Dopo innumerevoli discussioni, dopo che una Commissione (De Toni) ha lavorato ad hoc per qualche anno, incontrata la condivisione del mondo del lavoro con il placet di Confindustria, vista la saggia decisione del Ministro Gelmini di concludere quanto iniziato dal Ministro Fioroni, rompendo “l’abitudine” dei predecessori di ricominciare sempre da capo, sembra concretizzarsi l’ipotesi che nel 2010 prenderà realmente avvio la riforma dell’Istruzione Tecnica e Professionale.
Il mondo della scuola a sua volta sembra dare fiducia all’ipotesi visto che si sono avviate fin dal corrente anno scolastico sperimentazioni volontarie in diversi Istituti Tecnici sparsi sul territorio nazionale, con grande concentrazione in Lombardia, e Confindustria ha, a sua volta, sponsorizzato l’iniziativa denominata “Club dei 15”, una sperimentazione in parallelo che tende ad anticipare alcuni aspetti della riforma nei distretti economici più avanzati del Paese.
Tutto, quindi, sembra preludere ad una buona partenza, ma siamo sicuri che non si stiano facendo “i conti senza l’oste” come usavano dire i nostri nonni?
L’“oste” in questo caso sono studenti e famiglie. Approfondendo i punti salienti della riforma si notano caratteristiche interessanti ed innovative quali l’uso diffuso della “didattica laboratoriale” o un forte peso all’ottima conoscenza, anche nel lessico tecnico, di una lingua straniera, così come i profili in uscita degli indirizzi previsti sono di alto profilo e rispondenti alle esigenze del mondo del lavoro con il quale questi profili sono stati mediati e concordati, ma a quali studenti tutto questo potrà essere offerto?
L’orientamento può essere il tallone di Achille di questa operazione che tende, più che giustamente, a rivalutare l’Istruzione Tecnica e professionale nel Nostro Paese. Abbiamo spesso sentito, anche da esponenti di rilievo dell’Amministrazione Scolastica, una critica alla modalità di orientamento utilizzata negli ultimi vent’anni al termine della scuola media secondo la quale moltissimi docenti si sono limitati (parole loro) alla massima semplificazione: vai bene a scuola? Fai il liceo, hai qualche problema con lo studio? Iscriviti all’istruzione tecnica, ti piace poco studiare? Vai all’istruzione professionale con tutte le conseguenze negative che questa modalità ha portato.
La conseguenza più grave è l’aver portato l’opinione delle famiglie verso un graduatoria di “dignità culturale” dei diversi percorsi puntando ad iscrivere i propri figli al Liceo non per la loro predisposizione o per il loro interesse, ma per una sorta di immagine sociale cui non rinunciare.
Da qui una domanda e due proposte.
Basterà una pubblicità diffusa sull’utilità dell’Istruzione Tecnica (Confindustria Veneta lo ha già fatto lo scorso anno), aprire le fabbriche per visite guidate durante il periodo degli open day o preparare imprenditori che facciano “promozione” nelle scuole? A mio avviso può essere utile per ottenere un incremento di iscritti, poco per una rivalutazione dei percorsi.
Prima proposta: puntare sull’aggiornamento dei docenti “formatori” che saranno impegnati nel difficile compito dell’orientamento nei prossimi anni affinché siano forti indicatori predisposizione, interessi e potenzialità dei singoli studenti.
Seconda proposta: mi sono chiesto: cosa deve offrire l’Istruzione Tecnica per convincere uno studente (e la sua famiglia) che termina con un’ottima valutazione gli studi della secondaria di primo grado perché ne sia attratto e decida di iscriversi? Oggi la famiglia chiede soprattutto che il figlio venga inserito in una classe il cui livello medio sia buono, nella quale i docenti non siano costretti ad abbassare i livelli culturali per aiutare la maggioranza in difficoltà, in cui la spinta ad ottenere risultati di qualità sia buona. Da qui, vista la linea di indirizzo del Ministro Gelmini che punta sul merito e sulla qualità degli apprendimenti, sarebbe “scandaloso” pensare che ogni Istituto Tecnico avesse al suo interno una o più sezioni il cui accesso sarebbe permesso solo a studenti con buoni risultati ottenuti nella scuola media e che avessero superato un test di ingresso che ne valuti conoscenze di base, potenzialità e predisposizione? Potrebbero essere “sezioni traino” verso una nuova istruzione tecnica di qualità nelle quali poter sperimentare con successo quanto propone la riforma e raggiungere gli obiettivi previsti dai profili in uscita.
È una provocazione? Sì, ma ritengo che la rivalutazione “sociale” dell’Istruzione Tecnica non può che partire dalla qualità potenziale degli studenti che la frequentano.