Analisi del testo, saggio breve, articolo di giornale… Sembra roba da esperti, perlomeno da laureati, non certo alla portata di un qualsiasi studente di scuola superiore. Non lasciamoci però ingannare dal suono di queste parole, non buttiamoci a capofitto, a priori, sulla tipologia D (tema di ordine generale), solo apparentemente più abbordabile, in realtà piena di rischi, e ci vorrebbe un altro articolo per spiegarlo.
Intanto per tutto il triennio, sicuramente in tutto questo anno scolastico, di prove ne sono state fatte tante, sappiamo bene di cosa si tratta, per che verso bisogna prenderle, insomma, queste tipologie di prima prova alla maturità. E poi certo bisognerebbe avere la fortuna di incappare in un qualche autore noto, sarebbe forse troppo sperare di aver già visto anche il testo… ma non si sa mai (vedi la traccia facile facile su Svevo dello scorso anno).
Qualora dunque alla maturità si verificasse questa favorevole condizione, perché non scrivere di letteratura? Non si tratta di dimostrare competenze da filologo, o l’acquisizione di una tecnica di analisi o alte capacità dialettiche; in realtà la struttura di queste prove nasconde un rischio di questo tipo e molto conta come si è imparato ad accostarsi alla letteratura. Certo è che le prove più riuscite sono sempre quelle in cui ha prevalso l’intelligenza e la creatività. La letteratura è il dialogo con una, mille voci che interpellano la nostra mente e il nostro cuore. Per questo tutti gli studenti, alla maturità, possono scrivere di letteratura lasciandosi interrogare dai testi proposti. Inoltre, date queste condizioni, è molto più facile svolgere un’analisi testuale o un saggio breve, dove si hanno sotto gli occhi un sacco di informazioni, di spunti, un percorso segnato da ricreare alla luce di una personale interpretazione, piuttosto che un tema di attualità trattato con luoghi comuni e genericità dato che non si possiedono valide informazioni e forti convinzioni a proposito.
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Ad ogni modo, il punto chiave anche per lo svolgimento di una argomentazione letteraria è quello della comprensione. Innanzitutto occorre comprendere bene le richieste della traccia per potervi rispondere in modo preciso ed esauriente. Le domande che troviamo nelle analisi del testo proposte all’esame di maturità sono di solito divise in tre parti: domande di comprensione, domande di analisi, domande di contestualizzazione o approfondimento o interpretazione. Capita spesso che gli studenti, nell’ansia di dimostrare il maggior numero di conoscenze possibili, si dilunghino eccessivamente nelle risposte dei primi due gruppi, includendo informazioni non sempre pertinenti e opportune.
Se viene richiesta una sintesi, un riassunto o una parafrasi del testo o l’individuazione di temi, è bene dimostrare di saper fare queste operazioni in modo semplice, chiaro e corretto, poiché esse sono la prova di quanto si è davvero compreso il testo. Lo stesso criterio vale per le domande di analisi, che possono essere sia tematiche che formali ma in ogni caso hanno lo scopo di verificare se il lettore ha chiaro il significato profondo di tutti gli elementi che costituiscono il testo ed il rapporto tra essi. In queste parti è da evitare l’uso di espressioni tipo “secondo me”, “ a mio avviso”, ecc. È bene attenersi all’oggettività richiesta ma già l’attenzione, la cura con cui si elaborano le risposte è un tratto soggettivo di chi scrive.
Lo spazio più ampio per esprimere conoscenze personali è quello del terzo gruppo di domande. Le richieste possono essere di vario tipo: contestualizzare nello sfondo storico-culturale, confrontare con testi dello stesso autore o di altri autori del periodo. Attenzione però a non rispondere in modo generico, esponendo o elencando tutte le informazioni studiate sul manuale, tanti concetti astratti senza legami con il testo in esame. Un elemento di valore è il saper porre paragoni precisi tra testi e autori dimostrando preparazione, conoscenze e lettura critica. A scuola la chiamiamo “rielaborazione personale”.
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È una capacità elementare ma fondamentale quella che deve possedere un buon lettore: comprendere i testi che sono sottoposti alla sua attenzione. Non è un’attività scontata, semplice come si potrebbe pensare immediatamente. Ci sono testi più o meno complessi, ricchi di sfumature e di significati che tanto cambiano col cambiare delle epoche e dei lettori.
Occorre un certo allenamento per poter rintracciare, quindi, il nucleo dei significati base riconducibili alle intenzioni dell’autore. Così il giorno della prova di maturità davanti al dossier fornito dalla traccia del saggio breve ci si deve fermare a lungo, leggere attentamente per cogliere nessi e relazioni tra i documenti, intuire possibili percorsi da praticare e da arricchire con personali conoscenze.
Il compito di chi scrive è innanzitutto quello di confrontarsi con le idee di chi ha scritto e qui si misura il valore, la “maturità”. E in fondo è una sfida affascinante, direi un divertimento: ascoltare le idee degli altri, prendere quelle che più ci convincono o emozionano e farle nostre, criticare quelle che non condividiamo, trovare nuove idee e parole per esprimere il nostro pensiero.
Quando si è capaci di pensare sensatamente e autonomamente si è maturi. Scrivere significa innanzitutto pensare. Il che non si risolve in un mero raziocinio ma implica il coinvolgimento dell’intera capacità affettiva, tanto più se si ragiona di letteratura, dove ogni vero incontro tra lettore e opera è “esperienza di sé nell’esperienza dell’altro” (H. R. Jauss).
(Alessandra Tesei)