SCUOLA/ Solo una legge può difendere le paritarie dall’Imu e dai giudici

- Marco Masi

Colpisce il coro di consensi che ha accolto la precisazione di Mario Monti in materia di Ici/Imu e scuole paritarie. In realtà tutta la questione è ancora aperta. Lo spiega MARCO MASI (Foe)

senato1R400 Foto Imagoeconomica

Colpisce molto positivamente il coro unanime di consensi che ha accolto la precisazione del presidente Monti in materia di Ici/Imu e scuole paritarie.

Le scuole paritarie che operano “con modalità non commerciali”, ha chiarito il Premier, possono usufruire della esenzione Ici/Imu. Le modalità non commerciali, hanno ampiamente ricordato in questi giorni i rappresentanti del Governo, sono quelle già indicate nella Circolare MEF n.2/2009 vale a dire: che l’attività scolastica sia “paritaria rispetto a quella statale”; che l’accettazione degli alunni avvenga senza discriminazioni; che gli eventuali avanzi siano reinvestiti nella attività  didattica.

In base alla legge 62/2000 le scuole non statali possono essere riconosciute paritarie se: rispettano gli ordinamenti generali dell’istruzione; accolgono tutti coloro che, accettando il progetto educativo della scuola, chiedano l’iscrizione; sono in possesso dei requisiti fissati dalla legge (idoneità dei locali, abilitazione dei docenti, pubblicità dei bilanci, applicazione Ccnl…).

Le scuole paritarie si distinguono poi in scuole senza o con finalità di lucro (legge 62/2000 e art. 1 comma 636 legge 296/2006), in base alla natura giuridica (no profit o profit) del soggetto gestore.

Nell’ambito delle paritarie, pertanto, vi sono (e sono la stragrande maggioranza) le scuole paritarie senza fini di lucro, che sono obbligate a reinvestire nella attività didattica gli eventuali avanzi di gestione.

Le scuole paritarie senza fini di lucro, già censite dal  Miur, onorano dunque tutti i requisiti indicati dal Premier come qualificanti la non commercialità. Si portino fino in fondo le affermazioni del Premier e si chiarisca con legge che le scuole paritarie senza fini di lucro non svolgono attività commerciali. Le circolari ministeriali spesso non sono sufficienti.

Anche in materia di Ici infatti la parte del leone in questi anni l’hanno fatta i giudici, interpretando norme a volte poco chiare. La giurisprudenza italiana considera l’attività scolastica come commerciale, per cui non basta una circolare a scalfire questo assunto tanto ingiusto quanto granitico. Solo una chiara precisazione a livello di norma primaria può porre fine al continuo fiorire di interpretazioni giurisprudenziali che alimentano una grave incertezza negli operatori.

Non solo. La legge 62/2000 prevedeva l’applicazione del regime Onlus (quello fiscalmente più agevolato in Italia) alle “scuole paritarie senza fini di lucro” (art. 1 comma 8). Il ministero dell’Economia, anche per una infelice formulazione del testo, non ha mai accettato di dare attuazione alla volontà del Parlamento. Se occorre si migliori il testo normativo, ma si arrivi a riconoscere lo status di Onlus alle paritarie senza lucro, come voleva la legge di parità del 2000. 

La legge 62/2000 è l’unica in Italia a riconoscere espressamente come “pubblico” il servizio svolto dalle scuole paritarie anche se gestite da soggetti privati; il sistema scolastico nazionale è infatti “costituito dalle scuole statali e da quelle paritarie”. Si sperimenti infine la detraibilità dalle imposte delle rette corrisposte alle scuole paritarie, per limitare la gravissima ingiustizia italiana per cui le famiglie che scelgono la paritaria pagano due volte la scuola (con la retta e con le imposte); crediamo che anche su questo punto l’Europa pretenda un cambiamento dal nostro paese.

Si facciano finalmente dei passi avanti sulla strada della sussidiarietà, approfittando del grande consenso che i chiarimenti del Premier hanno suscitato.







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