QUITO – Siamo a Quito, a 3mila metri di quota, nelle invasiones, i quartieri marginali della capitale. Quelli più popolosi e informali privi di servizi, come acqua, fognature, strade asfaltate. Nei giorni scorsi, anche qui, come ogni anno, è ricominciata la scuola. Ma una scuola davvero un po’ speciale.
L’aveva cominciata ancora prima don Dario Maggi (attuale vescovo della cittá di Ibarra, ndr) nel 2002 in quelle campagne isolate, calde e senza acqua della provincia di Manabí, a circa 300 chilometri da Quito. Don Dario era rimasto colpito da una certa modalità di fare scuola ai bambini più piccoli, in attesa della loro entrata alla scuola elementare, inventato in quel di Galizia. Un programma prescolare rivolto ai bambini e realizzato in casa, il cosiddetto “Pelca” (prescolare in casa), che attualmente accompagna circa 500 bambini in tutto l’Ecuador e altri mille ne ha accompagnati in questi ultimi nove anni con il sostegno a distanza.
L’idea è molto semplice e parte dall’evidenza che i genitori e più in generale la famiglia sono i soggetti dell’educazione del bambino, e che gli stessi possono conseguire ottimi risultati se possono contare sulle necessarie conoscenze. “Quando Dio dona i figli, conferisce ai genitori anche le capacità per educarli”. Se i primi cinque anni di vita del bambino sono i fondamentali per la crescita della sua personalità, altrettanto lo sono i genitori che, per natura, li introducono alla realtà. Cosa c’è di meglio, quindi, di un sistema pre-scolastico attento ai bisogni del bambino alla scoperta di tutto ciò che la relazione con i genitori e la vita nella casa e nella comunità può rappresentare come input per la crescita e l’apprendimento? Insomma, una vera e proprio scuola in casa per quei genitori che per scelta o necessità trascorrono il loro tempo all’interno della propria abitazione.
Portare l’educazione nelle case, soprattutto in quelle isolate e in villaggi difficili da raggiungere, ha segnato un passo importante. E non si tratta di case belle e con tutto ciò che uno immaginerebbe. No, qui in questa area andina nella quale lavoriamo, le case sono semplici e umili, al massimo di 25 metri quadrati. I servizi igienici sono “all’aperto” e gli spazi per la cucina sono molto piccoli. Nel migliore dei casi, la vita ruota attorno a un tavolo, al letto, che fa anche da poltrona e da sofá. A volte ci sono delle sedie. Attorno alla casa c’è poi il cortile, l’orto o il giardino. Comunque un pezzetto di terra.
Qui tutto, ma davvero tutto, ruota attorno al ruolo della famiglia, al rapporto con i genitori e, in particolare alle mamme. Ragazze giovani che hanno anche solo 17 anni e sono già madri. Per cultura si dedicano completamente ai loro figli, in media ne hanno 4 o 5, cucinano e si occupano della casa. Il padre, solitamente, è occupato in lavori saltuari e informali. Quasi sempre nel campo delle costruzioni, come muratore, che gli permette di guadagnare per mantenere, sempre con fatica, la sua numerosa famiglia. Una famiglia presente, viva, anche se povera. Una bellezza da sostenere.
Poi ci sono anche molte mamme rimaste sole, abbandonate dal marito e costrette a vivere con i genitori. Oppure madri occupate nel lavoro durante tutto il giorno, ma che quando rientrano a casa, di sera, anche se per poco tempo, si preoccupano di stare con i loro figli. Gli dedicano tempo e affetto. Tutte madri che vogliono fare con i figli almeno una delle attività che le educatrici del programma prescolare Pelca hanno insegnato.
Sì, perché il Pelca è una vera e propria scuola. Le mamme, ogni 15 giorni, vanno con i lori figli alle “riunioni” con le educatrici, in un centro messo a disposizione dalla parrocchia della zona. Lì incontrano altre mamme con figli – normalmente non piú di 6 o 7 – con le quali trascorrono tutta la mattina. C’è poi anche una comunitá, talmente isolata, che l’educatrice raggiunge con lo zaino in spalla ogni 15 giorni e dopo un viaggio con una camionetta per 20 minuti. Da queste parti, comunque, risulta normale per i nostri genitori camminare almeno mezz’ora per raggiungere le riunioni.
Ogni volta viene proposto un tema formativo che viene approfondito utilizzando dei testi, piccoli libretti, semplici ma molto utili. Si affrontano così tematiche legate alla nutrizione, sviluppo del bambino, creativà e disegno infantile. Tutti argomenti che ruotano attorno alla famiglia, alla casa, così come evidenziano paure o problemi, come per esempio gli incidenti domestici, aiutando le mamme a evitarli. Si parte sempre da esperienze, delle madri e delle educatrici.
