L’emendamento sulla “quota 96” non c’entrava con la riforma della Pubblica amministrazione ed è per questo che è stato tolto dal decreto. È quanto ha commentato il premier Matteo Renzi, che sulla scuola, secondo quanto si è appreso, sta preparando un intervento a fine agosto. Si tratta di un intervento più ampio dei 4mila insegnanti coperti dalla “quota 96”.
“Come mai il governo boccia Quota 96 se era un provvedimento giusto e con copertura?”. E’ la domanda che in fondo si pongono tutti, ma a farla su Twitter è stato il giornalista ed editorialista del Corriere della Sera Antonio Polito, il quale si è rivolto direttamente a Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera. Quasi immediata la replica: “Devi chiederlo al governo. Sono più convinto di prima: i diritti vengono prima di ragionieri e giochini di palazzo”. La risposta non ha però convinto gli utenti della Rete, che numerosi hanno chiesto al deputato del Pd quali siano questi “giochini” di cui parla. “Chiarisca per favore, a quali giochini di palazzo si riferisce?”, si legge ad esempio tra i commenti. “Sei un componente importante del PD, e non opposizione. Hai fatto il tuo dovere senz’altro… ora devi convincere il tuo governo”, dicono altri a Boccia. Qualcuno è invece decisamente più deluso: “Giochini li fate voi con i soldi dei contribuenti. Avete illuso 4000 persone che avevano lavoro e stipendio”.
|
Il no alla cosiddetta Quota 96, che sbloccava 4mila pensionamenti nella scuola, “è un atto di palese ingiustizia”. Lo ha detto il segretario generale della Flc-Cgil, Mimmo Pantaleo, secondo cui “la copertura finanziaria era del tutto irrisoria e i benefici sarebbero stati ampiamente maggiori rispetto ai costi”. Ancora una volta, ha aggiunto il sindacalista, “prevalgono gli interessi e le logiche delle burocrazie ministeriali sulla funzione della politica nel garantire giustizia e equità. Si blocca la permanenza a scuola di insegnanti e personale Ata che per effetto della devastante riforma Fornero non hanno potuto accedere alla pensione, al termine dell’anno scolastico 2011-2012, pur avendo maturato i requisiti”.
Il dietrofront del governo sui Quota 96 “è una vergogna. La burocrazia sorda e cieca vince sulla politica, svilendo e svillaneggiando il ruolo del Parlamento”. A dirlo è Barbara Saltamartini, deputata Ncd e vicepresidente della commissione bilancio della Camera. “Mentre il Governo va in Europa a chiedere crescita e sviluppo, affinchè non siano i burocrati e i tecnocrati a decidere le sorti del nostro Paese – ha aggiunto – in Italia il Governo si fa dettare la linea politica proprio da quei burocrati e tecnocrati. Quale credibilità ha il Governo se neanche in casa propria riesce a far valere la sua?”. Secondo Saltamartini, quindi, “così facendo si sta perpetrando un’ingiustizia, causata dalla legge Fornero che, nella sostanza, impedirà per il terzo anno consecutivo, a 4mila giovani insegnanti di entrare nel mondo della scuola. Tutto ciò è inaccettabile”.
Via libera della commissione Affari Costituzionali del Senato ai “quattro emendamenti soppressivi” del governo sul dl Pubblica amministrazione. Salta così anche la cosiddetta quota 96, che sbloccava 4 mila pensionamenti nella scuola, oltre al tetto dei 68 anni per i pensionamenti d’ufficio di professori universitari e medici primari. La Lega chiede adesso le dimissioni di Francesco Boccia da presidente della commissione Bilancio della Camera: “Fin dall’inizio abbiamo detto che le coperture previste erano farlocche, Boccia ha voluto comunque forzare il provvedimento, rimediando un flop clamoroso sulla pelle di 4mila dipendenti della scuola”, ha detto il capogruppo del Carrocio alla Camera, Massimiliano Fedriga. “Non è degno di sedere su quella poltrona. Il governo ha preso in giro e abbandonato il personale della scuola vittima della riforma Fornero, mentre – eliminando il limite di pensionamento per i professori universitari – ha garantito la cattedra a vita, e relative retribuzioni faraoniche, ai baroni universitari. Quello di Renzi si conferma l’esecutivo dei baronati, acerrimo nemico del ricambio generazionale”. Fedriga poi conclude: “Ora il governo trovi le coperture alternative per rimediare al pasticcio di Quota 96. Come previsto da un ordine del giorno a firma Lega Nord votato alla Camera, quella norma non può essere toccata”.
