In questo momento di pseudo tempesta occorre fare chiarezza e ricordare qual è la vera posta in gioco. Si tratta di una pseudo tempesta perché in fondo largamente prevista e già preventivata dal Governo attuale. Il rigetto del Def da parte dei burocrati europei era scontato, così come il rialzo dello spread e i commenti salaci contro il Governo italiano. Si tratta di un film dalla sceneggiatura ampiamente descritta. Ora c’è da capire come potrà proseguire la storia, tenendo presente i due possibili scenari estremi.
Il primo è quello nel quale, forzato dallo spread a 1000 e dal crollo dei mercati finanziari, il Governo decida di modificare la manovra e, scornato dallo scontro con i funzionari Ue, tagli qualcosa e sostanzialmente ripristini il percorso verso l’austerità. Ma questo è uno scenario che sinceramente mi pare poco probabile, anche ipotizzando un semplice opportunismo da parte dei partiti di governo: infatti, entrambi verrebbero massacrati dal proprio elettorato alla prima occasione utile (ci sono le elezioni europee a maggio del prossimo anno) e questo vorrebbe dire pure prendere meno voti e quindi meno rimborsi elettorali, cioè meno soldi nelle casse dei rispettivi partiti. E se ci aggiungiamo un pizzico dei loro valori, questi cozzano contro qualsiasi gesto di sottomissione all’Ue o di condizionamento sulla legge finanziaria.
L’altra ipotesi è che, alla salita dello spread, vi sia una risposta, una reazione del Governo sulla gestione del debito. Qui le ipotesi possono essere molte, ma qualcuna di queste può essere considerata più probabile perché più facile da attuare senza scontrarsi contro le regole Ue. Tra queste, spicca la possibilità di emettere Bot e Cct al posto dei Btp, la cui emissione decennale costituisce il termine di riferimento per lo spread nel confronto con i titoli tedeschi di pari scadenza.
Infatti, i Btp di vario tipo costituiscono oggi circa l’80% dei titoli emessi dallo Stato, mentre il restante 20% è suddiviso tra Bot, Cct e altri titoli. Ma trent’anni fa non era così e Bot e Ccct costituivano insieme oltre il 70% dei titoli emessi. In altre parole, l’emissione dei titoli di Stato si è spostata da titoli dedicati al risparmio a titoli dedicati alla speculazione e agli interessi dei fondi speculativi. Ma non c’è assolutamente nulla che impedisca allo Stato di riprendere la stampa massiccia di Bot e Cct.
Come detto, questi sono titoli dedicati ai risparmiatori, sono prodotti finanziari adatti a chi possiede anche una somma modesta che in banca in questo momento non rende nulla come interessi. E siccome, com’è noto a tutti, il risparmio privato degli italiani è ingente (oltre 1100 miliardi di euro) è facile comprendere che c’è tutto lo spazio per coprire la somma dei titoli di Stato in mano straniera (circa 700 miliardi). Anche senza ipotizzare un azzeramento dei titoli di Stato in mano straniera, se diminuisce significativamente questo importo la relativa speculazione contraria e la formazione dello spread avrà le armi spuntate. In pratica lo spread si annullerà da solo al semplice annuncio di una simile manovra sull’emissione dei titoli.
Occorre chiarire anche un altro punto: la speculazione contro i titoli italiani ha le armi spuntate in partenza soprattutto per la stretta interconnessione di tutto il sistema bancario europeo: se per ipotesi crollano Banca Intesa e Unicredit, allora crollano anche le banche francesi e quelle spagnole; quelle tedesche seguiranno a ruota. A questo aggiungiamo pure il fatto che Trump non vede l’ora di dare una mano all’Italia e far comprare i suoi titoli, non solo per simpatia e interesse (perché comunque hanno dei rendimenti interessanti), ma anche per fare un clamoroso sgambetto alla Germania e alla Merkel. Insomma, le armi della speculazione contro i titoli italiani sono davvero spuntate.
Occorre una cosa però: che il Governo sia consapevole della propria forza e della debolezza altrui e che sappia e sia pronto ad agire di conseguenza. La congiuntura politica è particolarmente favorevole, perché in questi tempi di attacchi continui da diversi personaggi europei (Moscovici, Juncker) da un sondaggio recente viene fuori che solo il 44% degli italiani voterebbe per restare nell’Ue, risultando così il dato più basso tra i paesi europei, lontano un abisso dalla media europea (66%) e distante anche dalla percentuale della Gran Bretagna (53%).
Occorre quindi consapevolezza politica e volontà politica, soprattutto se si vogliono usare armi di distruzione di massa (dello spread) come i Bot. In ogni caso, come già previsto, sarà un autunno caldo.