Il 17 maggio si è conclusa, con una settimana di ritardo, la procedura di rinnovo delle graduatorie ad esaurimento per il triennio 2014-2017. Un provvedimento, quello contenuto nel DM 235/2014, sostanzialmente di routine, senza modifiche particolari rispetto all’analogo del 2011, salvo che da quest’anno le domande vanno inoltrate solo per via telematica. Eppure il Miur è riuscito anche qui nell’impresa di non farsi mancare un codazzo di chiarimenti, rettifiche, malfunzionamenti tecnici e ritardi, fino all’ultimo strascico delle “istanze non andate a buon fine”, per le quali una Nota del 30 maggio proroga di altri sei giorni la scadenza della presentazione. Una benevola concessione che, dietro il paravento delle disfunzioni tecniche, nasconde la cattiva coscienza di un sistema sempre più incapace di gestire anche il solo ordinario.
Dopo l’indegno “balletto” tra Miur e sindacati del 7 maggio (ne abbiamo già scritto ampiamente qui) e archiviato in un modo o nell’altro il rinnovo delle Gae, il ministero, nonostante proteste e minacce dei sindacati, ha pubblicato ufficialmente sia il bando per secondo ciclo di Tfa e corsi di specializzazione sul sostegno (DM n. 312/2014), sia il decreto per il rinnovo delle graduatorie d’Istituto di II e III fascia (DM n. 353/2014).
Sono 22.450 i posti messi a bando per il Tfa dell’a.a. 2014/15 (ma avrebbero dovuto essere almeno il doppio…); 6.630 quelli per l’abilitazione sul sostegno, riservati ai già abilitati.
La domanda di partecipazione alle prove di selezione per il Tfa scade il 16 giugno e potranno iscriversi anche coloro che conseguiranno il titolo d’accesso entro il 31 agosto. Le prove cominceranno nella seconda metà di luglio col test nazionale, che però non si svolgerà nelle università; a seguire, scritto e orale nelle sedi universitarie prescelte. Ai corsi, che dovrebbero iniziare a novembre, oltre ai “congelati” Ssis potranno iscriversi in sovrannumero anche coloro che nel precedente Tfa hanno superato le selezioni per più classi (ma poi hanno dovuto optare per una sola), oppure non sono rientrati per carenza di posti; le modalità di iscrizione saranno definite in seguito. Mancano ancora diverse disposizioni applicative, come ad esempio la struttura del nuovo test nazionale (che dovrà essere diversa da quella disastrosa del primo Tfa) e il decreto riguardante programmi e modalità di svolgimento delle prove previsto dal DM n. 81/2013. Quanto ai corsi per il sostegno, saranno i singoli atenei a comunicare, tramite i propri siti, i posti disponibili e le modalità di accesso; e saranno sempre le università a predisporre la relativa prova di selezione.
Nonostante le ripetute promesse dei ministri pro-tempore, sono già passati inutilmente due anni accademici prima di questo nuovo ciclo (il primo e unico Tfa era dell’a.a. 2011/12!); e non è detto che esso vada a buon fine. I sindacati sono già sul piede di guerra e promettono battaglie legali puntando sul fatto che alcune disposizioni del bando – l’iscrizione con riserva alle selezioni, la facoltà di indicare due altri atenei in altre Regioni oltre a quello prescelto (art. 7 del bando) o, ancora, la redistribuzione d’ufficio degli idonei al termine delle selezioni in altri atenei della Regione qualora nella sede prescelta ci sia carenza di posti (art. 12) – sono state adottate senza i previsti pareri di Cnpi e Cnam.
La levata di scudi viene giustificata col pretesto che un nuovo Tfa alimenterebbe il precariato (come se i non abilitati precari non lo fossero già…), mentre ci sarebbero tanti docenti in esubero da riconvertire; ma è evidente la predilezione (interessata?) per chi è già dentro il meccanismo (e paga la quota sindacale…). Nei fatti, far slittare ulteriormente il percorso abilitante allontanerebbe per i giovani la possibilità di partecipare ai prossimi concorsi, a tutto vantaggio di chi è nelle Gae; dove magari è ancora iscritto più di qualcuno che ha superato un concorso quindici anni fa, nel frattempo ha fatto tutt’altro che insegnare, ma poi si prende il ruolo alla prima occasione (è già successo!); con buona pace della qualità della scuola.
Dopo la pubblicazione delle nuove tabelle di valutazione, che avevano fatto infuriare i sindacati, tenuti all’oscuro di tutto e informati solo a cose fatte, il 22 maggio scorso il Miur ha emanato il bando per l’aggiornamento delle graduatorie d’istituto. Le domande per aggiornamento dei punteggi, iscrizione in II fascia dei nuovi abilitati e inserimento in III fascia dei neolaureati vanno compilate su modello cartaceo e inviate alla scuola capofila tramite raccomandata a/r o consegnate a mano entro il 23 giugno; da quest’anno è ammesso l’invio in formato digitale tramite Pec.
