Come annunciato sono state pubblicate le linee guida sulla scuola che dovrebbero ispirare la politica scolastica del governo Renzi; si tratta di un piano che ha come obiettivo quello di realizzare una “buona scuola”, come afferma lo stesso premier “un patto educativo, non l’ennesima riforma, non il solito discorso che propongono tutti i politici”. Un patto educativo cui tutti potranno contribuire dal 15 settembre al 15 novembre, attraverso una campagna di ascolto che prevede una consultazione generale, dagli studenti ai genitori, fino agli stessi docenti.
In realtà quello proposto da Renzi è un piano di riorganizzazione della scuola che non può non essere apprezzato e che introduce finalmente criteri importanti, quali il merito a tutti i livelli della vita scolastica, la valutazione della qualità delle scuole, il superamento del precariato, l’introduzione di un nuovo stato giuridico della professione docente e una valorizzazione piena della formazione professionale e dell’alternanza scuola-lavoro. Bisogna riconoscere al governo di aver fatto uno sforzo apprezzabile per mettere la scuola al centro e per dare della scuola un’immagine moderna, puntando su coloro che la scuola la vivono da protagonisti. È significativo che finalmente vi sia un governo che punti su chi fa la scuola e non pretenda di dire agli insegnanti che tipo di scuola devono fare, e questo è un notevole passo in avanti verso un reale sistema moderno della scuola dove la politica e la struttura amministrativa sono a servizio della scuola e non la sua gabbia soffocante.
Si va verso una reale scuola dell’autonomia, però per realizzarla pienamente vi sono tre fattori che non possono essere dimenticati, come invece il piano di Renzi fa e in modo non giustificabile.
1. Il primo riguarda l’autonomia, su cui il progetto di buona scuola tanto e giustamente punta. È vero che non vi sia buona scuola senza autonomia, ma non vi è vera autonomia senza parità scolastica. Che il piano di Renzi non abbia previsto questo è grave, perché significa non aver colto che la scuola funziona con un motore a due cilindri, autonomia della scuola statale e parità scolastica! Senza parità il motore della scuola non libera tutte le potenzialità della scuola stessa. Questa omissione è grave perché significa non aver messo a tema la questione seria di una autentica riforma, la libertà di educazione. Il piano di Renzi è zoppo, manca di un elemento fondamentale, la parità, che a dire il vero viene citata, ma solo a riguardo della valutazione di qualità e non come fattore del sistema scuola. Così impostata non è una riforma della scuola, è solo una riorganizzazione della scuola statale; e di fatto le linee guida di Renzi risentono di un impianto statalista.
2. Il secondo fattore che dev’essere ripensato è quello del reclutamento. Renzi vuol mettere a posto l’esistente e fa bene, ma ci vuole di più per dotare ogni scuola degli insegnanti migliori, ci vuole quello che nemmeno la sua spregiudicatezza riesce ad immaginare: ci vuole che le scuole scelgano gli insegnanti! Bisognerebbe azzerare tutto, eliminando non solo le supplenze ma anche il ruolo, e lasciare alle scuole la libertà di scegliersi gli insegnanti. Così sarebbe una vera autonomia!
3. Il terzo fattore è la domanda, sempre meno rimandabile, di che cosa voglia dire insegnare oggi nella scuola che Renzi chiama dell’autonomia e che deve sempre più essere della parità. Insegnare non può più significare svolgere un programma ma deve quanto mai voler dire far crescere delle competenze e in un’ottica digitalizzata. Renzi intuisce che questo sia il problema serio della scuola, ma solo con dei cenni veloci, mentre è su questo che dovrebbe impegnare le scuole, a lavorare per trasformare la scuola dei programmi in scuola delle competenze. Si tratta di una conquista di autonomia didattica, che è fondamentale per dare alla scuola un orizzonte culturale senza il quale si finisce per governare l’esistente.
Sono solo tre semplici osservazioni all’interno di una valutazione complessiva dello sforzo messo in campo e nella certezza che vi è molto ancora da fare perché la scuola sia veramente buona.