Con la recente estensione a tutto il sistema scolastico italiano della scuola di base dell’organizzazione in istituti comprensivi non si è solo confermato il principio dell’esigenza di contenimento e razionalizzazione della spesa pubblica per l’istruzione, ma è stata generalizzata una prassi organizzativa che ha mostrato la sua intrinseca validità.
Proseguire in tal senso dovrebbe però implicare mettere mano alle condizioni contrattuali dei docenti della scuola per l’infanzia, primaria e secondaria di primo grado per rendere effettivamente unitaria l’azione che in essa gli insegnanti svolgono. Orari di lavoro differenti (25/22/18 ore settimanali) ed attività di programmazione altrettanto differenziate, contrastano palesemente con finalità didattiche e con l’attuazione di curricola unitari, così come le recenti Indicazioni nazionali confermano. Analogamente dovrebbe essere rivisto in ambito contrattuale il profilo professionale dei docenti della scuola pubblica, che non può più delinearsi quale lavoro eminentemente femminile, praticamente part-time, a carattere quasi stagionale.
È ormai provato dall’esperienza che per realizzare buoni modelli scolastici (e in Italia ce ne sono più di quanti la stampa diffonda) è necessario un costante lavoro di progettazione e verifica, con personale che intenda l’attività dell’insegnamento una professione qualificata e ambita. Purtroppo la recente decurtazione alle scuole pubbliche del 40% del Fondo dell’istituzione scolastica (Fis) e dei finanziamenti alla legge 440/97 (per l’Autonomia), che se ben utilizzati rispondevano in parte a tale istanza, non sembra essere in linea con tali prospettive. Per contro andrebbe ripensata totalmente la logica del Fis e tali risorse andrebbero conglobate allo stipendio di tutti i docenti, prevedendo una presenza lavorativa globale più estesa, sia durante le attività didattiche che durante l’estate. Il successo degli istituti comprensivi è certamente dovuto a prassi organizzative di staff e di lavoro per commissioni che affiancano ed integrano il lavoro della dirigenza scolastica che necessita di figure di sistema stabili e qualificate.
Ma tornando all’analisi del sistema scuola, è ormai opinione diffusa e condivisa che il segmento più insoddisfacente (e mi scusino i docenti delle scuole che attualmente dirigo e che non rientrano in tale valutazione) è rappresentato dalla scuola secondaria di primo grado.
Il lavoro didattico da potenziare è certamente quello della reale attuazione di curricola verticali per l’acquisizione di competenze e di saperi, non più concepiti solo in dimensione di trasmissione di discipline e contenuti, e questo va realizzato concependo in tal senso tutti gli otto anni della scuola primaria. Il tempo pieno per la primaria ed il tempo prolungato per l’attuale scuola media rappresentano, in contesti altamente urbanizzati, a forte presenza di bambini e preadolescenti in disagio evolutivo e sociale, anche provenienti da tutto il mondo (con percentuali che al nord sono del 20-30%), il modello scolastico ottimale.
Attuare un curricolo unitario nelle finalità ma anche nella metodologia di lavoro è, nell’esperienza di chi scrive, poter disporre in primis di strutture edilizie che siano sicure, ben tenute e territorialmente vicine, che dispongano di palestre, laboratori ed attrezzature idonee, gestite da docenti e collaboratori scolastici (e ciò implica costanza nella permanenza in sede del personale e non turn-over derivanti da un sistema di reclutamento anacronistico, attento unicamente ai cosiddetti diritti dei lavoratori). La manutenzione e l’adeguamento delle strutture attende da troppi lustri finanziamenti ad hoc, che non dovrebbero avere carattere di straordinarietà, bensì di ordinarietà.
Ma accanto alle strutture è necessario e fondamentale rivoluzionare la didattica: la recente attenzione ministeriale ai disturbi dell’apprendimento ed ai bisogni educativi speciali (Dsa e Bes) ci segnala ciò che chi fa scuola con attenzione ed esperienza ben sa e che si chiama individualizzazione dell’insegnamento.
Per il segmento scolare dall’attuale quinta alla terza media, le nuove tecnologie offrono importanti strumenti che possono, se utilizzati quale occasione per un ripensamento della didattica (cosa insegnare, quali contenuti, come e quanto verificare), costituire un nuovo modello di tramissione dei saperi. L’utilizzo della lavagna multimediale e il superamento dei testi cartacei (che possono integrare il lavoro didattico, favorendo la creazione ed il mantenimento di buone biblioteche ed emeroteche di scuola), l’uso di tablets da parte di alunni a partire dall’attuale quinta classe ottimizzerebbero tempi e modi di apprendimento, superando l’utilizzo spesso pigro ed improprio, oltre che ambientalmente nocivo delle fotocopie, ancora così diffuso. Il cablaggio delle strutture, se non della città sono per contro estremamente arretrate per un Paese come il nostro.
La presenza in organico di ore di contemporaneità è fondamentale per la personalizzazione dei percorsi e per lo sviluppo di una didattica laboratoriale.
Ritengo infine necessario ripensare totalmente il quinto anno della scuola primaria che dovrebbe già strutturarsi e davvero divenire parte dell’attuale scuola media. Un uso dell’organico primaria e media più autonomo e flessibile potrebbe consentire uno scambio interessante di competenze anche tra docenti. L’organizzazione didattica che potenzia la laboratorialità, favorisce la messa in gioco, anche da parte dei docenti di diversa formazione, di competenze e tale esperienza viene trasmessa agli alunni, in dimensione vissuta e non teorica.
Nella scuola media che dirigo da tredici anni, nessun docente insegna solo la disciplina nella quale si è specializzato ma fornisce contributi molto interessanti anche nella direzione di saperi che ha coltivato per passione (la musica, lo sport, la coltivazione dell’orto). Abbiamo altresì sperimentato l’organizzazione comune tra docenti di primaria e media di laboratori settimanali nei quali gli alunni lavoravano indifferentemente con docenti dell’uno o dell’altro settore con risultati estremamente interessanti. È altresì fondamentale che la scuola sia centro di aggregazione pomeridiana, soprattutto per i preadolescenti per poter offrire a tariffe agevolate o gratuite attività sportive e musicali, costruendo accordi ed intese territoriali con società private ed enti territoriali.