“Il Disagio Mentale Professionale negli insegnanti: dalla gestione alla prevenzione”, è il tema di un’indagine Anp-Iard sulla professione docente da cui emerge che tra gli insegnanti il “burnout” è in crescita e che i Dirigenti Scolastici non sanno come affrontarlo. A evidenziarlo sono gli oltre 1.400 questionari compilati da dirigenti scolastici o da collaboratori della Dirigenza, dai quali emerge che due su tre hanno dichiarato di aver «affrontato, almeno una volta in prima persona, casi di disagio mentale professionale». Nella Conferenza stampa di presentazione dei risultati della ricerca il Presidente ANP Giorgio Rembado ha affermato: «Il governo non deve rimuovere un problema derivante dall’unione di due argomenti “scabrosi”, le patologie della scuola (bullismo, violenza sui minori, ecc.) e le patologie mentali, ma farsene carico».
Esiste di fatto un problema di malessere diffuso tra gli insegnanti; occorre però distinguere tra la vera e propria patologia e il disagio che deriva da una grave fragilità educativa. Per questo è da rifiutare una “medicalizzazione” della questione, come invece è stato fatto in Francia, dove si è pensato di affrontare il malessere degli insegnanti con un supporto psichiatrico. Non si nega certo il fatto che là dove si riscontra una patologia sia necessario arrivare all’intervento psichiatrico, e in tempi brevi; non è certo accettabile quanto accade oggi in Italia, dove insegnanti in evidente stato confusionale vengono lasciati in classe, con grave danno per loro stessi oltre che per gli studenti. Classificare però il disagio unicamente come questione psichiatrica, e pensare di risolverlo mettendo uno psichiatra in ogni scuola, è quanto di più sbagliato si possa fare.
Vi è un disagio più profondo di quello psichico: è la stanchezza con cui tanti insegnanti entrano in classe ogni mattina e iniziano la loro lezione senza aspettarsi nulla di nuovo. E’ questa stanchezza il vero malessere dell’insegnante: la mancanza di passione che fa di ogni sua lezione un noioso dovere ripetuto; il disimpegno con la vita che lo porta ad evadere sistematicamente la domanda di senso che ogni mattina gli viene rivolta in tante forme dagli studenti; la percezione negativa della propria professione che lo induce ad avere fastidio dei propri studenti, dei loro limiti, delle loro esigenze. E’ questo il malessere più preoccupante: non un insegnante folle, bensì un insegnante che non attenda nulla di nuovo da quello che inizia ogni mattina. Per questo tipo di insegnante – e non è una rarità – quello che ci vuole non è certo lo psichiatra, ma che ritrovi lui stesso una ragione ideale per cui svolgere quella che con un senso è la professione più bella del mondo, ma senza un senso produce l’abbruttimento dell’umano.
(Gianni Mereghetti)