Nella scuola italiana accadono cose incredibili: esiste una convinta, totale condivisione del fatto che l’autoreferenzialità rappresenti il suo male profondo, il morbo che la incancrenisce. Ma tutto si ferma qui, a livello di denuncia astratta, generica, inconcludente: poco si fa e nulla si è fatto per restituire incisività efficace al servizio.
L’assenza della cultura dell’organizzazione è l’origine di tale negligenza.
L’assunzione della dottrina del corretto e buon amministrare come ambito di definizione conduce a denotare l’autoreferenzialità con le situazioni in cui le funzioni/figure di controllore e controllato coincidono: tipici i casi dell’attore che scrive la critica del proprio spettacolo e quello di un ricorso avverso l’esito di un esame che è sottoposto alla commissione esaminatrice responsabile del giudizio.
E’ quanto avviene nella scuola: il voto, che il docente esprime per stabilire il profitto degli studenti, è assunto come parametro di valutazione del suo insegnamento. Lo dimostra la prassi di lettura dei tabelloni dei voti esposti alla fine dell’anno: orizzontalmente esprimono la valutazione del profitto di uno studente, verticalmente indicano la validità dell’insegnamento di una materia.
Anche il giudizio sulla scuola, espresso dall’istituto scolastico provinciale dipende dalla quantità dei successi scolastici, dal numero degli studenti che concludono positivamente l’anno o il corso di studio, esiti derivanti dai voti espressi dagli insegnanti. Il mondo universitario vive la stessa situazione: in sede europea il giudizio sulla formazione accademica deriva dal numero dei laureati.
L’applicazione di due principi delle scienze dell’amministrazione consente di ridare alla scuola un assetto strutturale corretto e funzionale: 1. Per governare un’organizzazione e per garantire l’efficacia della sua attività si deve operare sui processi, non sui prodotti: nella scuola è necessario monitorare i procedimenti della progettazione educativa e della progettazione dell’istruzione, non limitarsi a misurarne gli esiti; 2. I controlli, intesi come rilevazione dello scostamento obiettivi-risultati, devono essere temporalmente differenziati: la valutazione della fattibilità di un progetto è la necessaria premessa a ogni attività (controllo antecedente), l’osservazione dell’evolversi dei processi è essenziale al loro monitoraggio (controllo concomitante), la verifica dei risultati conseguiti conduce alla determinazione dell’efficacia dell’attività svolta (controllo susseguente).
Alla parola “progettazione” deve essere attribuito il suo autentico significato.
Riformulando: per incidere sulla qualità dell’istruzione è necessario agire nelle fasi di ideazione e applicazione delle strategie gestionali, le variabili da cui dipende la validità del servizio.
L’Istituto Nazionale per la VALutazione del SIstema educativo di istruzione e formazione non opera in conformità a tale assunto, in quanto esercita un controllo susseguente: valuta l’efficacia dell’attività scolastica. La sua idoneità al miglioramento della qualità del servizio è molto, molto remota. Esso effettua misure sull’esito dell’attività delle scuole quando tutto è ormai è compiuto, a bocce ferme. Le sue rilevazioni, la cui importanza non è in discussione, hanno natura storico-statistica: quale incidenza possono avere sul monitoraggio dei processi d’apprendimento se l’osservazione riguarda il passato, se è sfuocata perché fatta da lontano, se non può prendere in esame le ipotesi che le singole scuole hanno formulato, se è relativa a un ambiente in vorticoso movimento?
Sono le procedure di controllo antecedente e di controllo concomitante che forniscono le leve per governare il sistema formativo/educativo/d’istruzione.
La prima forma consiste nella valutazione e nell’accertamento dell’idoneità e della possibilità di realizzare i progetti educativi ipotizzati e formalizzati dal collegio dei docenti e dai consigli di classe. La valutazione è fatta alla luce degli obiettivi strategici (Collegio) e tattici (Cdc), nel rispetto dei vincoli derivanti dalla disponibilità delle risorse.
Si tratta di procedimenti tipici delle tecniche del controllo di qualità, introdotte nella scuola ma snaturate e svuotate del loro potenziale razionalizzante, in tutta Italia.
Il controllo concomitante è da effettuare a intervalli prestabiliti e consiste nel monitorare l’andamento della gestione attraverso la rilevazione dei risultati che via via si manifestano.