Molto spesso queste lezioni in casa diventano lo spazio nel quale le donne si sentono libere di raccontare delle loro difficoltà, anche nei confronti dei mariti, oppure con la vita in generale. Insieme si sostengono e si danno coraggio. Poi c’è l’attività educativa con i bambini, i quali – nel frattempo – hanno giocato liberamente tutti insieme sul tappeto. Ogni mamma possiede un quaderno sul quale nel corso dei 15 giorni sviluppa i semplici compiti che le educatrici le hanno dato per stimolare il bambino nello sviluppo delle sue capacità cognitive. Ed è proprio in quel momento, durante la riunione, che la mamma dimostra con il proprio figlio quanto ha imparato! Infine, una dinamica di gruppo, una canzone o un lavoro manuale, una preghiera e tutti a casa per rivedersi dopo 15 giorni.
In questi anni i rapporti sono cresciuti tra le educatrici con le mamme, così tanto che le madri non perdono occasione per cercarsi e vedersi. Insieme hanno creato una famiglia ancora più grande, partendo da un semplice programma prescolastico. Non solo, già da alcuni anni, il Pelca è stato l’origine a Quito di cinque piccoli asili nelle case delle mamme più disponibili, in modo da permettere ad altre mamme di andare a lavorare; inoltre, è nata anche una scuola materna a tempo pieno per 35 bambini i cui genitori non solo avevano bisogno di andare a lavorare, ma anche necessitavano di un luogo che li prendesse per mano e da cui imparare quella cosa tanto bella e difficile allo stesso tempo che è educare un figlio.
E le educatrici? Donne con figli, che vivono in quei quartieri e nelle stesse condizioni delle altre e che per questo conoscono meglio di tutti i bisogni della loro gente. Donne che in questi anni si sono formate completando gli studi obbligatori dapprima e specializzandosi poi con tantissimi sacrifici, di tempo e di soldi. Vivere in questi quartieri significa anche affrontare problemi logistici a volte davvero difficili: per raggiungere la città, per esempio, ci vogliono quasi due ore.
Queste donne sono andate al fondo anche della loro esperienza umana di madre, moglie e amica, perché durante gli incontri, durante le lezioni in casa, si parla anche di amicizia, di incontro e di condivisione. Questi quartieri nati attorno a Quito sono luoghi sorti 25 anni fa causa le invasioni di grandi terreni abbandonati da parte di gruppi di persone provenienti da tutto il paese. Tutte persone di razze diverse, di etnie diverse, ma tutte in cerca di una terra dove costruire la loro casa e in cerca di lavoro in città. Quartieri caratterizzati dalla violenza, così come dall’indifferenza e dalla solitudine.
E tutto questo che si fa, che sembrerebbe cosí semplice e “artigianale” ha certamente un valore profondo nel quadro dei nuovi cambiamenti anche legislativi che stanno avvenendo qui in Ecuador, nel contesto dei quali il programma educativo Pelca potrebbe inserirsi. In questi anni abbiamo visto, in queste donne, un grande cambiamento nella percezione del valore della propria persona e delle proprie capacità, a cominciare dalle educatrici.
Abbiamo visto aumentare la stima di sé e la coscienza della propria dignità fino ad affrontare – e in alcuni casi risolvere – situazioni di vero e proprio maltrattamento fisico e psicologico da parte dei mariti. Un fenomeno purtroppo molto diffuso qui in Ecuador a cui le donne rispondono nella maggior parte dei casi con rassegnazione e passività.
In questi anni, abbiamo visto crescere il desiderio di vivere, riflesso in molti casi nella ripresa degli studi e nell’educazione dei propri figli, dedicando loro molto più tempo e cercando di coinvolgere anche il proprio marito. Abbiamo così potuto vedere l’effetto che questo movimento nella persona produce sull’educazione dei figli fino alla scuola elementare, quando i bambini incominciano la nuova tappa maggiormente sicuri di sé e affettivamente stabili, con importanti risultati positivi sull’apprendimento.
Tanta strada si è fatta con il Pelca. Oggi il curriculum è in corso di analisi per il riconoscimento presso il ministero dell’Educazione. L’educazione infantile, infatti, qui come nel resto del mondo che sta “crescendo”, ha acquisito una certa rilevanza. Rientra in uno degli obiettivi del millennio. Il metodo del Pelca, centrato sulla figura di un adulto che si prende cura del bambino, come persona con una propria unicità, sulla famiglia come luogo di educazione, sulla comunità come luogo di vita della tradizione, ha mostrato un’efficacia che merita di essere presa in seria considerazione.
(Stefania Famlonga, responsabile AVSI in Ecuador)