PRESIDENTE PSICOLOGI CONTESTA L’EDUCAZIONE FAMILIARE: “A VOLTE NON HANNO GLI STRUMENTI, QUINDI…”
L’educazione è un tema serio, complicato, urgentissimo e a tratti anche drammatico: in diversi contesti sociali è un problema enorme, spesso con famiglie divise e dilaniate, e con ripercussioni gravissime per la vita e la salute dei giovani: eppure leggere frasi come quelle pronunciate oggi dal Presidente del Consiglio Nazionale degli psicologi, intervistato dal “Corriere della Sera” dopo la circolare del Ministero sull’educazione sessuale (che impedisce le lezioni “gender” in classe senza previa il via libera dei genitori) lascia interdetti, per non dire spiazzati.
Secondo la presidente del CNOP Maria Antonietta Gulino infatti, seppur per il nobile motivo di difendere la salute e la crescita degli adolescenti, in alcuni contesti le famiglie e i genitori non avrebbero «gli strumenti per decidere su temi come l’identità di genere» e appunto per le lezioni sull’educazione sessuale a scuola. Meglio, secondo l’esperta, che siano professori, docenti, educatori e psicologi appunto a portare avanti l’educazione del singolo: per carità, che una scuola pubblica o paritaria che sia possa avere un ruolo fondamentale nella crescita educativa dei ragazzi è fuori discussione (e auspicabile), ma che si arrivi al paradosso di un esperto che “dica” alla famiglia cosa dire/fare/educare ci sembra un “filo” troppo.
Eppure la levata di scudi dopo la circolare del Ministro Valditara sembra proprio andare in tal senso: vista come una mossa illiberale e “conservatrice”, se non quasi vetero-fascista, la richiesta di un consenso dei genitori per i corsi sull’educazione sessuale in classe diventa nuovo motivo di scontro sul tema “gender” nelle scuole.
Il tema lo ripetiamo è delicato, la questione dell’identità di genere e del disagio provocato da un non sentirsi pienamente “sé” col proprio corpo non deve essere banalizzato né preso alla leggera. Ma qui il tema è altro: invece che augurarsi un sano dialogo tra famiglie, scuola ed esperti per il futuro educativo dei giovani, si punta il dito su chi non accoglie determinati tipi di corsi e lezioni, bollandolo quasi come “minus habens” nella comprensione di un fenomeno così complesso.
DAGLI PSICOLOGI ALLE DRAG QUEEN: LA “SOSTITUZIONE” DELL’EDUCAZIONE IN FAMIGLIA
Secondo la presidente degli psicologi italiani, è la scuola che deve essere «luogo di crescita» e siccome così non accade allora è questo il motivo del decadimento educativo e culturale delle giovani generazioni: posto che come sempre non è possibile fare di ogni erba un fascio, etichettando e catalogando problematiche complesse, il metodo proposto da Gulino non convince appieno.
Ha perfettamente ragione quando spiega che gli adolescenti bisogna imparare ad ascoltarli, a comprenderli, a valorizzarli, e spesso su questo la famiglia è responsabile in negativo (per problematiche, mancanze o per dolo): «è necessario sostenere e preparare gli insegnanti e i genitori che non hanno la sensibilità naturale, che non hanno l’occhio allenato» sul comprendere fatti gravi, disagi e sensibilità spiccate.
Per l’esperta occorre rispettare la libertà e l’identità di ognuno, nel concetto che «nessuno è sbagliato», e così afferma che se si è in disaccordo con il consenso sull’educazione sessuale allora è perché sono i genitori ad avere problemi, «e così non risolve neanche il problema del ragazzo». Per la psicologa serve invece «dare gli strumenti ai genitori» per capire, dato che in alcuni casi non lo hanno: in conclusione siamo anche concordi sul fatto che serva comunicazione tra scuola e famiglie, auspicata dall’esperta nella sua interessante intervista sul “Corriere”.
Resta però il problema di fondo di pensare come “insegnare” alle famiglie non un metodo (che sarebbe auspicabile) ma il contenuto di quello che “devono pensare”, e che chi non la pensi così è perché ha un problema da “risolvere”. La vicenda si aggiunge a quanto denunciato negli scorsi giorni dal parlamentare della Lega Rossano Sasso in merito all’incontro tenuto da una drag queen in una scuola di Acerra (Napoli).
Nel video postato emerge come la drag, con tanto di Kefiah palestinese, spiega a ragazzini adolescenti su temi complessi che «spesso, quello che viene costruito a scuola, viene distrutto a casa dalle famiglie». Al di là delle inevitabili polemiche sul fronte gender, qui il tema è più profondo ancora e riguarda appunto l’educazione: è accettabile che si possa arrivare a “decostruire” così l’educazione familiare? O sarebbe più sensato provare a reagire alle inevitabili fatiche dei genitori con un sostegno e un aiuto, e non con una rischiosa “sostituzione” ideologica? Perché è vero che non sempre la famiglia è meglio della scuola, ma è altrettanto vero che ogni “istituzione” deve imparare ad ascoltare e guardare i ragazzi, non a “ideologizzarli”…
Liceo “Munari” di Acerra (Napoli), gennaio scorso.
Guardate il video.
Un pedagogista? Nooo. Uno psicologo dell’età evolutiva? Giammai. Un esperto in scienze dell’educazione? Macchè.
Una drag queen bardata di Kefiah che parla a ragazzini dai 13 ai 17 anni, fa formazione, dice che… pic.twitter.com/vJJzHxmT3Q— Rossano Sasso (@roxsasso) May 4, 2025