Per individuare gli ambiti in cui sarà esercitato, si ricordano le fasi della vita e dell’attività della scuola, desunte dall’ordinamento vigente: 1. Il Collegio dei docenti “cura la programmazione educativa” definendo gli obiettivi in termini di capacità e ipotizzando le strategie per il loro conseguimento e “valuta periodicamente l’andamento complessivo dell’azione didattica per verificarne l’efficacia”; 2. Il Consiglio di classe coordina l’attività didattica per stabilire come far convergere tutti gli insegnamenti verso i traguardi deliberati dal Collegio;
3. I docenti progettano e gestiscono “occasioni di apprendimento” per conseguire sia gli obiettivi del consiglio di classe, sia per trasmettere una precisa e articolata immagine della disciplina insegnata.
Assetto strutturale (Decreti Delegati 1974) che è frutto del “principio di distinzione tra le funzioni di indirizzo e controllo spettanti agli organi di governo e le funzioni di gestione amministrativa spettanti alla dirigenza”, norma riaffermata dalla legge 4 marzo 2009 art 6/1 che, nella scuola, non ha mai trovato applicazione.
Sia il Collegio, sia il Consiglio di classe operano sulle capacità. Si può pertanto pensare a un unico soggetto incaricato del controllo: un organo consultivo del Collegio composto, in massima parte, da docenti. La sua attività riguarderà, principalmente, la predisposizione di questionari, operazione che potrebbe far tesoro di quanto si fa a livello nazionale. A tal fine si può immaginare cosa può essere accaduto nelle riunioni degli estensori dei test Invalsi. Il lavoro di progettazione è iniziato con la definizione dell’oggetto della rilevazione; solo in seguito gli item sono stati ideati: la determinazione della sostanza di un quesito dipende sia del traguardo da raggiungere, sia dalla composizione logico-funzionale dell’intero fascicolo.
Da tale considerazione discende: le domande, singolarmente prese, sono portatrici di scarso significato proprio come una tessera di mosaico non permette d’immaginare la rappresentazione musiva.
La prova di matematica, ad esempio, mira alla determinazione dell’intensità delle capacità di risolvere problemi, di rappresentare, di misurare, di congetturare, di verificare, di giustificare, di definire, di generalizzare … (Cfr. lucidi seminari provinciali Invalsi).
A rinforzo di quanto detto, si ricorda che le capacità sono processi, di cui le abilità sono un momento del loro evolvere: gli item, che focalizzano abilità, trovano il loro autentico significato solo se sono incastonati all’interno del loro habitat naturale, le relative capacità.
Il sommare e il sottrarre sono abilità che afferiscono alla competenza specifica “eseguire calcoli”, che è sottordinata alla competenza generale “risolvere problemi aritmetici”, che rende visibile la capacità “risolvere problemi”.
Può essere utile sottolineare che la coincidenza del carattere qualificante del singolo item con le abilità trae origine dalla necessità d’ottenere risultati standardizzati e comparabili, caratteri essenziali per un’indagine nazionale. Quesiti troppo articolati, approcciabili con una varietà di criteri, impedirebbero tale uniformità.
A livello locale, invece, è possibile mettere a punto situazioni in cui le capacità siano sollecitate direttamente. Ecco un esempio mirato a ottenere risposte rapportabili a: “Indagare e rappresentare la realtà assumendo un’ottica sistemica”.
Quando ogni corda di una lira è accordata in modo lidio e tutte vengono toccate una per una, senza essere suonate insieme in armonia,certamente ognuna darà da sola la sua nota.
Ma l’armonia che si ottiene quando vengono suonate insieme è chiaramente diversa dal suono di ogni corda presa singolarmente.
Perché l’associazione di tutte crea una forma che non è presente nell’accordo spezzato.
Così la tonalità dell’armonia quando tutte le corde suonano assieme (anche se non distanti tra loro) è diversa dalla tonalità ottenuta suonando ogni corda singolarmente, eppure è la stessa cosa, nel senso che nessun suono si aggiunge ai suoni singoli, quando essi esprimono nella loro unione la forma dell’armonia
J. Philoponos, VI° secolo dC.
COMPITO: inventa un proverbio per compendiare (riassumere) il concetto sovraesposto.
Due esempi possono essere utili per chiarire la richiesta:
“La gattina premurenta ha fatto i gattini ciechi” non parla di gatti ma richiama l’opportunità di riflettere prima di agire;
“Se vuoi la pace prepara la guerra”, “Chi si fa pecora il lupo se lo mangia” esprimono lo stesso pensiero.
Ricorda che la tua comunicazione sarà tanto più efficace quanto più breve sarà la tua asserzione.
