Stamane il Senato vota la fiducia sulla legge di Stabilità. Infine il provvedimento, dopo il via libera di palazzo Madama, tornerà alla Camera per la lettura e l’approvazione definitiva, che sarà l’ultimo atto di questa legislatura. La legge, che ha incamerato il milleproroghe, è diventata un contenitore delle voci più disparate. Si va dall’aumento del fondo per la Cig in deroga ai finanziamenti della Tav Torino-Lione, passando per il fondo di finanziamento ordinario (Ffo) dell’università.
Proprio sull’università è arrivato ieri l’allarme del ministro Profumo, che ha parlato di atenei «a rischio default». «Se l’università non viene finanziata è perché chi governa, e chi ha governato, non considera l’università una risorsa per il nostro paese» dice a Ilsussidiario.net Mattia Sogaro, presidente del Cnsu (Consiglio nazionale studenti universitari). Qualcosa, però, si muove. Infatti il Coordinamento liste per il diritto allo studio (Clds) è riuscito a presentare come emendamento al Senato un credito di imposta per i privati che vogliono finanziare le borse di studio.
Sogaro, mentre il ddl stabilità è al Senato, il ministro Profumo ha lanciato l’allarme default per più di metà degli atenei. Servono 400 milioni, ha detto. Che ne pensa?
Credo che il ministro sia giustamente allarmato, come del resto tutti i soggetti protagonisti del sistema universitario che si sono ritrovati concordi nel firmare lo stesso documento. Effettivamente sta emergendo un problema di risorse non da poco, e che mette a rischio un numero non indifferente di atenei del nostro paese. Ciò che più allarma è che, proprio quando in Italia è stato introdotto un sistema di valutazione in grado di evidenziare gli atenei più scarsi per rendere più efficiente il sistema universitario, l’analisi del merito debba essere preceduta, e quindi annullata, da una scrematura fondata esclusivamente sul bilancio. Con l’istituzione dell’Anvur, infatti, sarebbe possibile individuare con precisione quali sono gli atenei inefficienti, predisponendo interventi correttivi e arrivando, se necessario, sino al commissariamento.
Come si è arrivati a questa crisi di fondi che rischia di affossare il sistema universitario?
Se l’università non viene finanziata è perché chi governa, e chi ha governato, non considera l’università una risorsa per il nostro paese. Siamo stati spettatori in questi anni dell’emergere di sprechi e baronie, che hanno dato un’immagine distorta dei nostri atenei. La realtà è un’altra, fatta di professori e studenti che ancora investono tempo, energie e denaro per lo sviluppo della propria ed altrui formazione. Ovunque nel mondo, infatti, siamo apprezzati per il valore della preparazione che riceviamo in Italia, a discapito di quanto si legge costantemente sui giornali, e questa realtà è documentata dalle centinaia di ricercatori italiani sparsi in Europa e in America. Come mai, quindi, nessun governo ha deciso di portare a frutto questo enorme potenziale, per esempio finanziando adeguatamente la ricerca e il diritto allo studio?
Quindi?
Ciò che ha portato il sistema universitario alle ristrettezze in cui attualmente si trova è il frutto della non-scelta di finanziare. Manca in questo momento un qualsiasi progetto sull’università, e questo è ovviamente un problema che va ben oltre il governo Monti, e che non si risolve con una riforma di facciata. Attenzione: questa mancanza, da anni, di un progetto nel governo dell’università, se da un lato porta ai miseri finanziamenti con cui oggi facciamo i conti, dall’altro crea le condizioni perché le inefficienze crescano e le eccellenze e gli investimenti fuggano.
Il ddl stabilità è al Senato sotto una pioggia di emendamenti. Sono stati dati 100 milioni al FFO. Qual è il suo commento?
Come ho già detto, in questo momento per il sistema universitario c’è bisogno di ossigeno. A fronte dei 400 milioni tagliati al FFO qualche mese fa (taglio peraltro accompagnato da una promessa di reintegro), sono convinto che 100 milioni siano ancora troppo pochi per le esigenze dei nostri atenei. Si può sempre sperare che in queste ultime ore di lavori vengano recuperate ulteriori risorse a sostegno dei nostri atenei, per una somma totale almeno pari a quanto tagliato.
Il sottosegretario Ugolini ha proposto l’introduzione di un credito di imposta per agevolare gli investimenti privati nelle borse di studio. Quella delle borse è una questione aperta sulla quale avete dato da tempo battaglia. Qual è il vostro impegno su questo punto?
Si tratta di una proposta del Clds (Coordinamento liste per il diritto allo studio), approvata all’unanimità dal Cnsu (Consiglio nazionale degli studenti universitari) ormai qualche mese fa. La nostra idea è stata molto apprezzata dal ministro Profumo tanto che insieme allo sforzo e al lavoro del capo di gabinetto Luigi Fiorentino e del sottosegretario Elena Ugolini la nostra mozione è stata presentata come emendamento al Senato. In sostanza è stato finalmente introdotto nel nostro ordinamento un germe del principio secondo cui chi investe nei giovani e nella loro formazione non deve essere tassato, ma premiato, attraverso il riconoscimento di un credito di imposta.
Cosa cambia?
Con l’approvazione di questa norma all’interno della legge di Stabilità le aziende e i privati cittadini potranno essere compartecipi del sistema del diritto allo studio universitario. Restano aperte però le problematiche maggiori: in primo luogo, resta completamente intoccato il paradosso secondo cui chi oggi beneficia di una borsa di studio è soggetto a tassazione Irpef e, se il reddito complessivo dello studente supera i 2.840,51 euro, i suoi genitori non potranno più considerarlo figlio a carico. In secondo luogo le università che erogano tali borse pagano l’Irap per un importo pari all‘8,5 per cento del valore della borsa di studio erogata. Infine questa iniziativa è finanziata a titolo sperimentale per 11 milioni di euro in due anni, fondi in parte ricavati dal taglio di altre spese per il sistema universitario, in particolare il fondo per i dottorandi. Questo è assolutamente inaccettabile.
E ora che cosa auspicate?
I giovani studenti e tutto il sistema universitario hanno bisogno che lo Stato torni a investire risorse in questo settore fondamentale per la crescita del Paese. La via imboccata con il primo taglio alle imposte sulle borse di studio può essere il primo passo in questa direzione.