Ho letto con molto interesse l’articolo apparso sul vostro giornale sulla nuova configurazione dell’istruzione tecnica, in cui si parlava anche dell’opportunità di una integrazione delle Scienze al livello formativo. Mentre osservo che alcuni dei punti sollevati dall’articolista sono pienamente condivisibili, devo però anche rilevare, con riferimento all’introduzione delle Scienze Integrate come unica disciplina capace di superare le articolazioni tradizionali, che una scelta di questo tipo potrebbe comportare gravi carenze al livello formativo, contribuendo a quel processo di “descientificizzazione” del sistema scolastico che l’autore stesso denuncia chiaramente come un pericolo.
È certamente vero che alcuni temi rilevanti sul piano formativo (si pensi all’ambiente, all’energia) non possono essere considerati patrimonio assoluto di una disciplina o di un’altra – e questo probabilmente ha spinto Confindustria verso un’indicazione che forse andrebbe più opportunamente modulata –; da ciò però nasce a mio avviso una terza via, cioè un modello di formazione nel quale integrazione e specificità possano coesistere, mantenendo rigorosamente alle singole discipline spazi formativi adeguati (quindi evitando qualunque riduzione del monte ore a disposizione delle singole discipline) e sperimentando un modello integrato in corrispondenza di temi che realmente lo giustifichino, con corrispondente monte ore imputato alle varie discipline proporzionalmente al relativo peso nel tema.
Per chiarire ulteriormente il mio pensiero, vorrei rifarmi inoltre al contenuto del comunicato congiunto che la SIF (Società Italiana di Fisica), la SCI (Società Chimica Italiana), il CNC (Consiglio Nazionale dei Chimici), la AIF (Associazione per l’Insegnamento della Fisica) e la AIC (Associazione Insegnanti Chimici) hanno diffuso in merito all’insegnamento delle discipline scientifiche nella Scuola secondaria ed al ruolo ad esso assegnato dai regolamenti in approvazione da parte del dal Consiglio dei Ministri. Tali associazioni hanno valutato che questa scelta nega di fatto all’insegnamento scientifico la possibilità di svolgere un compito significativo nella formazione culturale degli studenti e impedisce alla scuola di dare ai cittadini gli strumenti idonei per assumere decisioni consapevoli in una società fortemente tecnologica quale la nostra. Da qui deriva la richiesta che nei nuovi quadri orario di Licei ed Istituti Tecnici e Professionali le diverse discipline scientifiche Fisica, Chimica, Scienze della Terra siano presenti come discipline a sé stanti e siano affidate a docenti specificamente preparati sul piano disciplinare (oltre che didattico/pedagogico) per il loro insegnamento; che esse siano inserite nel curricolo tenendo conto delle propedeuticità e attribuendo ad ogni materia un congruo numero di ore settimanali, anche in laboratorio – non facendone oggetto di taglio, ma di incremento e senza limitare lo studio di questo settore del sapere al solo biennio iniziale.
Ed è proprio quest’ultima riflessione che merita di essere strettamente legata ad un’ipotesi di terza via, mai mettendo in discussione – anzi ribadendola – la disponibilità a collaborare, anche nell’ambito degli esistenti protocolli d’intesa con il MIUR, per la stesura di proposte mirate e articolate, rivolte a caratterizzare l’insegnamento scientifico nella scuola come contributo significativo alla cultura dei cittadini.