La questione irrisolta della cosiddetta “Quota 96” scalda anche l’ambiente degli intellettuali e Roberto Saviano su Facebook attacca Francesco Boccia (pur senza entrare nel merito della gestione del problema dei Quota 96). Un attacco al piglio coraggioso solo a tratti, questo si evince dal post di Saviano, nella supremazia della politica nelle questioni della cosa pubblica che riguardino problemi di bilancio. Una polemica parsa invero un po’ cerebrale a cui Boccia non si è però sottratto. “Il Parlamento ci ha messo più di un anno (un’eternità per la vita delle persone) per affermare all’unanimità il diritto alla pensione con le regole della legge Fornero, non aggirandola ma rispettandola. Ma se c’è un errore grossolano ammesso da tutti, che si fa? Si gira la testa dall’altra parte? Stiamo parlando di insegnanti che vanno in pensione con oltre 40 anni di contributi ai quali è legato il destino di 4000 mila giovani insegnanti che non entrano nella scuola, pur avendone diritto, a causa di quell’errore. Che si fa? Si fa un dibattito con i tanti perbenisti di queste ore che ci dicono come vanno usate le risorse pubbliche esaltando la cura salvifica del rigore e dell’austerità applicata anche ai diritti?” Così risponde Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera allo scrittore Roberto Saviano, che ha lanciato un invito sui social network. “Io rivendico a gran voce la battaglia del Parlamento per indirizzare i tagli di spesa della spending review a quei 4 mila giovani insegnanti che da due anni per effetto di quell’errore aspettano di entrare nel mondo della scuola. Penso che la politica debba occuparsi innanzitutto di questo, risolvendo i problemi reali e quotidiani delle persone”, conclude Boccia.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non si è pronunciato solamente in merito ai fondi da destinare alle pensioni dei Quota 96, ma si è anche espresso in merito a ciò che viene definito per i pensionamenti d’ufficio dei professori universitari, previsti all’età di 68 anni. Ad oggi, secondo una legge istituita dell’ex-ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini, il pensionamento di questa categoria è prevista per i 70 anni: questo “anticipo” di due anni costerebbe, dal 2015 al 2021 circa 113 milioni di euro. Inoltre, con la riforma della pensioni della PA si prevede la cancellazione delle penalizzazioni per le uscite anticipate dal mondo del lavoro e in base a quanto calcolato dal Ministero dell’Economia e della Finanza i costi sarebbero maggiori di quelli invece presentati in precedenza. Su questa linea si sono schierati Brunetta, presidente di Forza Italia e anche Rocco Palese, capogruppo del partito in Commissione Bilancio, che hanno dichiarato “in Commissione Bilancio alla Camera questi nodi erano stati evidenziati dal nostro partito che aveva chiesto coperture certe e ben delineate. Adesso occorrerà cambiare nuovamente il testo, trovare le coperture necessarie per i provvedimenti contenuti nel Decreto, approvarlo al Senato e rimandarlo, per un nuovo passaggio, alla Camera. Il tutto a causa della miopia con la quale il Governo Renzi affronta le discussioni nelle Commissioni Parlamentari”.
Continuano le polemiche a riguardo della Riforma delle Pensioni della PA e in particolare riguardo alla sorte dei cosiddetti “Quota 96”, i circa 4000 lavoratori tra docenti e personale ATA che dovrebbe riuscire ad andare in pensione il prossimo 1 settembre 2014, liberandosi dalle briglie della Riforma dell’ex-ministro Fornero. In primis, la Ragioneria di Stato sembra schierarsi in tutto e per tutto con le parole di Carlo Cottarelli, il commissario della Spending Review, secondo il quale mancherebbero le coperture necessarie per garantire le pensioni ai Quota 96. La Ragioneria ha infatti dichiarato che la riforma è “scoperta in termini di fabbisogno e indebitamente netto ai sensi delle norme di contabilità” e lo stesso Cottarelli aveva affermato che si stava portando avanti un progetto di riforma le cui spese sarebbero state sostenute da futuri tagli ministeriali o operazioni di revisione della spesa e che sempre più spesso si autorizzano spese le cui coperture non possono essere garantite. In più, da alcuni dati che erano stati richiesti all’Inps, sembrerebbe che la cifra dei lavoratori che dovranno andare in pensioni non sia 4000, ma corrisponda a più del doppio e si aggiri intorno ai 9000. Intanto, si attende l’approvazione del Senato, in programma tra lunedì e martedì.