C’è anche la valutazione scolastica tra le raccomandazioni Ue al governo italiano. Bruxelles ha inviato una lettera al premier Renzi per fornirgli otto indicazioni su come rimanere nei parametri del patto di stabilità e crescita e non subire nuove procedure d’infrazione. Al punto 6 si invita il nostro Paese a “rendere operativo il sistema nazionale per la valutazione degli istituti scolastici per migliorare i risultati della scuola e ridurre il tasso di abbandono scolastico”. Già la lettera di Trichet/Draghi inviata al governo Berlusconi nell’estate 2011 sottolineava l’urgenza di una riforma dell’Invalsi. Ne abbiamo parlato con Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli.
Perché in un insieme di raccomandazioni tutte di tipo politico-economico ne troviamo anche una sulla formazione e in particolare sul sistema di valutazione delle scuole?
Le raccomandazioni non sono solo di politica economica, ma toccano vari aspetti, sul modello della famosa lettera di Trichet/Draghi al governo italiano dell’estate 2011. Adeguarsi all’Europa significa recepire standard che non sono solo economici, ma che riguardano tanti aspetti della vita comune e civile. Una delle cose di cui si discute molto poco in Italia, ma che rappresenta un obbligo nei confronti dell’Unione Europea, è quello di presentare un piano nazionale delle riforme che impegni il governo italiano. La governance economica europea non è quindi solo il 3% nel rapporto deficit/Pil, ma riguarda vari aspetti compresa l’importanza assegnata all’istruzione e al capitale umano.
Che cosa risponderebbe a chi afferma che l’Europa si sta “immischiando” in cose che non le competono?
I precedenti governi avevano assunto una serie di impegni nei confronti della Commissione Ue, quindi mi sembra assolutamente legittimo che Bruxelles ce ne chieda conto. Il governo italiano aveva risposto alla lettera Trichet/Draghi impegnandosi a portare avanti una serie di sperimentazioni sulla valutazione dei docenti e delle scuole. La promessa era quella di avviare il regolamento nazionale sulla valutazione, che poi il governo Monti ha approvato in extremis (DPR 80/2013, ndr). Ogni tanto l’Italia si dimentica degli impegni assunti con l’Europa, ma non per questo se ne dimenticano a Bruxelles.
Secondo lei una raccomandazione come la n. 6 ha qualche “suggeritore”, interno o esterno all’Italia?
Sicuramente in queste cose c’è sempre un’interlocuzione tra il ministero dell’Economia, il Miur e gli organismi internazionali. La raccomandazione Ue sull’Invalsi non piove quindi come un fulmine a ciel sereno, ma è stata in passato oggetto di discussione. La base erano gli impegni presi dall’Italia, e anche all’interno dei ministeri qualcuno ha evidentemente la convinzione che si tratti di una riforma urgente.
Dopo la lettera Trichet/Draghi del 2011 che lei ha citato prima, che cosa ha fatto l’Italia per adeguarsi alle richieste sulla valutazione?
Praticamente nulla, in quanto dopo l’approvazione del regolamento nazionale di valutazione non si è mosso molto. Come denunciamo nel nostro rapporto, c’è stata una lunga pausa in cui non si è data attuazione a un regolamento approvato dal governo. È proseguita la sperimentazione Vales, ma non se ne conoscono gli esiti in quanto non sono mai stati resi pubblici. Per l’ex ministro Maria Chiara Carrozza l’Invalsi non era una priorità, o comunque voleva rivedere gli ambiti della valutazione nelle scuole. Ora vedremo che cosa farà il ministro Giannini.
Secondo lei il regolamento contenuto nel DPR 80, con il sistema a tre gambe per la valutazione delle scuole ma non dei docenti, è la via maestra?
Quella è la legge oggi vigente e il punto di equilibrio che si era trovato con il governo Monti. Personalmente, l’impianto del regolamento non mi soddisfa per almeno due ragioni. La prima è l’enfasi eccessiva posta sull’autovalutazione, cioè sul fatto che siano le scuole in primo luogo a valutare se stesse e che solo in una seconda fase entri in campo un valutatore terzo. La valutazione al contrario dovrebbe partire dal fatto che qualcuno mi dica che cosa funziona o non funziona, e poi a quel punto incomincio a ragionare su che cosa posso migliorare. In secondo luogo alle tre gambe ne manca una, il concorso per gli ispettori che dovrebbero essere il perno capace di coordinare l’interno processo di valutazione nelle scuole.
(Pietro Vernizzi)