SPILLO/ La lettera di Mattarella e le promesse mancate dalle banche

- Maurizio Delfino

Mattarella ha promulgato la legge sulla commissione d'inchiesta sulle banche, ma scrivendo anche una lettera ai presidenti delle Camere

telefonata mattarella-macron Sergio Mattarella (Lapresse)

La lettera di Sergio Mattarella ai presidenti delle Camere sembra più quella del professore universitario o dell’ex Giudice della Corte Costituzionale che quella del Presidente della Repubblica. Se dovessimo cercarvi la misura della stima del Presidente per la classe parlamentare saremmo nei guai! Invece di pensare male, meglio osservare la grande sensibilità del Presidente nell’interpretare il suo ruolo di garante e l’attitudine a riversare una passione e una fedeltà alla Repubblica proporzionata ai tempi e al contesto. Fino al limite di quest’insolita e originale novità, cioè la firma con “allegata riserva” di una legge del Parlamento sovrano.

Il tema della lettera, cioè l’avvertenza alla Commissione parlamentare a considerare la specificità, l’autonomia e l’indipendenza delle autorità che ruotano attorno al mondo del credito, nonché l’invito a considerare le conseguenze che mosse o impulsi sbagliati potrebbero arrecare agli effetti vivi e pratici di quelle dinamiche, sono di grande pregio. Anzi grandissimo. Quella lettera nell’avvertire segnala essa stessa e traccia la rotta del delicatissimo mosaico e della prospettiva su cui lavorare. Il rapporto fra i poteri, l’incidenza di questi rapporti con il momento vitale per qualunque Paese (per l’Italia di più) dell’erogazione e allocazione del credito. La quantità di soggetti, enti e autorità coinvolte. Se solo la Commissione parlamentare si limitasse a declinare e sviluppare i contenuti, le ragioni e i fattori dell’avvertenza del professore/Giudice/Presidente, avrebbe già fatto un enorme e proficuo lavoro. Imparagonabilmente più degno della breve sceneggiata della – forse incolpevole – precedente commissione, che si occupava più di farsi raccontare pranzi e invitati che altro.

D’altro canto, se si sfogliano gli atti parlamentari relativi all’istituzione della presente Commissione, si scopre – non senza sorpresa – che il confronto fra i parlamentari è stato civile e appropriato. Specie al Senato, dove l’idea è stata impostata e definita lo scorso ottobre. Poca ideologia, una sana voglia di mettere mano al tema per dare un contributo di funzionalità e di equilibrio. Per vedere se vi sono ruggini o inutili duplicazioni fra gli organi di controllo, se bisogna ridefinire alcuni apparati normativi, se dalle storie accadute c’è ancora da trarre qualche insegnamento. La sensazione, almeno questa, non è quella di un’iniziativa costruita a bella posta per buttare bombe o creare diversivi a uso delle campagne, più o meno elettorali, sempre in corso. Questo al di là delle dichiarazioni roboanti dei leaderini al potere che invocano l’inizio dell’attività della Commissione in nome della Giustizia e dei diritti del mondo dei poveri sudditi vessati e frodati.

Diciamo quindi che il professore/Giudice/Presidente Mattarella si è comportato probabilmente come un saggio padre. Sapendo che la situazione è quanto mai favorevole alle zuffe e sapendo che su questo tema le zuffe e le risse possono portare a conseguenze ingestibili (specie se per caso fosse vero quel che qualcuno prevede, che cioè sta per tornare una crisi economica micidiale, ndr) ha preso carta e penna per ricordare ai Presidi, ops, ai Presidenti delle Camere, di stare attenti a quella classe. Gli ha ricordato lo scopo e i limiti del corso. Forse gli ha persino regalato la traccia per fare bene il compito (ma se siano capaci di leggerla è difficile dirlo).

Quel che piuttosto deve osservarsi ancora una volta, drammaticamente, è il Convitato di Pietra di questa trama. Il sistema industriale interessato, quello finanziario e del credito guardato nel suo complesso. Proprio in forza delle caratteristiche osservate nella splendida lettera di Mattarella, a proposito del sistema interessato da questi temi, si ricava il giudizio che non si dovrebbe arrivare a una Commissione parlamentare su questi argomenti. Avevano promesso – in più occasioni, prima e dopo le banche venete – che sarebbe cambiato tutto. Il rapporto col cliente, la qualità, la velocità e la trasparenza delle comunicazioni, la semplificazione dei rapporti e dei documenti, la collaborazione fra le forze interessate. Avevano promesso nuova fisionomia, nuova faccia e nuove azioni che francamente si fa molta, molta fatica a vedere. Se iniziassimo a leggere il lavoro della futura Commissione (fiduciosi della sua qualità e della sua buona fede) con la domanda se davvero serviva una Commissione parlamentare per individuare quei risultati, avremmo compiuto un grandissimo progresso civile e politico. E industriale.

Perciò il Parlamento accetti con umiltà e gratitudine la lettera del professore e compia un lavoro al riparo degli slogan e della logica dei tweet.





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