Il ministro Saccomanni ha avuto un’idea pedagogico-didattica a dir poco originale a proposito della scuola: quella della scuola-bancomat, anzi dell’insegnante-bancomat.
I conti non tornano, lo spread è instabile sui 200 punti, i settori sociali più ricchi si rifiutano di pagare le tasse, gli imprenditori denunciano redditi inferiori a quelli dei loro dipendenti, la metà dei contribuenti “non contribuisce”, gli Isee presentati in scuole e università sono palesemente falsi? La soluzione è semplice: che gli insegnanti restituiscano i miserabili 150 euro maturati per gli scatti del 2012. Gli insegnanti sono circa un milione. Totale? Un miliardo, due miliardi? Nooo! Fa 150 milioni di euro.
Ogni giorno i giornali segnalano punti di spreco: dai costi abnormi della Corte costituzionale a quelli delle dirigenze apicali degli apparati ministeriali, a quelli dei dirigenti della Pubblica amministrazione –pagati 4/5 volte di più dei colleghi europei, essendo efficienti 20 punti in meno – al fallimento imminente del Comune di Roma, che ha più dipendenti della Fiat, a quelli delle migliaia di aziende pubbliche, con relativi consigli di amministrazione, pieni di politici trombati – ma anche no – a quelli di migliaia di inutili Comuni, a quelli del milione di addetti alla politica, a quelli dei deputati, senatori, consiglieri regionali, provinciali e comunali…
Se davvero sono quei 150 milioni che mancano, perché non chiedere un obolo straordinario ai percettori di pensioni di migliaia di euro mensili? Perché non bloccare subito il 99 per cento delle auto blu? Perché non chiudere gli inutili uffici delle centinaia di consulenti di Palazzo Chigi? Oppure: perché il ministro non passa a raccogliere elemosine tra i banchi dei deputati e dei senatori con apposita sporta non trasparente? Prenda l’esempio da migliaia di sacrestani che quotidianamente compiono questa operazione finanziaria con ottimi risultati.
Ciò che colpisce di questa mossa è l’arroganza politica sucida e la stupidità intellettuale. Essendo incapaci di bloccare gli sprechi alla fonte, chiudendo un numero smisurato di grandi e piccoli rubinetti, lo Stato va a colpire i settori più esposti e più poveri dei propri dipendenti, dei quali ha in mano il portafogli. Dipendenti strategicamente decisivi per il futuro del Paese, già umiliati e oppressi, perché la politica non è in grado di rispondere alla domanda di professionalità, di valorizzazione delle competenze, di retribuzioni decenti di circa un milione di insegnanti.
Qual è l’idea di scuola di questo governo? Se combiniamo l’ultima pensata di Saccomanni con la penultima del ministro Carrozza – una vasta consultazione di massa tra docenti, dirigenti, genitori, studenti su che cosa bisognerebbe fare nella scuola italiana (sic!) – se ne deve concludere che il governo non ha il coraggio o la forza di fare ciò che da decenni sanno anche i bambini: autonomia didattica, organizzativa e finanziaria delle scuole, politiche del personale (formazione, reclutamento, differenziazione di carriere e stipendi), valutazione esterna severa e rigorosa dei risultati.
Il ministro Carrozza ha chiesto la sospensione urgente della procedura decisa da Saccomanni. È già tempo del computo degli stipendi di gennaio, che verrebbero immediatamente decurtati. Si auspica a gran voce che il ministro Carrozza chieda le dimissioni di un ministro ridicolo o dia le proprie. Anzi, perché non tutti e due?