Cinque prof e sessanta ragazzi del liceo scientifico Bruni di Padova tornano la sera di sabato 6 aprile da una gita scolastica a Napoli di quattro giorni. Un genitore stupito chiede ai professori: «Siete tutti raggianti. Perché? Forse perché è finita?». Questa, per chi non c’era, la motivazione più plausibile. Per chi c’era, la ragione era un’altra: la visita a Napoli è stata un’occasione di vita. E di crescita. Per tutti. Alunni e professori. Possibile? Possibile che la gita non sia solo una parentesi di sballo giustificato? Possibile che gli studenti addirittura si impegnino per raggiungere questo scopo? Possibile che sia una novità anche per i docenti? Sì.
I giorni trascorsi a Napoli sono stati tutt’altro che “turismo scolastico”, ma occasione di rapporto tra adulto e ragazzo, di rapporto con la realtà e di verifica fuori dalle aule scolastiche di quello che si è imparato a scuola. E la sfida aumenta se in gioco c’è la possibilità di conoscere una città come Napoli.
Le classi coinvolte erano la prima, la seconda e la terza e il percorso pensato teneva conto dei programmi di letteratura, latino, storia e arte dei primi tre anni del liceo scientifico. Abbiamo seguito lo svolgimento di una tematica nel tempo: lo sviluppo della città dall’epoca romana all’epoca rinascimentale. Come chiavi di lettura per questo tema gli insegnanti hanno proposto agli alunni alcuni chiaroscuri di cui tenere conto nelle varie visite: città progettata da una persona sola o nata da una convivenza comunitaria; città romana o città cristiana; città reale o città ideale.
Così la gita è partita da Villa Adriana a Tivoli per vedere come un imperatore romano aveva pensato alla sua città ideale; poi Pompei, che come una macchina del tempo fornisce un’istantanea di una città vera del primo secolo dopo Cristo; in seguito la Napoli medioevale, passando per le Catacombe dei primi secoli del cristianesimo così da capire cosa stava cambiando dalla civiltà romana a quella cristiana; infine Pienza, città ristrutturata da Pio II secondo i criteri rinascimentali di Leon Battista Alberti. Scoperte? Tantissime. Per citarne solo due: il grande Adriano, che aveva confezionato la sua città inserendovi monumenti che riproducessero il mondo intero allora conosciuto, scrive che tutto questo non gli basta per dare senso alla vita.
Una città viva come Pompei è morta per sempre per quanto rimanga un bellissimo pezzo di antiquariato, mentre la città dei morti delle catacombe di San Gennaro vive ancora nella fede del popolo di Napoli e nel tempo ha cambiato volto alla città, con tutte le chiese e le opere di carità come gli ospedali (strutture mai pensate e costruite dai romani).
Ancora. Vedere Napoli e conoscere chi ci vive, mangiando e cantando assieme o passeggiando per il Rione Sanità ha chiesto attenzione nel guardare bene, nel capire persone e situazioni al di là dei pregiudizi e degli stereotipi televisivi. Così anche la gita può diventare occasione educativa, perché è una convivenza nella quale i docenti hanno qualcosa da scoprire anch’essi e da proporre come significato di ciò che si guarda e si vive. Così è più facile anche chiedere agli studenti di usare il tempo in modo ragionevole, chiedere ai docenti di assumersi responsabilità. E anche dare regioni adeguate alle famiglie che devono fare sacrifici economici, in questo momento di crisi, pur di far partecipare i figli. Perché ne vale la pena.