie e mediane rispetto agli anni precedenti e si dovrebbe discutere di valori assoluti e relativi e spiegare che cosa sia il Pil… e soprattutto l’Istat non dovrebbe dare in pasto al popolo una notizia cattiva e una buona così da dare un colpo al cerchio e uno alla botte governativamente olimpici. La soluzione dovrebbe essere quella di non parlar più per cifre ma per contenuti: spiegare sinteticamente i fenomeni, illustrare i processi, discorrere insomma di economia e di politica economica e non di algoritmi e di aritmetica applicata al sociale, finendola con la matematizzazione del mondo.

Il problema è che è difficile dire la verità. Ossia che è da circa un anno che:

– primo, la Cina ha smesso di crescere perché sta fallendo il progetto di orientare la macchina produttiva dalla produzione di beni strutturali ai beni di consumo, come dimostra il crollo del sistema bancario ombra e della finanza ombra che domina le provincie e che serpeggia ormai nella costa dei ricchi milionari che cominciano a perdere milioni ogni anno, scendendo la gigantesca montagna delle ricchezze accumulate dentro e soprattutto fuori la macchina del partito e quella delle potentissime forze armate;

– secondo, i Brics di questo lento arrestarsi pagano il prezzo più alto, unitamente all’attacco che alle politiche economiche non ortodosse gli Usa stanno portando avanti dall’America del Sud all’Asia, con effetti devastanti per l’occupazione e la povertà e quindi per i mercati interni

– terzo, l’Europa esporta deflazione con una rapidità sconvolgente, così come avevano previsto gli economisti Usa più intelligenti come Stiglitz e Krugman già da alcuni anni e questo è il prezzo pagato alla disastrosa politica di unificazione della Germania per via monetaria e con artifici tecnocratici che si stanno rilevando devastanti (last but not least) come dimostra la scandalosa decisione di vietare via regolazione la fusione Alstom-Siemens con effetti economici disastrosi;

– infine, il commercio mondiale scende inesorabilmente da molti anni ben prima del protezionista selettivo Trump, come dimostra il fatto che nei trent’anni di globalizzazione non si sia firmato nessun accordo commerciale multilaterale, ma solo accordi bilaterali.

Le banche tedesche danno un tocco di drammaticità al tutto, disvelano il primato di una finanza che è servita a prender tempo, ma che ora si ritorce su se stessa e diviene la forza distruttrice che cova sotto una cenere sempre più ardente.

È il vento del crollo della produttività del lavoro e della caduta del tasso di profitto che alimenta la cenere, grazie agli investimenti nelle reti elettromagnetiche che aumentano i costi di coordinamento di attività che non producono né lavoro, né occupazione, ma piuttosto ne sottraggono.

Gli Usa cercano una mediazione tra la ripresa continua di cicli espansivi borsistici e la sofferenza delle grandi corporations che scendono come numero tra le società quotate e sono gonfie di debiti corporate e di azioni proprie. Le banche centrali non riescono a coordinare un’azione globale e oscillano tra difesa delle banche e distruzione del risparmio privato con tassi bassi o negativi.

L’Italia soffre di tutti questi mali e a essi aggiunge il male profondo: la divisione territoriale e la divisione intraindustriale tra chi esporta e chi non esporta, con un mercato interno sempre più ristretto. Senza investimenti pubblici e privati nessuna crescita e nessun moltiplicatore, ma solo sostegno alla povertà, misericordiosa opera, ben lontana però da una politica di sviluppo.

Dobbiamo cominciare ad avere paura: gli italiani e gli investitori comprano il nostro debito in uno scenario così fragile che quei valori garantiti dallo Stato riguadagnano fiducia. Il quadro si complica:la signora Gina è confusa. Soffre e può far di tutto, veramente di tutto.





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