Si trascrivono alcune risposte elaborate dagli studenti per mostrarne il contenuto informativo afferente alla capacità vagliata:
“Una casa è una casa; tante case una città”.
“2+2=5”;
“Le frasi sono parole ma le parole non sono frasi”;
“Le lettere sulla sabbia svaniscono”;
“Ogni squadra ha tanti giocatori ma, senza allenatore, le qualità individuali vanno perdute”;
“Il mare è formato da gocce”;
“Se vuoi vincere l’incendio butta l’acqua ma circonda il fuoco insieme agli altri”.
Si prenda ora in considerazione il lavoro del docente. Le sue funzioni principali sono: promuovere l’apprendimento e valutare il profitto degli studenti.
Ecco emergere il nodo critico: la coincidenza tra controllato (chi promuove l’apprendimento) e controllore (il valutatore).
Un modello per superare l’anomalia lo offre l’insegnamento dell’educazione fisica: il lavoro del docente che appronta una gara di salto è volto a illustrare le tecniche utilizzabili e a correggere le prestazioni con l’indicazione di come queste debbano essere modificate (verifica formativa). La misura e il riconoscimento dei risultati (verifica sommativa) spetta al giudice di gara.
Riepilogando. È necessario costituire un soggetto, differente dall’insegnante preparatore, che rilevi gli esiti delle attività di insegnamento: potrebbe corrispondere a un organo consultivo del dipartimento disciplinare.
L’arricchimento dell’organigramma con la nuova entità è funzionale alla pratica della progettazione dell’istruzione (DPR 275/1999): i dipartimenti disciplinari hanno un interlocutore che sollecita la formalizzazione degli obiettivi dell’insegnamento da sottoporre a controllo. Si tratta di elaborare repertori di competenze che descrivono i comportamenti che gli studenti esibiscono per dar prova del possesso delle capacità elencate nella delibera dal collegio. I dipartimenti, inoltre, formulano ipotesi sui percorsi didattici da praticare e mettono a punto le relative strumentazioni.
L’introduzione del nuovo organismo non incide e non mortifica il lavoro del docente, anzi, ne valorizza la progettualità. La valutazione delle prove fatta da un organismo terzo, inoltre, non può determinare meccanicamente promozioni o bocciature. I risultati scolastici dei singoli studenti, attribuzione e responsabilità del consiglio di classe, derivano da analisi di natura longitudinale. Gli insegnanti, collegialmente, soppesano i progressi compiuti, li ponderano con le specifiche situazioni personali, vagliano gli esiti conseguiti in tutte le materie: ogni voto inquadra la personalità dell’allievo, non il suo rendimento nei singoli insegnamenti.
La proposta qui formulata deve essere intesa come una rivisitazione della professionalità del docente: in un ambiente socio-culturale in tumultuoso e vertiginoso movimento in cui “bisogna correre con tutte le proprie forze solo per rimaner fermi” il controllo, presupposto della governabilità, rappresenta il timone del sistema scolastico. Situazione che non è stata percepita sia per l’assenza della cultura dell’organizzazione, sia perché i gruppi di lavoro, che negli anni si sono succeduti al ministero per concretizzare ipotesi d’innovazione, hanno avuto come riferimento, costante e intangibile, il modello universitario.
Il fatto che esista una divergenza inconciliabile tra la finalità dell’insegnamento accademico con quella del sistema formativo, di educazione e istruzione è stata bypassata, nel silenzio assoluto. Questa è la causa scatenante il male della scuola.
Bisogna infine rigettare con forza l’idea che il controllo nasca per giudicare e tenere al guinzaglio gli insegnanti. Al contrario: esso rappresenta l’orizzonte verso cui muovere al fine di riqualificare e ridare dignità al lavoro scolastico.
Considerazione conclusiva. Quanto scritto illumina lo scenario su cui si svolge il dibattito conoscenze vs competenze: i programmi degli istituti tecnici contemplano, tra gli argomenti di studio, concetti, principi e forme d’organizzazione.
I fatti dimostrano che, nonostante tali tematiche siano affrontate e approfondite in aula, la dottrina dell’organizzazione è rimasta al mero livello acquisitivo/descrittivo: la problematicità della strutturazione del servizio scolastico non è stata percepita, affrontata, risolta. Nei POF, infatti, non c’è traccia degli adempimenti relativi a “L’organizzazione e la programmazione della vita e dell’attività della scuola” (TU 297/94) e alla progettazione organizzativa (DPR 275/99).