EDITORIALE n. 84 – Conoscere, comprendere, spiegare il mondo

- Mario Gargantini

L’apprendimento delle scienze non ridotto a meccanica accumulazione di conoscenze formalizzate ma vissuto come esperienza di ricerca e scoperta personale.

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Può capitare che gli studenti diventino autori. Come è accaduto in questo numero di Emmeciquadro dove due studenti di liceo scientifico hanno illustrato il lavoro sperimentale che hanno svolto, in gruppo con altri due compagni, mentre frequentavano la IV classe e che li ha portati a conseguire il secondo premio nell’edizione 2022 del concorso ScienzAfirenze.
Il concorso aveva come titolo Le domande cruciali nel fare scienza. Fenomeni, indizi, esperimenti e il gruppo di liceali l’ha svolto affrontando fenomeni di caos deterministico: un tema di frontiera della ricerca fisica contemporanea, normalmente estraneo ai percorsi scolastici.
Gli studenti hanno ideato e realizzato un set sperimentale nel quale hanno potuto studiare il comportamento di alcuni oscillatori meccanici provocando le dinamiche non lineari ed evidenziando situazioni di caos.

Quel che più merita di essere sottolineato in questo caso, al di là del lavoro giornalistico dei due liceali, è il tipo di esperienza che hanno vissuto preparando il lavoro da presentare a ScienzAfirenze e ancor più le considerazioni e le valutazioni che hanno sviluppato riflettendo su quell’esperienza.
Il fatto di trovarsi di fronte a situazioni totalmente nuove, contrassegnate da un elevato grado di complessità, ha accentuato il loro desiderio di conoscenza e li ha portati a «immedesimarsi nel lavoro di un ricercatore che non demorde difronte a fenomeni sconosciuti o non pienamente compresi».
Un atteggiamento che può riflettersi positivamente su tutta l’esperienza di apprendimento che dovrebbe essere assimilata a quella della ricerca e ritmata dalle grandi e piccole scoperte personali e non invece, come prevalentemente accade, ridotta alla forzata e meccanica accumulazione di conoscenze formalizzate e di saperi svuotati di ogni prospettiva di senso.

Gli studenti hanno anche sperimentato la portata di alcune dimensioni del lavoro scientifico come la pazienza, il valore dell’errore e la non negatività dei momenti di insuccesso; il rigore e insieme la creatività e il ruolo che possono giocare le intuizioni e la curiosità; come pure hanno potuto apprezzare l’utilità delle competenze pratiche guadagnate nel lavoro in laboratorio, a conferma del fatto che l’esperienza di conoscenza coinvolge la persona nella sua integralità e unitarietà.

Sono riflessioni che esprimono una maturità acquisita lungo il percorso scolastico e indicano il buon esito di un lavoro educativo che non ha avuto bisogno di ribaltare la classe e neppure di diluire le discipline in un indifferenziato collage di conoscenze mobili e provvisorie.

Ha avuto bisogno piuttosto di una chiarezza di proposta nell’indicare gli obiettivi dello studio e dell’intera attività scolastica; che sono, come hanno intuito gli studenti, gli stessi dell’attività di ricerca scientifica: conoscere, comprendere, spiegare il mondo. Sono quelli che in un precedente articolo venivano indicati da Paolo Musso come i grandi assenti nella filosofia della scienza del Novecento, chiusa dentro «un modello di razionalità meccanica e formalistica» dove «la ragione è ridotta alla logica» e dove l’incontro con la realtà non rivela nulla di oggettivo e «tutto si riduce a un gioco di interpretazioni».
Se questo è lo sfondo culturale nel quale si colloca l’educazione scientifica, diventa più difficile proporre la fatica di una conoscenza che non si accontenti di sbrigative semplificazioni e approssimazioni; come pure è arduo ricercare delle spiegazioni che tengano conto fino in fondo dei dati di realtà e non li pieghino alle proprie aspettative ideologiche; infine risulta assente la preoccupazione che la conoscenza diventi comprensione, cioè venga integrata nell’universo personale dello studente e diventi fattore di crescita della persona.

A questo proposito è significativa l’osservazione conclusiva dei nostri due studenti per i quali il lavoro sperimentale sul caos, così come l’hanno impostato e vissuto, ha rappresentato «una svolta» nel percorso di orientamento all’università contribuendo non solo a conoscere meglio aspetti di una disciplina, la fisica, che già li appassionava, ma soprattutto a guadagnare una maggior consapevolezza delle proprie passioni e dei propri interessi, cioè a ricevere un reale orientamento.

 

Mario Gargantini
(Direttore di Emmeciquadro)

 

© Pubblicato sul n° 84 di Emmeciquadro

 

 

 





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