Alcune disposizioni delle nuove tabelle hanno scatenato la dura reazione di precari e sindacati, questi ultimi determinati ad «impugnare congiuntamente al Tar il decreto che modifica le tabelle». Si tratta, in particolare, dei punteggi aggiuntivi attribuiti ai titoli di abilitazione conseguiti in alcuni percorsi. I laureati in Scienze della formazione primaria hanno diritto ad una maggiorazione del punteggio rispetto ai diplomati magistrali che ora, dopo la pronuncia del Consiglio di Stato, possono transitare in II fascia: 48 punti ai laureati Sfp di vecchio ordinamento (laurea quadriennale) e 60 a quelli di nuovo ordinamento (laurea quinquennale), cui vanno aggiunti 12 punti per il superamento delle prove di accesso al corso; in totale, +60 e +72 punti.
Fermi restando i 54 punti aggiuntivi per le vecchie abilitazioni, ai neoabilitati con Tfa spettano 42 punti in più rispetto a quanti si abiliteranno con i Pas: 30 per il superamento delle prove selettive e 12 per la durata annuale del corso. I corsisti Pas non hanno affatto digerito i 30 aggiuntivi per il Tfa. A onor del vero, la differenziazione dei punteggi era una delle condizioni espresse in sede parlamentare per l’approvazione del DM 81/2013 istitutivo dei corsi speciali «onde evitare che la mera anzianità possa valere più del merito» e bilanciare il punteggio cumulato nei tre anni di servizio richiesti per i corsi speciali.
La cosa che però, più di ogni altra, ha fatto scattare l’ira dei “passisti” è l’esclusione dalla II fascia di quanti non riusciranno a conseguire l’abilitazione entro il 23 giugno; contrariamente a quanto più volte annunciato dallo stesso ministro, nella versione definitiva del DM 353/2014 non sono previste iscrizioni con riserva. L’art. 14 del decreto rinvia a generici «successivi provvedimenti» con i quali «saranno disposti modalità e termini per consentire, con cadenza semestrale, l’inserimento in II fascia agli aspiranti che conseguono il titolo di abilitazione oltre il termine di aggiornamento» del 23 giugno; e, magra consolazione, al momento del conseguimento dell’abilitazione sarà «immediatamente garantito il diritto di precedenza assoluta nella fascia di appartenenza», (cioè ancora la III). Intanto – dicono quei “passisti” – perderemo sicuramente le supplenze annuali del 2014/15 e, forse, anche quelle degli anni successivi; non solo la differenza di punteggio ci spiazza rispetto agli abilitati con Tfa, ma anche rispetto ai nostri colleghi dei Pas che – non certo per loro merito o nostro demerito, visto che il disallineamento temporale dei percorsi è dipeso da Usr e atenei – si abiliteranno entro la scadenza delle domande e potranno finire per iscriversi in II fascia di Regioni nelle quali i corsi finiranno dopo giugno, occupando i posti lì disponibili. La costatazione della effettiva disparità di trattamento tra pari è inconfutabile.
Il fatto è che ancora una volta, per insipienza e superficialità dell’amministrazione, disinteresse e autoreferenzialità degli atenei, approssimazione e opportunismo di politica e sindacato, viene rinfocolata un’assurda guerra tra poveri. Divide et impera è strategia sempre di moda; e cosa c’è di meglio, in un momento di crisi e smarrimento come l’attuale, del creare nuovi contenziosi – in questo caso mettendo l’un contro l’altro “passisti” e “tieffini” –, così da stornare l’attenzione dai tanti (troppi!) problemi che affliggono la scuola italiana?
Se vengono avviati i ricorsi annunciati gli scenari possibili non sono certo buoni. È molto probabile, però, che i sindacati non li lancino prima del consolidamento delle posizioni nelle Gae e della conclusione della trattativa per il recupero degli scatti del 2012 (sono tutti interessi del “pubblico pagante”…); e magari neanche prima che vengano versati i contributi per le prove di selezione del Tfa e di iscrizione ai corsi da parte degli ammessi. Alla fine, però, il ricorso alla magistratura sarà inevitabile; anche perché tanti ricorsi sono altrettanti introiti facili per chi li gestisce.
Cosa accadrebbe se “tieffini” e “passisti”, invece di farsi la guerra e rovesciarsi addosso accuse ed insulti, per lo più gratuiti, si guardassero in faccia e si riconoscessero come le due facce di una stessa moneta che appartiene a loro, ma che altri spendono per i propri interessi? La risposta possono darla solo loro; ma per farlo debbono incontrarsi, parlarsi, non combattersi. Intanto si preparano altri teatri di “guerre tra poveri”. Dopo che il ministro Giannini ha sdoganato gli idonei del concorso 2012 per le immissioni in ruolo dei prossimi anni, a protestare stavolta sono i precari delle Gae; situazione diversa, ma argomentazioni identiche. La logica? Sempre quella del “si salvi chi può”.