Una sorta di passaggio di consegne virtuale. Il ministro dell’Istruzione uscente Francesco Profumo ha pubblicato un atto di indirizzo con i principali provvedimenti che il prossimo Governo è chiamato ad attuare. Il primo riguarda la riduzione di un anno del percorso scolastico, ovvero diploma a 18 e non a 19 anni, in linea con il resto d’Europa. Una proposta che fu già fatta da Luigi Berlinguer torna dunque in auge.
Discorda sui tempi – forse un po’ tardivi considerato il fatto che il governo Monti lascerà il passo tra pochi giorni – ma è d’accordo, almeno in parte sui contenuti, Giuseppe Bertagna, pedagogista e docente nell’Università di Bergamo. E sottolinea di essere un sostenitore “della parità di dignità dei percorsi formativi, che oggi non c’è, dell’uscita dalla secondaria a 18 anni, dell’entrata dei ragazzi a 6 anni e non con anticipo a 5 anni, dei percorsi di apprendistato 15-19 anni che diano titoli di qualifica di diploma di Stato, di lauree e dottorati”. E aggiunge: “c’è bisogno di rivedere la Riforma Gelmini”.
Come giudica le dichiarazioni del ministro Profumo, soprattutto in merito alla riduzione di un anno del percorso scolastico?
Non è chiara la scelta di indirizzo, anche se è condivisibile il fatto di chiudere la scuola secondaria a 18 anni, ma non si dice se si può raggiungere l’obiettivo con l’artificio di fare cominciare un anno prima la scuola primaria e quindi diminuire di un anno la scuola dell’infanzia, o se invece si raggiunge lasciando il primo ciclo di 8 anni com’è adesso e riducendo il secondo ciclo da 5 a 4 anni.
Qualcosa di simile però c’è già…
Infatti, sarebbe il caso di dire che una soluzione esiste già perché gli istituti professionali delle Regioni sono quadriennali e rilasciano un diploma. Dunque si tratterebbe di irrobustire e finanziare questo percorso formativo proprio per far sì che ci si abitui all’idea che a 18 anni si può avere un diploma e si possa, poi, estendere la soluzione anche ai percorsi quinquennali attuali di scuola secondaria.
Come possiamo interpretare, quindi, le linee guida di Profumo?
Io credo che su queste idee bisognerebbe non essere generici ma essere più precisi, anche perché bisogna dichiarare che abbassare la scuola secondaria a 18 anni significa ristrutturare l’intero segmento razionalizzato dalla Riforma Gelmini e quindi tornare alle proposte della Riforma Moratti, avere percorsi di pari dignità e tutti analogamente spendibili, compreso l’apprendistato.
Quindi lei sarebbe favorevole?
Se scendere a 18 anni significa realizzare questo disegno formativo, sarebbe una rivoluzione per l’Italia perché vorrebbe dire abbandonare l’impianto ordinamentale costruito durante il fascismo e purtroppo inopinatamente accettato durante la Repubblica. E in più si potrebbero riformare i contenuti dei percorsi formativi rendendoli più efficaci e più personalizzati.
Il ministro chiede di “superare la maggiore durata del corso di studi in Italia procedendo alla relativa riduzione di un anno”. Meglio entrare a 5 anni o uscire a 18? Perché?
Io spero che non si distrugga la scuola dell’infanzia che è sempre stata un gioiello. Manterrei dunque la scuola dell’infanzia triennale e anzi cercherei di potenziarne e incentivarne la frequenza con il riconoscimento di qualche credito formativo.
E poi?
Cercherei di articolare il primo ciclo di 8 anni in bienni progressivi e graduali, il secondo ciclo di 4 anni in due bienni. E con i risparmi che si ottengono da questa razionalizzazione si potrebbero istituire i laboratori per lo sviluppo degli apprendimenti per chi non riesce a raggiungere determinati standard qualitativi, in secondo luogo istituire periodi di allineamento formativo per i giovani che non superano gli esami di ammissione (che devono tornare seri e fatti con una maggiore significatività rispetto a quanto accada ora) sia per l’università sia per l’istruzione e formazione superiore.
Questo consentirebbe all’Italia di aumentare il livello di qualità formativo?
Sì, consentirebbe di qualificare la formazione superiore, sia universitaria sia di formazione professionale e contemporaneamente di allineare l’Italia agli altri paesi del mondo dove ci si laurea almeno 2 anni prima e si hanno, accanto alla laurea, titoli di formazione professionale superiore che hanno lo stesso peso delle lauree che noi abbiamo come unico titolo superiore.
Se ne parla dai tempi di Berlinguer ma non si è mai riusciti a farlo. Perché secondo lei?
Berlinguer non ce l’ha fatta perché erano contrari i suoi stessi compagni di partito, la sinistra, l’opposizione, i sindacati e la burocrazia. Nel 2001 quando si fece una proposta per chiudere il percorso scolastico obbligatorio a 18 anni, accettata dal ministro d’allora, l’Udc fu contraria e non se ne fece più nulla e il Parlamento approvò, quindi, la legge 53. Con molta lentezza, poi, qualche spazio si è aperto, ma certo non si è riusciti a concretizzare l’ipotesi.
Secondo lei qual è la priorità a cui il prossimo Governo dovrà dedicarsi in riferimento alla scuola?
La prima cosa è capire dove vogliamo andare come paese, è inutile fare degli esercizi ipotetici fatti su provocazioni di fine mandato, se il ministro Profumo avesse avuto intenzioni serie questa proposta non l’avrebbe fatta a fine mandato ma l’avrebbe messa nel programma di governo. Aspettiamo di capire che tipo di politiche ordinamentali e formative vorrà fare il nuovo governo.
(Elena Pescucci)